La settimana santa, folklore e riti, la tradizione
La settimana santa, folklore i riti della tradizione di Pasqua in Sicilia
Qui a seguirepotete trovare alcune delle rappresentazioni tra le più importanti e significative, che hanno la capacità di attirare fedeli e turisti in cerca di folclore.
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La Settimana Santa in Sicilia, le celebrazioni, i riti da non perdere
La Settimana Santa in Sicilia, le celebrazioni, i riti da non perdere, la tradizione delle rappresentazioni religiose, che si ripetono da secoli mantenendo la simbologia pasquale, frutto di incontri di tradizioni e culture diverse: usanze greche, bizantine, arabe e spagnole.
Ovunque appaiono donne uomini incappucciati, bimbi vestiti di angioletti e canti e lamenti, rappresentazione delle forze del bene e del male che si scontrano.
I simulacri, opere d’arte che sfilano per le vie dei paesi in processione, sostenute non senza orgoglio della loro partecipazione, dalle spalle dei devoti.
E figuranti che rappresentano personaggi divini nelle Sacre rappresentazioni
La Processione dei Misteri, Settimana Santa a Trapani
La Processione dei Misteri, Settimana Santa a Trapani, tra riti, processioni, funzioni religiose che accomunano fede, tradizioni ed anche folklore, caratterizzano la settimana che precede la Pasqua. Brevi cortei di palme nelle chiese, durante la Domenica delle Palme, danno l’avvio ai riti. Il Martedì si svolge la processione del quadro della Madonna Addolorata detta Madonna dei Massari, che nel pomeriggio del Mercoledì incontra quello della Madonna del Popolo. Il Giovedì nelle chiese vengono allestiti i “sepolcri”, altari che rievocano l’Ultima Cena, riccamente addobbati. Ma il culmine è nella suggestiva ed emozionante Processione dei Misteri a Trapani, composta da diciotto gruppi statuari, in legno tela e colla dei secoli XVII e XVIII, rievocanti episodi della passione di Cristo, seguiti da Gesù nell’urna e dalla statua dell’Addolorata. Affidati alle “maestranze” e portati a spalla, sfilano dalle 14.00 del Venerdi fino al mattino del Sabato.
Tràpani capoluogo del Libero Consorzio Comunale omonimo, 3 m s.m., patrono Sant’ Alberto 7 agosto, situata sulla costa nordoccidentale, di fronte all'arcipelago delle isole Egadi,
secentesca chiesa del Collegio, adiacente l'edificio barocco dell'ex Collegio dei Gesuiti e la cattedrale di San Lorenzo, eretta nel 1635 su una chiesa trecentesca, con facciata barocca, il santuario dell'Annunziata conserva l'originaria facciata medievale, con rosone e portale gotico, al suo interno, la quattrocentesca cappella dei Pescatori, trasformata in battistero, la cappella dei Marinai, la cappella di Sant'Alberto e la splendida cappella della Madonna, nel cui altare è la Madonna col Bambino, detta Madonna di Trapani, scultura marmorea della scuola di Nino Pisano.
chiesa di Santa Maria del Gesù, dalla caratteristica facciata gotico-rinascimentale, nella cappella Staiti, sotto un baldacchino marmoreo realizzato da Antonello Gagini (1521), è la Madonna degli Angeli, terracotta policroma di Andrea Della Robbia,
nel quartiere ebraico sorge il cinquecentesco palazzo della Giudecca, con una torre, un portale ogivale e belle finestre con ricche decorazioni.
Delle fortificazioni cinquecentesche restano il bastione di Sant'Anna e quello detto “dell'Impossibile”, i resti del cosiddetto Castello di Terra, costruito secondo la tradizione in epoca punica insieme al Castello di Mare, situato sull'isolotto della Colombaia, ma in realtà risalenti al sec. XII, notevoli edifici in stile liberty.
Il porto di Trapani durante il Medioevo fu uno dei più importanti del Mediterraneo.
Nel 1535 Carlo V, arrivò a Trapani dopo aver sconfitto la flotta turca. La città si era ormai talmente affermata nello scacchiere geopolitico dell'epoca da meritare dallo stesso Carlo V l'appellativo di "Chiave del Regno".
Erice, itinerari e luoghi nel trapanese
Èrice comune del Libero Consorzio comunale di Trapani, 751 m s.m., patrono Madonna di Custonaci ultimo mercoledì di agosto
Erice, dal 1167 al 1934 parte di Monte San Giuliano. Secondo Tucidide fu fondata dagli esuli troiani in fuga, che conserva ancora oggi il suo aspetto medievale.
Piazza Duomo di Erice
La piazza del Duomo di Erice è il luogo che meglio riassume la storia di questa incantevole località, un tempo dominata dai Normanni.
La chiesa madre è invece del Trecento, e risale all’epoca dello spagnolo Federico d’Aragona, la bellissima chiesa in pietra fu realizzata sotto il regno di Federico III d’Aragona nel 1314. La struttura in pietra, in stile gotico è caratterizzata da un rosone centrale e da un bellissimo portico. Di fianco alla chiesa si trova la Torre Campanaria, da cui è possibile ammirare la città dall'alto: saliti i 110 gradini e ammirate la meraviglia. La bella facciata gotica e la torre campanaria sono uno degli scorci più fotografati della Sicilia.
Il Castello Venere e la Torre Pepoli
Il castello di Venere, costruito dai Normanni nel XII secolo sulle rovine di un tempio elimo-fenicio-romano e se si è in cerca di una vista mozzafiato Erice offre anche l’opportunità di visitare, con le sue antiche mura controlla l’intero territorio circostante.
Poco più in basso la Torre Pepoli offre panorami incantevoli sulle bellezze naturali che circondano il paese, raggiunta questa bellissima torretta in stile liberty voluta dal Conte Agostino Pepoli, si può ammirare il panorama sul golfo di Monte Cofano.
Museo Civico all’interno del Palazzo Municipale, sulla principale piazza Umberto I, Il Museo Civico conservata la bellissima opera marmorea de L’Annunciazione, oltre a reperti archeologici di grande valore come la Testina marmorea di Afrodite.
Chiesa di San Martino, realizzata per volontà di Ruggero il Normanno. La chiesa, a tre navate, è caratterizzata da un bellissimo pavimento maiolicato oltre a statue, dipinti e affreschi.
Le Mura di Erice, passeggiate lungo la cinta muraria realizzata a difesa di Erice e perfettamente conservata. Le mura che partono da Porta Trapani e giungono a Porta Spada.
Il Quartiere Spagnolo, si tratta di una struttura militare da cui potrete godere di una vista mozzafiato sul golfo di Bonagia e su Monte Cofano. La struttura ospita il Museo dedicato agli antichi mestieri.
L'ultimo mercoledì di agosto, in occasione della Festa della Madonna di Custonaci, si svolge la Processione dei Personaggi.
La Processione dei Misteri, Venerdì Santo a Erice
La Processione dei Misteri, Venerdì Santo a Erice, il Venerdì Santo sfilano per le vie del centro di Erice i “Misteri”, quattro gruppi statuari in legno, tela e colla (sec. XVIII) raffiguranti episodi della passione di Cristo, seguiti da Gesù nel sepolcro e dalla statua lignea dell’Addolorata (sec. XVI). Partendo dalla chiesa di San Giuliano, in cui sono custoditi tutto l’anno, sono portati in processione in un’atmosfera davvero suggestiva, suggellata dalla musica funebre che risuona per le vie e dalla folla che li segue.
La Via Crucis Giovedì Santo a Marsala
La Via Crucis Giovedì Santo a Marsala, momento significativo tra i riti della Settimana Santa in provincia di Trapani è la Via Crucis del Giovedì con personaggi viventi che sfilano per le principali vie della città di Marsala, interpretando i ruoli con grande coinvolgimento emotivo. Suggestive sono le “cadute” del Cristo con la croce, che più volte si ripetono lungo il percorso. Una commovente rappresentazione della Crocefissione si svolge inoltre nella serata dello stesso giorno. Molto partecipata è la processione del Venerdì con la statua dell’Addolorata che segue il Cristo morto.
Marsala e le sue cantine storiche, itinerari e luoghi nel trapanese
Marsala comune del Libero consorzio Comunale di Trapani, 12 m s.m., patrono San Giovanni Battista 24 giugno, l'11 maggio 1860 vi sbarcò Garibaldi con i Mille,
Il duomo, dedicato a San Tommaso di Canterbury, fu eretto nei sec. XVII-XVIII sui resti di una costruzione normanna, all'interno diverse sculture dei Gagini e un dipinto di Mariano Riccio (Presentazione di Gesù, 1593), mentre nel Museo degli Arazzi, allestito nei locali attigui alla chiesa, si trovano otto arazzi fiamminghi del Cinquecento.
La chiesa del Purgatorio fu eretta in stile barocco nel sec. XVII.
Tra gli edifici civili spiccano il Palazzo VII Aprile, detto anche Palazzo Senatorio o Loggia (sede municipale), edificato nel 1576 sull'antica loggia dei Pisani.
In prossimità di capo Boeo la piccola chiesa di San Giovanni, dal bel portale barocco.
Nell'ex monastero di San Pietro (sec. XVI) sono la Biblioteca Comunale e il Museo Civico. L'ex convento del Carmine (risalente al sec. XII e ricostruito nel sec. XIV) ospita l'Ente Mostra Nazionale di Pittura Contemporanea “Città di Marsala”.
Sul lungomare, nei pressi di capo Boeo, sorge il baglio Anselmi, un tempo stabilimento vinicolo per la produzione del marsala, che ospita il Museo Archeologico, una tappa irrinunciabile sono poi le storiche cantine Florio, dove nacque il celebre vino Marsala.
A San Pantaleo, una delle isole dello Stagnone, sono visibili i resti della città punica di Mozia
Enna, itinerari e luoghi
Ènna capoluogo del Libero Consorzio Comunale omonimo, 931 m s.m., patrono Maria Santissima della Visitazione 2 luglio. Città della Sicilia posta nella sezione centrale dei monti Erei, quasi al centro della regione: è il più elevato capoluogo di provincia italiano.
Il castello di Lombardia deriva il proprio nome da una colonia lombarda stanziatasi nel quartiere vicino al tempo dei Normanni. Eretto in epoca sveva e rimaneggiato dagli Aragonesi, presenta una pianta irregolare, la cinta muraria in parte restaurata e difesa dalle sei delle venti torri originarie (spicca la torre Pisana, merlata, la più elevata e meglio conservata, da cui si gode un vastissimo panorama), i tre cortili (quello degli Armati o di San Nicola, trasformato in un teatro all'aperto, quello della Maddalena e quello di San Martino o dei Condottieri) e parte dell'abitazione di Federico III d'Aragona.
Presso il castello sono i resti appartenenti forse al tempio di Cerere, ricordato da Cicerone.
Al lato opposto della città svetta la torre di Federico II, eretta nel sec. XIII forse su una più antica fortificazione e restaurata da Federico II d'Aragona nel sec. XIV; a pianta ottagonale, è impostata su tre piani con copertura a volta e raggiunge i 24 m d'altezza.
Il duomo, preceduto da una scalinata, conserva della primitiva costruzione del 1307 il transetto e le tre absidi poligonali; distrutto da un incendio, fu ricostruito nei sec. XV-XVI. L'interno, a croce latina a tre navate su colonne di basalto nero, custodisce interessanti opere d'arte: le statue dell'Arcangelo Gabriele e l'Annunziata (sec. XVI), la statua della Madonna della Visitazione (secondo la tradizione acquistata a Venezia nel 1412), nel presbiterio tele di Filippo Paladino, un ricco pulpito marmoreo del Seicento e organi dalle ricche cantorie lignee (sec. XVI).
Aragonese il palazzo Pollicarini, i campanili delle chiese di San Francesco d'Assisi (trecentesca ma ampiamente rimaneggiata), di San Tommaso e di San Giovanni Battista.
La chiesa di San Marco, con stucchi barocchi e pavimento in maiolica del Settecento. Il Museo Archeologico di Palazzo Varisano conserva importante materiale archeologico greco e romano, il Museo “G. Alessi”, situato presso il duomo, comprende una sezione numismatica, la pinacoteca e il ricco tesoro del Duomo.
Il Santuario di Papardura. Luogo di intense suggestioni, il Santuario di Papardura, costruito nel 1660, è incastonato a sud ovest nella rocca del Calvario.
Settimana Santa a Enna
Settimana Santa a Enna, la Settimana Santa è tra le più spettacolari e ricche di pathos del mondo. Il Venerdì Santo la città è coinvolta con 2500 confrati che sfilano, insieme all’amministrazione comunale ed il clero. Nelle 16 chiese, sedi di confraternite, vengono preparati gli oggetti che saranno portati in processione. La Settimana Santa è ricca di storia e di simboli legati alle consuetudini che si tramandano da secoli, addirittura dal periodo della dominazione spagnola. Tra i simboli, ricordiamo la visiera dei confrati che oggi viene portata abbassata, contrariamente al passato che, per legge, si portava alzata. La banda musicale accompagna le processioni con note meste, scritte da compositori ennesi.
Lu Signuri di li fasci a Pietraperzia
Lu Signuri di li fasci a Pietraperzia, l’anima di “lu Signuri di li fasci” è una trave di legno di cipresso, terminante a croce. La trave è alta metri 8,50 con tutta “la vara”. Essa viene portata all’esterno della chiesa del Carmine al tramonto del sole e lasciata in posizione orizzontale nello spiazzale antistante la chiesa stessa . Quindi, nella parte alta della trave viene apposto una struttura metallica di forma circolare. Di lì a poco i fedeli si avvicinano alla croce per annodare al cerchio numerosissime fasce di tela di lino bianche della lunghezza di circa 32 metri e della larghezza di circa 40 centimetri. Per annodare la sua fascia il fedele deve presentare ai confrati responsabi1i un biglietto di iscrizione che serve per registrare il numero delle fasce. La funzione delle fasce sarà quella di consentire ai fedeli di mantenere in equilibrio la lunga asta di legno lungo il percorso processionale.
Intanto, all’interno della chiesa del Carmine, si svolge un altro atto tradizionale di cui non si conosce l’origine: un componente della confraternita tutto il pomeriggio è impegnato a stendere sul corpo del Crocifisso dei nastrini rossi detti “misureddi” (piccole misure) che, così benedetti, vengono legati dai fedeli all’avambraccio o alla caviglia.
Commovente è il passaggio del Crocifisso antico e miracoloso da una mano all’altra (“a ppassamànu”) dei confrati disposti a catena dentro la chiesa del Carmine, mentre pregano gridando la giaculatoria “Pietà e Misericordia, Signuri”. Subito dopo il Crocifisso sarà posto sulla grande croce per la spettacolare “alzata” all’esterno della Chiesa. Questa preghiera sarà ripetuta in processione dai portatori della “vara” ogni volta che sono chiamati dal doppio colpo di un martello di legno per rimettersi sulle spalle il pesante carico. Ai piedi del Cristo in croce viene posto un globo a vetri colorati, simbolo del mondo e delle sue diversità, dominato dalla potenza salvifica di Cristo. Questo globo viene internamente illuminato da 4 lampade.
Pietraperzia le attrazioni da non perdere, i monumenti
Piazza Armerina comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 697 m s.m., patrono Madonna delle Vittorie 15 agosto, con la presenza della villa romana del Casale, dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, fa di Piazza Armerina uno dei siti archeologici più interessanti della Sicilia, Il Duomo del sec. XVII inglobando i resti della primitiva chiesa quattrocentesca, fra cui il campanile; tra le opere d'arte spiccano un Crocifisso su tavola, dipinto su entrambe le facce, del cosiddetto Maestro della Croce di Piazza Armerina, la chiesa di San Pietro del XVI, di stile tardorinascimentale, all'interno è impreziosita da un soffitto in legno settecentesco e da sculture gaginesche, mentre la chiesa di Sant'Andrea del XI, a croce egizia, conserva affreschi del sec. XII.
In occasione della festa patronale si svolge il Palio dei Normanni, rievocazione storica della conquista della città da parte del conte Ruggero I d'Altavilla.
San Fratèllo comune della Città Metropolitana di Messina, 675 m s.m., patrono San Benedetto il Moro 17 dicembre.
Situato sul versante settentrionale dei monti Nebrodi, nel cui parco è compreso, fondato con una colonia lombarda trasferita per volere di Adelaide di Monferrato, moglie di Ruggero I d'Altavilla.
Il paese conserva, la chiesa madre di Maria SS Assunta, all'interno della quale è custodito un crocifisso di Fra Umile da Petralia, la chiesa medievale del Crocifisso dalla forma ottagonale, la chiesa delle Grazie (sec. XVIII) e la chiesa basiliana detta “dei Tre Santi” (Alfio, Filadelfio e Cirino), edificata nel sec. XII: ha navata unica, un transetto e tre absidi; un tamburo ottagonale sostiene la cupola, la chiesa di Maria Santissima delle Grazie con l'interno decorato in stile barocco.
Palazzo Mammana, palazzo storico del XV secolo.
Cavallo sanfratellano dei nebrodi http://anac-sanfratellano.it/
La Festa dei Giudei a San Fratello
La Festa dei Giudei a San Fratello a San Fratello, in provincia di Messina, Mercoledi, Giovedì e Venerdì Santo, in un mix tra sacro e profano, si svolge la festa dei Giudei. L’origine di questa tradizione risale al Medio Evo e racchiude in perfetta simbiosi fede e folklore. Ha inizio nel 1276 con la “Confraternita dei Flagellanti”, oggi più numerosi, chiamati Giudei. Il loro policromo vestiario è vario e strano, come strani sono i loro comportamenti ed i loro atti sfrenati. Il costume è composto da una giubba e da calzoni rossi, adornati ai lati da strisce di stoffa d’altro colore. Il capo è completamente coperto da un cappuccio, anch’esso rosso, e dalla maschera penzola una grossa lingua di pelle lucida che, insieme ad una grande bocca e a due sopracciglia molto lunghe, conferiscono al mascherone un’aria grottesca e mostruosa. Ai piedi i Giudei calzano delle scarpe in cuoio grezzo o “scarpe di pelo” ed in mano recano mazzi di catene a maglie larghe e trombette. Il Venerdì Santo Per due giorni San Fratello impazzisce: i Giudei, correndo, attraversano strade, si arrampicano sui muri, camminano in pericoloso equilibrio sugli orli di case e balconi, saltano, suonano, fuggono e spariscono, creando un vero pandemonio.
Il ballo dei Diavoli Pasqua a Prizzi
Il ballo dei Diavoli Pasqua a Prizzi , “U Ballu di diavuli” è una tradizione folcloristico-religiosa legata alle manifestazioni pasquali del comune di Prizzi, in provincia di Palermo.
Di presumibili origini medioevali, la manifestazione conserva evidenti tracce di celebrazioni pagane incentrate sul trionfo della vita e della rinascita della vegetazione, agli inizi della primavera.
Sin dalla mattina del giorno di Pasqua diavoli mascherati (vestiti di rosso) e la morte, vestita del tipico giallo ocra, si aggirano indisturbati per le strade del paese, facendo scherzi e trattenendo i passanti, che vengono rilasciati solo in cambio di un obolo (soldi o dolci).
Il culmine della manifestazione avviene il pomeriggio, quando i diavoli tentano di impedire l’incontro, nella piazza principale del paese, tra le statue del Cristo e della Madonna. Ad essi si oppongono gli angeli che scortano le statue: è questo contrasto, effettuato secondo precise movenze ritmiche, che viene chiamato il ballo dei diavoli. Una volta sconfitti i diavoli, il Cristo risorto e la Madonna si possono finalmente incontrare e il Bene trionfa sul Male.
Prizzi comune della Città Metropolitana di Palermo, 966 m s.m., patrono San Giorgio 23 aprile.
I cistercensi vi fondarono i monasteri di San Michele e di San Cristoforo.
La chiesa madre risale al 1561; nella chiesa di Sant'Antonio Abate sono un gruppo raffigurante la Madonna col Bambino e un'acquasantiera, ambedue cinquecenteschi,
la Chiesa di San Francesco attigua alla chiesa si trovava il convento dei Minori Conventuali, le due porte di ingresso richiamano la vita di San Francesco: quella principale, in bronzo, rappresenta il Cantico delle creature, sull’arco della porta laterale, un antico e rustico altorilievo rappresenta Francesco che predica agli uccelli.
L’interno della chiesa presenta una volta decorata a stucchi e ori. Tra le opere custodite all’interno della chiesa degne di nota sono: il fonte battesimale, la statua di San Rocco, il crocifisso ligneo; l’organo a canne; due dipinti che raffigurano la buona e la cattiva morte. Di notevole interesse è il mausoleo della nobile famiglia Villaraut, a lungo legata al borgo, costruito con marmi rossi, neri e bianchi.
Del castello medievale alcuni resti. Nel centro storico le pareti delle case sono abbellite da murales colorati, opera di artisti siciliani.
A N dell'abitato si trova l'omonimo lago artificiale.
In contrada Panicella è possibile ammirare il castello della Margana adibito a masseria, unica testimonianza di architettura militare teutonica in Sicilia
Mòdica comune del Libero Consorzio Comunale di Ragusa, 296 m s.m., patrono San Giorgio 23 aprile e san Pietro Apostolo 29 giugno.
La cittadina è divisa in due parti: Modica Alta, la città medievale digradante tra le case suggestivamente disposte a gradinata, e Modica Bassa, collegate tra loro da un'ampia scalinata e dal corso San Giorgio, tramite il ponte Guerrieri, uno fra i più alti d'Europa.
A Modica Bassa il rosone, due-trecenteschi, della chiesa del Carmine, che conserva un gruppo marmoreo, l'Annunciazione, di Antonello Gagini, la chiesa di Santa Maria del Gesù (sec. XV), dal bel portale gotico-catalano, e, nella chiesa di Santa Maria di Betlem, la cappella del Sacramento o Cabrera (sec. XV-XVI) che, nella sua particolare struttura a pianta quadrata, sormontata da cupola con pennacchi arabeggianti su base ottagonale. L'ottocentesco palazzo De Leva conserva nel suo piccolo giardino un pregevole portale gotico. Notevole è anche la settecentesca chiesa di San Pietro, con scenografico prospetto e scalinata fiancheggiata dalle statue degli apostoli.
A Modica Alta, nel tessuto edilizio tardobarocco, domina il duomo di San Giorgio, ricostruito nel 1738. Ha una maestosa facciata, all'interno, sull'altare maggiore, si possono ammirare una grande polittico di dieci pannelli con Episodi del Vangelo e della vita di San Giorgio, di Bernardino Niger (1573) e la meridiana pavimentale. La più alta costruzione della città è la chiesa di San Giovanni Evangelista, con imponente facciata ottocentesca preceduta da una scenografica scalinata. Nell'ex convento dei Mercedari (sec. XVIII), sono ubicate la Biblioteca Comunale, il Museo Civico “F. L. Belgioioso” e il Museo Ibleo delle Arti e delle Tradizioni Popolari.
Choco Modica è la manifestazione che celebra il simbolo enogastronomico della citta di modica: il cioccolato di Modica IGP
La Madonna Vasa Vasa a Pasqua a Modica
La Madonna Vasa Vasa a Pasqua a Modica, la Domenica di Pasqua si ripete la Festa della Madonna Vasa Vasa, immancabile appuntamento per i modicani e per i tanti visitatori che ogni anno invadono il centro di Modica. Il corso principale riesce a contenere a stento la folla di fedeli che si sposta fino alla chiesa di Santa Maria di Betlem per assistere al tradizionale “bacio di Mezzogiorno” tra la Madonna ed il Cristo Risorto. Prima di questo momento la Madonna e il Cristo, portati a spalla dai fedeli, si cercano per tutto il corso.
Festa dell’Uomo Vivo, U Gioia Scicli
Festa dell’Uomo Vivo, U Gioia Scicli
U Gioia, la festa di Pasqua a Scicli, è una delle celebrazioni pasquali più belle della Sicilia. Al termine della Settimana Santa, le luttuose atmosfere vengono spazzate via dal clima di festa che risveglia gli animi degli sciclitani e trascina tutti in una vigorosa processione che avvolge uomini e cose dentro una nuvola di suoni e colori. È la festa dell’Uomu Vivu o “U Gioia”.
La magia della Pasqua a Scicli ha incantato molti pittori, fotografi, giornalisti e musicisti. Tra i più noti artisti ad aver vissuto la festa c’è Vinicio Capossela. Il cantautore ha infatti inciso il brano Uomo vivo (Inno alla gioia) ispirandosi a questa festa a cui ha partecipato in prima persona, mischiandosi tra i portatori e cantando in piazza.
Scicli comune del Libero Consorzio Comunale di Ragusa, 106 m s.m., patrono Madonna delle Milizie, ultima domenica di maggio.
L'abitato, ricostruito dopo il sisma del 1693, ha una spiccata impronta barocca, la chiesa madre di Sant'Ignazio, ex chiesa del Collegio dei Gesuiti, con facciata settecentesca, custodisce la statua della Madonna dei Milici, la festa è legata ad un mito secondo la quale, nel 1091, la Madonna liberò la città da un attacco saraceno. Durante la festa, che cade ogni ultimo sabato di maggio, si
celebra questo avvenimento con una rappresentazione teatrale in piazza e mangiando un dolce che richiama il turbante dei saraceni, la Testa di Turco, accompagnato dal passito,
la chiesa di Santa Maria la Nova, dalle forme neoclassiche, quella di San Bartolomeo ha mantenuto l'aspetto cinquecentesco e conserva un prezioso presepio napoletano in legno.
la trecentesca chiesa di San Giovanni Evangelista, con la sua facciata concavo-convessa movimentata da una preziosa gelosia in ferro battuto e posta al culmine di una scalinata, all’interno è da vedere il settecentesco dipinto spagnolo del Cristo di Burgos. La curiosa opera ritrae il Cristo crocifisso con una lunga veste sacerdotale e per questo il quadro è stato soprannominato dagli abitanti di Scicli il “Cristo in gonnella”,
la settecentesca facciata della chiesa di San Michele Arcangelo, palazzo Bonelli-Patané, il barocco palazzo Spadaro con i suoi otto balconi in ferro battuto e decorazioni rococò,
il museo del Costume con abiti e tessuti della tradizione iblea e, infine, l’antica Farmacia Cartia.
la chiesa della Madonna del Carmine con facciata in stile rococò, la seicentesca chiesa di Maria Santissima della Consolazione e la sua preziosa pavimentazione a intarsi marmorei,
l’antica chiesa di Santa Maria La Nova, conserva la statua in legno del Gesù Risorto, chiamato dagli sciclitani l’Uomo Vivo.
La statua dell’Uomo Vivo anima la suggestiva processione del Gioia, evento culminante della Settimana Santa sciclitana. Da segnalare inoltre una statua marmorea della Madonna delle Nevi (1496) attribuita alla scuola del Gagini,
palazzo Beneventano (XVIII secolo), tra gli edifici tardo barocchi più belli di tutta la val di Noto, questo edificio è rappresentato dai balconi posti al secondo piano con inferriate panciute sostenute da mensoloni e mascheroni decorati con bizzarri volti umani e animali immaginari.
Tra grotte nascoste e antiche chiese rupestri si erge la chiesa di San Matteo, la più antica di Scicli e principale luogo di culto della città fino al 1874.
palazzo Fava è riconoscibile per le decorazioni tardo barocche che impreziosiscono il portale d’ingresso e le mensole dei balconi, la cinquecentesca chiesa intitolata a San Bartolomeo, al cui interno si trova la Cididda d’oro: un reliquiario d’argento che rappresenta la Santa Cassa con Gesù Bambino al quale gli sciclitani sono particolarmente devoti.
Un altro punto panoramico sulla città di Scicli è situato sul colle della Croce, con la chiesa e l’ex convento omonimi, unico esempio in città di architettura gotico-catalana.
Da qui si possono inoltre raggiungere la suggestiva chiesa rupestre di Piedigrotta, con una quattrocentesca statua in calcare dipinto della Madonna della Pietà attribuita a maestranze locali, e il quartiere di San Giuseppe, dominato dall’omonima chiesa. Ogni anno da qui parte la Cavalcata di San Giuseppe (il sabato precedente al 19 marzo): una suggestiva processione in costumi medievali.
Presso Donnalucata, si possono visitare il neogotico palazzo Mormino Penna, la chiesa in pietra arenaria di Santa Caterina da Siena (XIX secolo) e il santuario della Madonna delle Milizie, costruita nel luogo della battaglia tra Normanni e turchi.
La piccola città-giardino di Playa Grande.
Piana degli Albanési comune della Città Metropolitana di Palermo, 720 m s.m., patrono Santa Maria Odigitria 2 settembre.
Fu fondato nel 1488, col nome di Hora, da una comunità di albanesi. È oggi la principale colonia albanese nell'isola e vi si conservano gli usi, i costumi, la lingua d'origine e il rito greco. Fino al 1941 si chiamò Piana dei Greci.
La chiesa di San Demetrio, di rito greco, è cinquecentesca: ha pianta a croce greca con tre navate absidate divise da archi a pieno centro e presenta l'iconostasi (cioè il divisorio, tipico delle chiese bizantine, che separa i fedeli da chi celebra la funzione); conserva il notevole altare maggiore, la decorazione absidale (opera secentesca di Pietro Novelli) e tre tavole bizantineggianti.
La chiesa dell'Odigitria (sec. XVII), eretta su progetto del Novelli, conserva un Trionfo della Vergine ligneo barocco.
La più antica delle chiese, San Giorgio (sec. XVI, rifatta nel XVIII), ha un monumentale portale con timpano spezzato.
Il santuario di Maria SS. Odigitria a tre navate, la impreziosiscono quattro altari tardobarocchi in marmi policromi: uno è dedicato alle anime del Purgatorio, in perfetta armonia con i dettami della
Controriforma, la Madonna Odigitria, statua in legno sorretta da due monaci, opera di un eccellente autore ignoto siciliano della fine del XVII secolo. Al culto della Madonna Odigitria è consacrata anche la chiesa rurale della Odigitria che si trova ai piedi del monte Pizzuta, ci si può fermare al Memoriale di Portella della Ginestra.
A S dell'abitato è il lago di Piana degli Albanesi.
Il 6 gennaio e nella Settimana Santa si celebrano l'Epifania e la Pasqua degli albanesi.
Pasqua a Piana degli Albanesi
Pasqua a Piana degli Albanesi, i riti pasquali a Piana degli Albanesi sono particolarmente suggestivi. Chiaro è il forte legame con l’antica appartenenza all’etnia e alla tradizione albanese, perpetuata da più di 500 anni, riconoscibile negli usi, nelle tradizioni, nei caratteristici costumi femminili riccamente ricamati e nella stessa lingua albanese. La splendida Pasqua, celebrata con il rito bizantino, esprime l’identità inalterata e le profonde radici culturali degli abitanti del luogo.
Settimana Santa a Caltanissetta
Settimana Santa a Caltanissetta a Caltanissetta, la tradizione del Giovedì Santo nasce intorno al 1700 con la processione delle piccole vare chiamate Misteri, come i misteri della Passione di Cristo.
Con il tempo la processione ha subito cambiamenti ed evoluzioni sia nell’itinerario che nel numero di gruppi statuari che raffigurano la Via Crucis, oggi incrementato a sedici con l’inserimento dell’Addolorata e della Sacra Urna. I gruppi portati in processione, furono realizzati in legno e cartapesta dagli artigiani Biangardi padre e figlio, su commissione degli antichi ceti nisseni (panettieri, zolfatai…) e delle varie confraternite.
il Mercoledì Santo nel capoluogo nisseno, la “Real Maestranza”. In tale occasione sfilano in un solenne corteo per le vie della città le antichissime “Maestranze”, nate ben cinque secoli fa.
Le Maestranze altro non sono che le dieci rappresentanze artigiane che nel 1806 Ferdinando IV di Borbone nominò “reali” e che sono costituite dai rappresentanti delle maggiori categorie di artigiani della città: i calzolai, i panificatori, i falegnami, gli idraulici, i barbieri, i pittori e decoratori, i muratori, i marmisti, i fabbri ed i carpentieri. Ogni Maestranza nomina ogni anno un Capitano (al quale vengono consegnate le chiavi della città dal mercoledì santo alla Domenica di Pasqua), gli Alfieri Maggiori, gli Scudieri, i Portabandiera e gli Alabardieri.
La processione si divide in due momenti distinti e separati. Nella prima parte i Mastri indossano cravatta e guanti neri, in segno di lutto e mostrano una serie di simboli dello stesso tenore: un crocifisso velato di nero, lo stemma della città coperto da un nastro nero e lo stendardo anch’esso coperto da nastri neri; il tutto con un sottofondo musicale malinconico e luttuoso suonato dalla banda della città. A mezzogiorno il tono della processione cambia: le cravatte e i guanti dei Mastri vengono sostituiti da quelli bianchi e, tra musiche festose, i nastri neri vengono rimossi, facendo dispiegare le bandiere a festa. CaltanissettaIl corteo, dopo aver attraversato le vie del centro, si dirige nuovamente verso la Cattedrale in cui, dopo la benedizione del Vescovo, si scioglie per ricongiungersi durante la processione del Venerdì Santo, quella del Cristo Nero.
Il “Cristo Nero”, un crocifisso di legno scuro custodito all’interno di un baldacchino d’oro, ha origini antichissime. Si dice che molti secoli fa i leggendari raccoglitori di erbe amare selvatiche (detti “fogliamari”) trovarono questo crocifisso e lo adottarono come protettore dei nisseni. Da allora divenne il “Signore della Città”. Proprio i fogliamari, durante tale processione, rivestono un ruolo fondamentale. Sono loro le urla che accompagnano il crocifisso per le vie della città e donano all’intera manifestazione un’atmosfera mistica e surreale. Per tutto il tragitto, infatti, portano il baldacchino a spalla, rivolgendo al Signore della città lamenti in strofe che commuovono i fedeli, i quali seguono il crocifisso scalzi come penitenza per chiedere una grazia o come
Al tramonto del Giovedì le “vare”, addobbate con fiori e frutti, si ritrovano nella piazza centrale, accompagnate da bande musicali provenienti da tutta la Sicilia. La processione interessa tutte le vie del centro storico fino a notte inoltrata, quando si ritrova nuovamente in Piazza Garibaldi, per dare l’ultima emozione ai fedeli con la “Spartenza”, cioè la separazione delle “vare”.
La sera del Venerdì Santo a Caltanissetta è giorno di lutto e di silenzio. Dal Signore della Città , un’antica chiesetta posta nel quartiere popolare di San Francesco, viene portato in processione un Crocifisso ligneo, probabilmente quattrocentesco, oggetto di venerazione e di culto da parte di tutta la cittadinanza, chiamato Cristo Nero, per il suo colore scuro.
La tradizione vuole che il Crocifisso sia stato ritrovato in una grotta all’interno dello stesso quartiere, da due fogliamari, raccoglitori di erbe selvatiche, e che la devozione nei suoi confronti si sia rapidamente diffusa tanto da farne “il Signore della città”. I fogliamari, che oggi appartengono a tutti gli strati sociali, indossano una tunica viola e, a piedi scalzi in segno di penitenza, portano a spalla il tronetto di legno dorato, a forma di corona, che custodisce il Cristo Nero, mentre attorno si intonano le ladate, lamentazioni in arcaico dialetto siciliano.
Alla processione partecipa tutta la maestranza in abiti di lutto, con a capo il vescovo e a seguire il clero, suore, monaci, confraternite e congregazioni religiose. Il Cristo Nero è seguito da una gran folla di persone, per la maggior parte a piedi scalzi per sciogliere un voto o per chiedere una grazia.
Caltanissétta capoluogo dell'omonimo libero consorzio comunale, 568 m s.m., patrono San Michele Arcangelo 29 settembre.
Conserva scarse testimonianze dell'epoca medievale, resti del castello di Pietrarossa, l'ex chiesa di Santa Maria degli Angeli (sec. XIII), con bel portale in stile gotico.
I principali edifici cittadini risalgono ai sec. XVII-XVIII. La cattedrale, dedicata a Santa Maria la Nova e a San Michele Arcangelo, fu eretta tra il 1570 e il 1622, anche se l'ampia facciata, affiancata da due campanili è del 1840; è internamente decorata con stucchi e affreschi di Guglielmo Borremans (1720), cui si deve anche la grande pala dell'altare maggiore raffigurante l'Immacolata e santi, e conserva, nel transetto, la Madonna del Carmelo (1604), tela di Filippo Paladino.
Barocche sono la chiesa di San Domenico, ricostruita nel sec. XVIII su una preesistente costruzione quattrocentesca, la chiesa di Sant'Agata o del Collegio (sec. XVII), con austera facciata disegnata da Natale Masuccio; nel ricchissimo altare del transetto, con splendido paliotto a intarsio, è una grande pala marmorea di Ignazio Marabitti (Sant’Ignazio in gloria).
Il palazzo Moncada, costruito in forme barocche nel sec. XVII e mai ultimato, presenta nella facciata notevoli decorazioni con figure umane e di animali.
Monumento al Redentore, all’inizio del XX secolo papa Leone XIII chiese la realizzazione di diciannove monumenti dedicati a Cristo Redentore, uno per ogni regione d’Italia che a quel tempo erano diciannove. La Sicilia accolse la richiesta del Papa e decise di ergere la statua sul Monte San Giuliano che si innalza per 727 metri d’altezza facendo da cornice alla città. La realizzazione del Monumento al Redentore fu affidata ad Ernesto Basile che completò questa statua in bronzo nel 1900. La cima del Monte San Giuliano oltre ad ospitare questa bellissima opera è anche uno dei posti di Caltanissetta.
Abbazia di Santo Spirito, la Badia di Santo Spirito si trova a circa 3 km dal centro di Caltanissetta ed è un edificio religioso la cui realizzazione fu commissionata dal Ruggero I di Sicilia e dalla moglie Adelasia agli inizi del 1000. La Chiesa situata tra le campagne nissene è uno dei monumenti in stile arabo-normanno meglio conservati in città. All’inizio l’edificio era stato eretto a fini difensivi e di sorveglianza mentre con il tempo ha assunto una funzione religiosa.
Miniera di Trabia Tallarita, una suggestiva visita è da dedicare alla miniera di zolfo che si trova tra Riesi e Sommatino.
Sinagra comune della Città Metropolitana di Messina, 260 m s.m., patrono San Leone 8 maggio.
La chiesa madre custodisce un'ancona in marmo (sec. XVI) di Giacomo Gagini. L'antica chiesa del Convento o del Crocifisso ha un campanile di età medievale; conserva, sopra l'altare, un pregevole crocifisso ligneo con una corona d'argento.
Sotto il castello si trova la Grotta del Beato. In questa piccola grotta naturale, si recava per trascorrere la notte il Beato Diego. All’interno, con le sue stesse mani, scavò un letto e un inginocchiatoio per potersi ritirare a vita eremitica.
Pasqua Corsa di San Leone a Sinagra
Pasqua Corsa di San Leone a Sinagra, da centinaia di anni ‘A Cursa ‘i Santu Liu caratterizza la domenica di Pasqua a Sinagra. La statua del Santo patrono viene portata a spalla dai fedeli in una lenta e lunga processione che parte dalla Chiesa di San Leone, in campagna. Sul calare della sera e alle porte del paese, l’andatura della processione improvvisamente cambia con la caratteristica corsa finale che termina in Chiesa Madre. L’andatura lenta iniziale della processione simboleggia l’indecisione di Leone nel far ritorno a Catania, dove svolgeva l’attività di Vescovo, mentre la corsa finale rappresenta la sua scelta di rimanere con il popolo di Sinagra. Un evento molto suggestivo che si ripete ogni anno e registra la presenza di migliaia di persone, oltre ai residenti, che con tanto entusiasmo onorano il Santo patrono. La festa continua il Lunedì di Pasqua con la processione del Santo per le vie del paese e con la tipica “Fiera del lunedì di Pasqua”.
Archi di Pasqua a San Biagio Platani
Archi di Pasqua a San Biagio Platani, la Festa degli “Archi di Pasqua” è lo spettacolare e suggestivo esito di una competizione artistico-artigianale, unica nel suo genere in Sicilia. Per molte settimane, prima della Pasqua, le confraternite dei “Madunnara” (devoti alla Madonna) e dei “Signurara” (devoti a Gesù), sono impegnate nella costruzione di imponenti composizioni di canne e ferle; queste fanno da incastellatura a magnifici addobbi artistici di agrumi, alloro e soprattutto di pane, nelle più svariate forme e dimensioni. Le grandiose costruzioni artistiche, di archi, cupole, e campanili vengono poi disposte lungo tutto il corso Umberto I, la via principale del paese. La straordinaria ricercatezza delle decorazioni, unita alla illuminazione serale, trasformano San Biagio Platani, in provincia di Agrigento, nel più sontuoso ed accogliente salotto a cielo aperto. Il culmine della manifestazione si ha il giorno di Pasqua, quando il Cristo e la Madonna si incontrano davanti la Chiesa Madre.
San Biàgio Plàtani comune del Libero Consorzio Comunale di Agrigento, 416 m s.m., patrono San Biagio 3 febbraio.
Costruzioni settecentesche sono la chiesa madre dedicata a San Biagio e quella del Carmine.
San Biagio Platani è noto come il Paese degli archi di Pasqua
Caltagirone le attrazioni da non perdere, i monumenti
Caltagiróne comune della Città Metropolitana di Catania, 608 m s.m., patrono San Giacomo 25 luglio
Con un centro storico ricco di edifici di grande rilevanza architettonica barocca, ed un gran numero di botteghe dove si espongono e si vendono i manufatti della pregiata ceramica locale. Il Duomo, le Chiese di S. Chiara, S. Francesco di Assisi, S. Giacomo, S. Giorgio e S. Maria di Gesu' meritano una visita per l'architettura e per le opere d'arte ivi conservate.
Parimenti deve essere compiuta la piccola fatica di risalire la scala di S. Maria del Monte, dalle alzate rivestite con maiolica policroma e quadrotti di lava nerissima, che conduce alla omonima Chiesa, Santa Maria del Monte: costruita nel 1608 su progetto di Giuseppe Giacalone, ha 142 scalini e unisce la città alta alla città bassa, superando un dislivello di circa 50 metri; il rivestimento ceramico, del sec. XX, con decorazioni geometriche, floreali e figurative, rappresenta in successione gli stili arabo, spagnolo e rinascimentale, ripercorrendo la storia della tradizione ceramica locale.
Nella Chiesa e nel Convento dei Cappuccini si trova anche una piccola ma pregevole pinacoteca. Gli amanti della ceramica non riusciranno facilmente a staccarsi dalle vetrine delle botteghe artigiane che espongono piatti, vasi,lucerne di alto livello artistico, talvolta con gli stessi disegni e colori adoperati nei secoli passati. Vasta e affascinante la produzione di figure umane, di personaggi del presepe e di animali.
La conoscenza della storia della ceramica, puo' essere ampliata presso il Museo Regionale ad essa dedicato, mentre il Museo Civico custodisce reperti archeologici ed oggetti d'arte. Una Galleria Civica di arte contemporanea e' ubicata presso l'ex Ospedale delle Donne.
Per le sue architetture barocche Caltagirone è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, insieme ad altre città del Val di Noto.
Durante la festa patronale si ripete la tradizione della “Luminaria”: la grandiosa scalinata di Santa Maria del Monte viene illuminata da migliaia di lucerne a olio che formano disegni ornamentali; sempre sulla scalinata viene allestita in maggio “La Scala Infiorata”.
Pasqua A Giunta a Caltagirone
Pasqua A Giunta a Caltagirone, la Domenica di Pasqua a Caltagirone è una grande e sentita festa popolare che si svolge all’aperto, per le vie cittadine.
Si compone di due momenti ‘a Giunta (l’incontro) e ‘a Spartenza (la separazione), durante i quali i tre simulacri di San Pietro, del Cristo Risorto e della Madonna si incontrano e si separano.
Migliaia di cittadini e turisti assistono da ogni angolo della Piazza Municipio, ma soprattutto la Scala Santa Maria del Monte appare come un’immensa platea dove ognuno va a cercarsi un posto per ammirare l’evento.
‘A Giunta, certamente il momento più significativo e spettacolare della festa, è l’esito di un preciso percorso: San Pietro, uscito dalla chiesa omonima, dopo un breve tratto di strada, incontra con immensa gioia il Cristo Risorto; entrambi, risalendo la via Infermeria ed attraversando Piazza Umberto, si dirigono verso Piazza Municipio – il vero e proprio teatro dell’incontro – per dare il lieto annuncio alla Madonna. Da questo incontro deriva la denominazione ‘a Giunta.
Pasqua U ‘Ncuontru a Petralia Sottana
Pasqua U ‘Ncuontru a Petralia Sottana, la Settimana Santa di Petralia Sottana raggiunge il momento più alto di partecipazione emotiva con il gioioso e commovente “Ncuontru”, a mezzogiorno della Domenica di Pasqua. Sin dalle prime ore del mattino, le campane suonano ininterrottamente a festa annunciando la Resurrezione di Cristo. Sono le ore in cui i congregati delle Confraternite si preparano alla vestizione con i loro abiti tradizionali. Il simulacro della Vergine, ancora ammantata di nero per il lutto, viene portato a spalla dalla Confraternita del SS. Rosario, mentre l’onore di portare il simulacro del Cristo Risorto è riservato alla Confraternita del SS. Sacramento. Le due statue vengono portate attraverso il centro storico, seguendo itinerari diversi per poi fermarsi in punti precisi del paese in prossimità del “Chianu ‘u Culleggiu”, dove attendono lo sparo dei mortaretti e il segnale dei cerimonieri: tre squilli di tromba e tre spari. Il Cristo Risorto e la Madonna si muovono, si intravedono, corrono l’uno verso l’altra. La Madre riconosce il Figlio e perde il velo del dolore. Madre e Figlio si abbracciano, tra applausi, lacrime di commozione, volo di candide colombe, spari di mortaretti e note della banda musicale. Una cerimonia coinvolgente, gioiosa, liberatoria, propiziatrice per tempi migliori. Subito dopo, le due statue, una rivolta verso l’altra in modo da potersi guardare, percorrono il centro storico e rientrano nella Chiesa Madre.
Petralìa Sottana comune della Città Metropolitana di Palermo, 1000 m s.m., patrono San Calogero 18 giugno.
Centro situato nel Parco Regionale delle Madonie,
La chiesa madre dell'Assunta fu ricostruita nel sec. XVII su una del sec. XVI, di cui restano un bel portale tardogotico e il campanile sostenuto da un arco ogivale. All'interno conserva numerose opere d'arte, tra cui il trittico di anonimo quattrocentesco Madonna col Bambino e santi, pregevoli sculture rinascimentali e diverse tele di G. Salerno.
Nella chiesa della Trinità (o della Badia), con portale tardogotico del sec. XV, è una pala marmorea di G. D. Gagini (1542),
ex chiesa di San Francesco è un edifico barocco a navata unica,
la Chiesa del Monte di Pietà ospita tradizionalmente un grande presepio che riproduce fedelmente gli scorci della cittadina,
la Chiesa della Misericordia, affiancata dalla torre campanaria con al centro una meridiana.
Nei dintorni di Petralia Sottana si trova Piano Battaglia, il Santuario della Madonna dell’Alto, meta di pellegrinaggi soprattutto in occasione della festa di agosto, e il Santuario di Bilici dove si venera un crocifisso realizzato da fra Innocenzo da Petralia.
L'ultima settimana di agosto si esegue l'antico ballo contadino “della Cordella”.
Barrafranca comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 450 m s.m., patrono Madonna della Stella 8 settembre.
Abbandonato nel sec. XIV, il borgo fu ripopolato per iniziativa del barone Matteo Barresi di Pietraperzia, che nel 1529 gli diede il nome attuale.
Secondo alcuni il nome deriva, da "barriera franca" e quindi in parte (Barra) dal nome del suo fondatore, Matteo Barresi, e in parte (franca) dal fatto che questa città fu, per i nuovi abitanti, qui arrivati, esonerata dal pagamento dei tributi fiscali.
Nell'abitato sorgono i ruderi di una torre medievale,
la chiesa madre, Santa Maria del Soccorso, costruzione barocca del 1728 su una più antica, è custodito un dipinto (Santa Maria della Purificazione) opera forse di Filippo Paladino, era conosciuta dai barresi come "U Cappidduni", sita in Piazza Monastero, l’attuale Piazza Fratelli Messina. Il nome "U Cappidduni" derivava dalla forma strana che assunse il campanile in seguito ad un rifacimento.
Nella chiesa di Santa Maria dell'Itria è una tela (Annunziata) attribuita a Mattia Preti, mentre la chiesa di Maria Santissima della Stella (sec. XVI e più volte rimaneggiata) custodisce dipinti di Pietro D'Asaro e Francesco Vaccaro.
Chiesa di San Benedetto è un bell'esempio di barocco; nell'abside si trova un altare ligneo scolpito, fiancheggiato da colonne tortili.
Museo Bellico Belli Instrumentum di interesse storico documentano due secoli di storia militare italiana
Le leggende su Barrafranca sono parecchie, alcune delle quali legate al vicino Monte Navone, come ad esempio si narra di un misteriosissimo tesoro, chiamato "dei sette re",
un'altra leggenda è quella legata a Maria SS della Stella, co-patrona di Barrafranca che si festeggia l'8 settembre.
Venerdì Santo U’ Tronu a Barrafranca
Venerdì Santo U’ Tronu a Barrafranca, la Processione del Crocifisso “U Tronu” (il Trono) è il momento più atteso del Venerdì Santo a Barrafranca in provincia di Enna.
La sera, al termine di tutte le celebrazioni liturgiche nelle chiese della città, inizia la processione del SS. Crocifisso, chiamato dalla gente del luogo “U Tronu”, in virtù di una macchina detta appunto “U Tronu” (il trono) che incorpora i meccanismi che ne consentono il sollevamento subito dopo l’uscita dalla chiesa. Il fercolo è sorretto da due “baiarde”, numerate da 1 a 100 in relazione al posto di ciascun portatore.
La statua del Crocifisso viene ricoperta interamente di ori ex-voto donati dai fedeli nel corso degli anni, e viene sistemata al centro della “Sfera”, una struttura lignea ovale che subito prima della processione viene incastonata sul “Mondo”, una grande sfera posta in cima ad un tronco alto circa due metri. La Sfera e il Mondo sono interamente ricoperte da variopinte coccarde di stoffa e fiori chiamate “Scocche”, le quali vengono donate ogni anno dai fedeli come voto al Crocifisso.
La Madonna Addolorata e l’Urna del Cristo Morto escono dalle loro chiese di appartenenza e si avviano verso la Chiesa Madre per unirsi alla processione del Crocifisso. Una volta raggiunto “U Tronu”, inizia la processione con a capo l’Urna del Cristo Morto, seguita dai “lamentatori”, dall’Addolorata con San Giovanni, dalla banda musicale e infine dal “Tronu”.
la Festa dell’Aurora a Castelvetrano
la Festa dell’Aurora a Castelvetrano, la Festa dell’Aurora, un rito medioevale propiziatorio che vede come protagoniste tre statue rappresentanti la Madonna, Gesù ed un Angelo. L’incontro avviene, come si può immaginare, nelle prime ore del giorno. Ad incontro avvenuto si lasciano volare colombe e grida di gioia.
Castelvetrano comune del Libero Consorzio Comunale di Trapani, 187 m s.m., patrono san Giovanni Battista 24 giugno.
La chiesa di San Domenico, eretta nella seconda metà del sec. XV, ha un'interessante decorazione del presbiterio di gusto popolare.
La facciata della chiesa madre dell'Assunta (sec. XVI) è ornata da un portale preziosamente intagliato; l'interno, con decorazioni a stucco di A. Ferraro e G. Serpotta, ha una notevole cappella della Maddalena di T. Ferraro.
La chiesa di San Giovanni Battista, ricostruita alla fine del Settecento, conserva una statua in marmo di Antonello Gagini.
tra gli edifici civili, notevoli il Palazzo Pignatelli del XIII secolo
Il Museo Civico raccoglie reperti provenienti dal territorio e in particolare da Selinunte; di notevole interesse è la statua bronzea del cosiddetto “Efebo di Selinunte” del sec. V a. C.
Nei pressi dell'abitato è la chiesa della Santissima Trinità di Delia, eretta in epoca normanna nel sec. XII; ha pianta a croce greca triabsidata con cupola centrale su quattro colonne.
Resti della città greca di Selinunte, il Parco Archeologico di Selinunte, in riva al mare
La “calata r’a tila Palermo
La “calata r’a tila Palermo, durante il periodo quaresimale è tradizione coprire il presbiterio con un pesante velo figurato, nascondendo alla vista di tutti la figura di Gesù. Il velo verrà tirato via solo nella notte del Sabato Santo, notte in cui la veglia prepara alla funzione della Domenica di Pasqua, giorno della resurrezione.
Il tutto avviene in modo molto scenografico nella Basilica di San Domenico a Palermo, dove tra canti di gioia “a calata r’a tila” mostra a tutti il Risorto, simulando l’apertura del sepolcro, e rappresenta la vittoria della Vita sulla morte.
Le Barette a Messina
Le Barette a Messina, quella delle Barette è una celebrazione che si svolge durante il pomeriggio del Venerdì Santo, è tra le celebrazioni più suggestive della Pasqua in Sicilia. Si tratta di una processione liturgica che risale ai tempi della dominazione spagnola quando si pensò di creare una Via Crucis cittadina con un’immagine dell’Addolorata al seguito di un simulacro che raffigurava la bara del Cristo Morto. Da qui il nome “barette”.
Aidóne comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 800 m s.m., patrono San Lorenzo Martire 10 agosto.
La chiesa di Santa Maria la Cava (sec. XII), che conserva un'abside trecentesca e una bella torre campanaria,
la chiesa di Sant'Anna, con un bel Crocifisso ligneo di fra' Umile da Petralia, successivamente di Santa Rosalia, La chiesa, ad una sola navata, presenta l'interno semplice e disadorno, ma è arricchita dall'altare centrale barocco, decorato con tarsie marmoree in bicromia, bianche e nere,
la chiesa romanica di Sant'Antonio Abate.
chiesa di Maria Santissima delle Grazie La chiesa è situata accanto a quella di Sant'Antonio Abate, all'ingresso orientale del paese; deve la sua nascita al leggendario ritrovamento nel 1618 di un'immagine della Madonna, che allatta il Bambino, dipinta su una lastra di pietra.
Convento e chiesa dei Cappuccini Oggi sede del Museo archeologico regionale, risale ai primi decenni del "600(1612-18). Il complesso, dalle linee sobrie e chiuse, quasi severe, era dedicato a San Francesco d'Assisi. La chiesa è a navata unica, con due cappelle sul lato sud, e conserva arredi e dipinti secenteschi. L'altare centrale, con ciborio di legno intarsiato, è sormontato da un trittico ottocentesco rappresentante al centro la Natività. Negli altarini laterali, con casserizi in legno intarsiato di marca umbro-toscana, sono conservate due statue, una delle quali, in terracotta, rappresenta la Madonna delle Grazie. Nelle cappelle sono esposti: un reliquiario a forma di croce e il busto ligneo dell'Ecce Homo, attribuito a fra' Umile da Petralia. Dalla seconda cappella si accede ad una cripta e ad un antico sottopassaggio che la tradizione vuole sia collegato, attraverso un complesso sistema di cunicoli, agli altri conventi aidonesi. Il chiostro si presenta porticato su un solo lato e da questo si accede al Museo archeologico regionale dei reperti archeologici di Morgantina.
Parte del territorio comunale è compreso nel Parco Minerario Floristella-Grottacalda, vasto complesso di archeologia industriale, in cui sono visibili le strutture e le apparecchiature un tempo utilizzate per l'estrazione dello zolfo.
A pochi chilometri da Aidone, si trovano le rovine dell'antica città di Morgantina.
Rievocazione storica del battimento, "u batt'ment" Ogni dieci anni, nei giorni immediatamente precedenti la festa di san Lorenzo (8 e 9 agosto) si teneva la rievocazione storica di un episodio risalente all'epoca della conquista normanna. La tradizione risaliva al XVII secolo e se ha testimonianza fino al 1890. Il torneo in costume rievocava un combattimento tra cavalieri cristiani e saraceni, al quale avrebbero partecipato due contingenti lombardi dell'esercito di Ruggero d'Altavilla. La battaglia si sarebbe svolta presso il cosiddetto "Passo dei Giudei". Nel torneo storico in costume, denominato il Battimento, un drappello di cavalieri cristiani, partito dalla città, e un drappello di cavalieri saraceni proveniente dalla parte opposta, si scontravano in due separati assalti. Dopo il primo assalto, dall'esito incerto, i cavalieri cristiani si ritiravano nelle tende a pregare e digiunare, mentre i saraceni gozzovigliavano; nel secondo assalto i saraceni venivano nettamente sconfitti e presi prigionieri. Il tutto si concludeva con una pacificazione generale per cui cristiani e saraceni e muovevano insieme in un unico corteo alla volta di Aidone, dove avrebbero seguito la processione della Madonna delle Grazie.
Processione dei Santuna, Aidone
La Settimana Santa ad Aidone incomincia con la processione della Domenica delle Palme, alla presenza dei dodici “Santuna”, pupazzi che vengono condotti da persona posta al loro interno. Essi rappresentano i dodici Apostoli di Gesù.
Sono loro i protagonisti di questa domenica, che ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, osannato con palme e rami d’ulivo, ma anche nella domenica successiva, domenica di Pasqua, in cui i dodici “Santuna” esultano per la resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, incontrando in simulacro del Cristo Risorto e rendendogli omaggio con degli inchini dopo che il Cristo ha incontrato la madre Maria nella piazza principale del paese, accanto al Santuario di S. Filippo Apostolo.
Per la domenica delle palme invece l’attenzione è rivolta nella parte alta del paese, perchè la processione parte dalla chiesa della Madonna Annunziata e si conclude in chiesa madre con la S. Messa solenne.
Dapprima viene percorsa la parte antica del paese, scendendo per i vicoli a valle, per poi risalire e dirigersi verso la zona nuova, nei pressi del Santuario di S. Filippo e la piazza centrale del paese, per poi ritornare di nuovo in cima al paese per la celebrazione della S. Messa in chiesa madre.
Particolarità di questa processione, oltre la presenza di questi “Santuna”, sono l’unione di alcune grandi palme che formano delle croci. Dopo la processione della domenica delle palme è lutto per l’intera settimana, ma l’appuntamento con i “Santuana”, è quindi anche con il clima di grande festa, è rimandato alla domenica successiva, giorno della Pasqua.
La cerca, riti della Settimana Santa a Collesano
Riti della Settimana Santa a Collesano, la Cerca. All'alba del Venerdì Santo la Comunità collesanese dà vita alla processione che rappresenta il mistero della Passione di Gesù Cristo.
Le origini della Cerca, come viene chiamata la processione mattutina di Collesano, si fanno risalire al XVII secolo per iniziativa della Confraternita del Santissimo Crocifisso i cui confratelli, ancora oggi, ne curano. Dalla Chiesa di Santa Maria la Vecchia, sita accanto ai ruderi del castello. Qui ogni anno viene rappresentato, con statue dalle dimensioni quasi reali, un momento diverso della vita di Gesù. Da notare la presenza di alcuni elementi vegetali tra cui i caratteristici "laurieddi" perlopiù frumento, ma anche altri cereali fatti germogliare al buio in modo da apparire di un tenue color giallo-verde - che rimandano ad antiche credenze precristiane legate alla rigenerazione della natura.
La processione, ripropone, con personaggi viventi, le quattordici stazioni della Via Crucis. Sin dalle prime luci dell’alba, nella Chiesa di Santa Maria la Vecchia si raduna una gran folla.
Mente i numerosi fedeli, di Collesano ma anche di paesi vicini, attendono l’inizio della processione, i confrati del Santissimo Crocifisso indossano i caratteristici abiti: una lunga tunica bianca, una mantellina marrone, un cappuccio bianco, guanti e calze di colore marrone, dei sandali e poi, ancora, una corona di spine sul capo. Questi, disposti in fila, portano i simboli che hanno caratterizzato la passione di Gesù, la tenaglia, i chiodi, il martello, i dadi, un sacchetto, la scala, il sole, la luna, il gallo, ecc. Questi oggetti durante l’anno vengono appesi sulla croce in legno che, in occasione della processione della Cerca, viene portata dal Cristo.Uno di loro indossa gli abiti di Cristo, altri, infine, quelli dei soldati romani e delle donne.
La processione prende il via intorno alle sette per concludersi, sempre in questa chiesa, nella tarda mattinata. Un confrate, il più anziano, a volto scoperto, a differenza di tutti gli altri, con il simbolo INRI del re dei Giudei apre il corteo; segue un altro confrate con un tamburo che intona incessantemente ritmi lugubri; quindi tutti gli altri confrati e infine Cristo, con una pesante croce in legno e delle catene legate ai piedi, circondato da soldati romani e da alcune bambine vestite da angioletti.
Chiude il corteo la banda musicale
Collesano comune della Città Metropolitana di Palermo, 468 m s.m., patrono Madonna dei Miracoli 26 maggio.
Centro incluso nel Parco Regionale delle Madonie, di origine medievale.
La chiesa madre di santa Maria la Nuova (sec. XV) conserva della struttura originaria un portale ispano-gotico sul fianco; custodisce all'interno un ciborio marmoreo di Donatello Gagini e un monumentale Crocifisso (sec. XVI) che ha, dipinta sul retro, una Resurrezione, la Torre di guardia originariamente isolata, venne annessa al fianco sinistro della Chiesa Madre, di cui fu campanile fino agli inizi del XX secolo. Risale probabilmente alla seconda metà del XII secolo e presenta una pianta quadrata, sviluppandosi su tre elevazioni, con un'elegante bifora poggiante su una colonnina con un capitello
L'ex convento dei Domenicani è oggi sede del Municipio.
La chiesa di Santa Maria la Vecchia (sec. XII, rifatta nel XV) conserva una statua in marmo di Antonello Gagini raffigurante la Vergine.
La chiesa di Santa Maria di Gesù sorse nel sec. XVII fuori dall'abitato.
Palazzo Fatta-Del Bosco Edificato nella prima metà del Settecento, in pieno centro storico, presenta una facciata in stile barocco su due elevazioni, ingentilita da finestre e balconi in pietra intagliata, annessa al Palazzo si trova la cappella privata, originariamente Chiesa di S. Maria Maddalena e poi oratorio di S. Maria dello Stellario
L'insediamento medievale Monte d'Oro si trova in contrada "Monte", a circa un km dal centro abitato.
Nei pressi è il parco faunistico del Piano Zucchi.
Un tempo era uno dei passaggi principali della celebre Targa Florio.
Càccamo comune della Città Metropolitana di Palermo, 521 m s.m., patrono San Nicasio ultima domenica di agosto.
Il monumento cittadino più significativo è il castello (sec. XII, ristrutturato in età barocca), in pietra bianca, su una parete rocciosa ed è il più grande della Sicilia. Tra le sue mura, nel 1160, fu ordita da Matteo Bonello e dai baroni normanni la congiura contro Guglielmo il Malo; questo episodio rappresenta il tema di colorati murales che decorano i muri di alcuni edifici dell'abitato.
Il duomo dedicato a San Giorgio, di origine normanna, fu riedificato nel sec. XVII, il Trittico del XV secolo con la Madonna e il Bambino tra i santi Giorgio e Pietro, di Guglielmo da Pesaro (attr.); il gruppo fittile del Compianto in forma di Pietà, della fine del XV secolo, di Maestro toscano; la Croce dipinta su tavola della prima metà del XV secolo, del Maestro di Galatina (attr.); la Madonna col Bambino del XV secolo, di Josse Van Cleve (attr.); il fonte battesimale del 1466 e il Ciborio con il Cristo Risorto del 1470, di Domenico Gagini e aiuti; i Cinque Sensi del fiammingo Jan Van Houbracken (attr.), 1635 c.a.; il tesoro nella cripta dei Confrati del SS. Sacramento.
chiesa di Santa Maria degli Angeli (sec. XV), la Madonna col Bambino di Antonello Gagini, del 1516; il soffitto ligneo policromo del 1497, l’urna argentea del XIX, con le spoglie del Beato Giovanni Liccio, fondatore della chiesa e del convento;
chiesa di San Marco (sec. XIV),
chiesa della Santissima Annunziata (sec. XVI-XVII), al suo interno, custodisce una tela del Boremans, gli affreschi della volta di Giambecchina e gli stucchi di Procopio Serpotta. Dietro l’altare c’è la famosa Scalunata di San Giuseppe, il reliquiario a statua di S. Nicasio, del 1684, di argentieri palermitani;
chiesa di San Benedetto, detta “la Badia” (1615), con un bel pavimento in ceramica policroma realizzato nel Settecento, pavimento maiolicato, ricco di valenze simboliche e allegorie, eseguito da Maestro mattonaro palermitano del XVIII secolo, la tribuna lignea in oro zecchino della prima metà del XVIII sec., i meravigliosi stucchi raffiguranti la Castità, l’Obbedienza e la Cena di Emmaus di Bartolomeo Sanseverino del 1756 e l’imponente scenografica cancellata in ferro battuto
La chiesa dei Cappuccini (1589), dedicata a S. Rocco, custodisce: la Madonna del Latte e la Visita di S. Elisabetta alla Madonna, l’Adorazione dei Magi e l’Adorazione dei Pastori di Fr. Felice da Sambuca, del XVIII secolo; le sculture in alabastro raffiguranti la Madonna di Trapani, S. Giorgio e S. Nicasio, eseguite da Maestri trapanesi nel XVIII secolo;
Caccamo, U Signuruzzu a cavaddu
Caccamo U Signuruzzu a cavaddu, Domenica delle Palme la più antica manifestazione tradizionale di Caccamo, di origine orientale da far risalire al tempo degli eremiti basiliani.”U Signuruzzu a Cavaddu”, che per celebrare la Domenica delle Palme, rievoca l’ingresso di Gesù a Gerusalemme : una sfilata con un chierichetto che a dorso d’asino benedice gli astanti. Organizzata dalla Parrocchia di San Giorgio Martire, annunzia la venuta di Cristo in terra.
Lui è il più piccolo degli aspiranti Russuliddi (in abito talare e accessori di colore completamente rosso). L’evento annunzia la venuta di Cristo in terra. Quello che lo distingue è l’età dei protagonisti : sia Gesù che i dodici apostoli sono impersonati da ragazzi che reggono in mano lunghi rami di palme che lungo il persorso si intrecciano formando degli archi sotto cui transita il festeggiato. Così come giovanissimi sono coloro che precedono l’incedere dell’asinello bardato e infiorato agitando ramoscelli d’ulivo e palme intrecciate. Accompagnati dalla banda musicale, vanno in giro per il paese facendo soste nelle chiese,
L’intero corteo – sempre più folto – accompagnato dalla banda, percorre tutto il centro storico fermandosi in 5 Chiese al suono diverso di tante campane (solo per curiosa esattezza diciamo che, all’inizio del ‘900, Caccamo aveva : 46 Chiese e ben 77 campane). La sfilata si conclude sul piazzale antistante la Chiesa Madre dove l’arciprete accoglie solennemente la folla e Gesù-chierichetto, successivamente vengono benedette le palme.
Il “panacena” che si produce nella cittadina di Caccamo in occasione della Pasqua. Esso viene lavorato interamente a mano utilizzando fior di farina, ed insaporito con uova, zucchero e semini di anice. La lievitazione è abbastanza lunga, dopo la cottura, gli fa assumere una caratteristica forma qui detta a “quattru pizzi”. A Caccamo consigliano di mangiarlo tagliato a fettine ed accompagnato con vino dolce del tipo moscato o marsala.
Una favola circolante a Caccamo riferisce di una monaca bellissima che a mezzanotte del giorno di luna piena, vestita di bianco, allo scoccare del primo dei 24 rintocchi dell’orologio, si dirige dal Castello verso la Torre.
Molti non ci credono, noi la riproponiamo, Antonio Mastropaolo ve la racconta così:
“I rossi chicchi d’una melagrana,
al fatuo lume della luna piena,
dal giallo scrigno sradica e dipana:
poi mangiali, ma con dolce lena!
Se tutti quanti i piccoli rubini,
stando sempre dentro questa torre,
riuscirai, con tanti bocconcini,
nel delicato tuo pancino a porre…
allora, sì, hai fatto un bel lavoro,
perché così, tu, troverai un tesoro!”
Il paese dei due Cristi Ispica
Perché le protagoniste delle processioni sono due statue di antica manifattura, una è quella del Cristo alla Colonna portata in processione il giovedì santo e custodita all’interno della basilica Santa Maria Maggiore e l’ altra è quella del Cristo con la Croce portata in processione il venerdì santo e custodita nella basilica della SS. Annunziata.
Ad Ispica durante il periodo della Quaresima ogni venerdì, detto “venniri i marzu” si possono sentire suonare all’alba le trombe della passione che annunciano la morte di Cristo, durante tutto il periodo di Quaresima, nelle basiliche di Santa Maria Maggiore e della SS. Annunziata è possibile “acquistare” la cera votiva. Si tratta di opere scultore in cera raffiguranti bambinelli, parti del corpo, candele donati dal fedele ai Cristi come ringraziamento per una grazia ricevuta o per una richiesta di benevolenza. È usanza rivestirli di colore rosso (Cristo alla Colonna) o azzurro (Cristo con la Croce) per poi esporli lungo le navate delle chiese di Santa Maria Maggiore e SS. Annunziata per l’intera Settimana Santa.
La Settimana Santa, atipicamente, comincia l’ultimo venerdì di Quaresima. Due sono gli appuntamenti imperdibili: nella basilica di Santa Maria Maggiore si svolge il “saluto” al Cristo flagellato alla Colonna e la proclamazione dei nuovi confrati. La parte più intensa di questo momento è il grido “culonna”, invocazione al Cristo flagellato alla colonna.
Nello stesso momento nella basilica della SS. Annunziata si svolge la processione della cosiddetta “Santa Cascia”, un’urna reliquiaria in argento del XVIII sec., di pregevole fattura, che contiene la Santa Spina (secondo la credenza si tratta di un frammento della corona di spine di Gesù). Il momento piu’ atteso è quando i portatori del SS Cristo con la croce intoneranno il canto tradizionale del Popule Meus mentre il sacerdote collocherà la Santa Spina nel simulacro del SS Cristo.
La Domenica di Pasqua, il Cristo Risorto (”'U Risuscitatu”) della Basilica SS. Annunziata di Ispica conclude i festeggiamenti della Settimana Santa.
Ispica itinerari e luoghi nel ragusano
Ìspica comune del Libero consorzio Comunale di Ragusa, 170 m s.m., patrono Madonna del Carmine 17 luglio.
La chiesa di Santa Maria Maggiore (sec. XVIII), dalla facciata arricchita da una bella cancellata in ferro battuto, conserva un notevole ciclo di affreschi, l’interno è a croce latina, a tre navate divise da pilastri, preponderante è il ruolo degli affreschi eseguiti tra il 1763 e il 1765 da Olivio Sozzi. Il loggiato del sinatra basilica di santa maria maggiore nel 1749, egli sviluppa temi architettonici concavo-convessi in una prospettiva urbanistica. Le 23 aperture del loggiato, inframezzate da lesene, formano un elegante e delicato diaframma tra il prospetto e l’antistante illimitato orizzonte.
L’architetto Vincenzo Sinatra, firma i disegni del loggiato antistante la basilica di Santa Maria Maggiore nel 1749.
La chiesa madre, dedicata a San Bartolomeo, e quella dell'Annunziata risalgono al sec. XVIII.
la chiesa del Carmine e il convento annesso, al centro della facciata vi è il portale, decorato con alcuni bassorilievi, probabilmente recuperati dall’edificio precedente, i bassorilievi che raffigurano Sant’Angelo e il Venerabile Statella bassorilievi che raffigurano Sant’Alberto di Gerusalemme e Sant’Alberto degli Abati, la Madonna del Carmelo, patrona della città di Ispica dal 1875.
Questi bassorilievi, integrati con altri due realizzati nel Novecento, raffigurano i padri carmelitani sant’Alberto di Gerusalemme, sant’Angelo, Sant’Alberto degli Abati e il Venerabile Statella.
nella chiave di volta del portale centrale è un puttino che regge la data 1632 e, poco più in alto, vi sono altri due puttini che reggono lo stemma della famiglia Statella, divenuto stemma della città di Ispica, anche questi antecedenti al terremoto. Il timpano spezzato del portale centrale incornicia la parte bassa del finestrone che è sovrastato da una nicchia con colonne tortili nella quale si conserva la statua della Madonna del Carmelo, patrona civitatis dal 1875. L’interno della chiesa è a navata unica e sulle pareti laterali vi sono otto cappelle, quattro per ogni lato. Le cappelle sono decorate con colonne tortili e stucco e conservano diversi dipinti. Sul lato destro della navata vi è il mausoleo del Venerabile Statella, datato 1758. Esponente della famiglia dei marchesi Statella.
Sempre sul lato destro, a ridosso dell’altare, vi è un pulpito ligneo poligonale, uno dei pochi elementi precedenti al terremoto, sul quale vi sono raffigurati i santi Angelo, Alberto, Elia e Telesforo.
L’altare principale della chiesa, con una struttura concava con colonne corinzie, ospita la statua lignea della Madonna del Carmelo, realizzata nel 1860 dallo scultore palermitano Bagnasco. La statua raffigura la Vergine che tiene in braccio il bambino e le chiavi della città. Entrambi portano una corona e le insegne mariane. Il simulacro viene portato in processione il 16 luglio o la domenica successiva in occasione dei festeggiamenti per la patrona organizzati dalla Confraternita della Madonna del Carmine. Il convento ha una facciata molto semplice su due livelli.
palazzo Bruno di Belmonte, sede municipale, è uno dei più notevoli edifici liberty della Sicilia, progettato dall'architetto Ernesto Basile.
All'interno del parco archeologico della Forza, in una grotta, è stato allestito un interessante antiquarium. Singolare è la galleria detta “Centoscale”, un tunnel di 280 gradini scavati nella roccia, costruito per scendere sotto il livello del fiume e attingervi acqua soprattutto in caso di assedio.
U Gioia a Scicli di Leonardo Sciascia
“Ma una festa religiosa – che cosa è una festa religiosa in Sicilia? Sarebbe facile rispondere che è tutto, tranne che una festa religiosa. È, innanzi tutto, un’esplosione esistenziale; l’esplosione dell’es collettivo, in un paese dove la collettività esiste solo a livello dell’es. Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla condizione di uomo solo, che è poi la condizione del suo vigile e doloroso super-io, per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città.”
“non c’è paese, in Sicilia, in cui la Passione di Cristo non riviva attraverso una vera e propria rappresentazione, in cui persone vive o gruppi statuari non facciano delle strade e delle piazze il teatro di quel grande dramma i cui elementi sono il tradimento, l’assassinio, il dolore di una madre. Ma è davvero il dramma del figlio di Dio fatto uomo che rivive, nei paesi siciliani, il Venerdì Santo? O non è invece il dramma dell’uomo, semplicemente uomo, tradito dal suo vicino, assassinato dalla legge? O, in definitiva, non è nemmeno questo, ed è soltanto il dramma di una madre, il dramma dell’Addolorata?”
Leonardo Sciascia
La Pasqua cristiana
il primo giorno della settimana è la domenica.
Ecco perché è proprio dalla domenica che inizia la Settimana santa ed è dalla domenica che inizia la nostra analisi della sua struttura.
La Settimana santa inizia con la Domenica delle palme. In questo giorno si celebra l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, in trionfo in sella a un asino, acclamato come messia e figlio di Davide da una folla che lo saluta agitando rami di palma.
Domenica delle palme: perché si chiama così, quando cade e cosa si festeggia
Il lunedì è il giorno dell’amicizia: Gesù lo trascorre a Betania, in compagnia di Marta, Maria e Lazzaro. Il giorno inizialmente non era considerato parte del calendario liturgico, come i successivi martedì, mercoledì e venerdì.
Martedì è il giorno dello sdegno. Inizialmente, era dedicato alla lettura della lavanda dei piedi. Oggi, invece, è tradizione situare in questo giorno il famoso episodio di Gesù che, sdegnato per aver visto il tempio trasformato in un luogo di mercato, rovescia i banchi dei venditori e dei cambiavalute.
Il tradimento di Gesù da parte di Giuda, invece, avviene di mercoledì. Non stiamo parlando del famoso bacio dell’apostolo, ma della prima fase del tradimento: per trenta denari, Giuda si accorda per fare arrestare Gesù e consegnarlo ai suoi nemici.
Giovedì santo: in origine era l’unica grande celebrazione della Settimana santa, che prevedeva la commemorazione di tre fatti: l’istituzione dell’Eucaristia, la benedizione degli oli santi e la riconciliazione dei penitenti. La sera si celebra la messa in Cena Domini, per ricordare l’Ultima cena, e viene effettuata la lavanda dei piedi, in memoria di quella praticata da Cristo ai suoi discepoli.
Durante il venerdì santo si celebra la morte di Gesù sulla croce, la Passione e, per ricordare le sofferenze patite nel percorso verso il Calvario, è tradizione effettuare la Via Crucis. Altra tradizione è quella di effettuare il digiuno ecclesiastico e astenersi dalle carni.
Sabato santo: nel corso della giornata, tradizionalmente, l’eucaristia non viene celebrata, mentre si celebra la liturgia delle Ore, la preghiera ufficiale della Chiesa cattolica che consiste nel canto dei salmi, dei cantici e degli inni, con aggiunta di preghiere e letture.
Durante la notte si tiene la veglia pasquale, la celebrazione più importante di tutto l’anno liturgico. La veglia celebra la resurrezione di Cristo (liturgia del fuoco) e ripercorre gli eventi principali della salvezza dell’Antico Testamento; i fedeli rinnovano le promesse del battesimo.
Così si conclude la Settimana santa: la domenica di Pasqua non ne fa parte, ma la segue, celebrando il compimento pieno della Resurrezione di Cristo.
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