Palma di Montechiaroi turismo, guida turistica del Comune - Città, Comuni e Paesi di Sicilia

Città e Comuni in Sicilia

Benvenuti su "Città, Comuni e Paesi di Sicilia", la guida turistica per scoprire le meraviglie dell'isola più affascinante del Mediterraneo. Da monumenti storici a panorami mozzafiato, da parchi
archeologici a teatri greco-romani, lo stile barocco e tanto altro ancora: qui troverai tutto ciò che rende la Sicilia unica. Preparati a immergerti nella sua storia millenaria.
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Palma di Montechiaro turismo, guida turistica del Comune

Palma di Montechiaro turismo, guida turistica del Comune, con le proprie peculiarità, costituisce una delle tappe del viaggio.
Alcuni Comuni godono di uno scenario naturalistico, altri sono sulla costa, troviamo borghi, poco sconosciuti, altri sono paesi da visitare e scoprire lontano dal traffico delle grandi città, chi fa parte del patrimonio Unesco, chi si distingue per l'arte, l'architettura, la cultura, chi per lo slow food, scopriamoli.
Palma di Montechiaro sorge su una collina sulla fascia litoranea, poco distante dal capoluogo Agrigento.
Il primo atto della storia di Palma, solo nel 1865 la città si chiamerà Palma di Montechiaro, è la costruzione del Castello Chiaramontano ( 1353 ), che si staglia lungo la costa a metà strada tra Punta Bianca e la foce del fiume Palma, ad opera di Federico Prefoglio che di lì a poco passò ai Chiaramonte, da cui prese il nome. L'atto di fondazione della città di Palma porta la data del 25 aprile 1637. Nello stesso documento si rileva che a fondare la città fu Carlo Caro Tomasi dopo avere ottenuto il 16 gennaio 1637 la " licentia populandi " dal re Filippo IV.
Il 3 maggio 1637 fu posta la prima pietra.

La scelta del luogo dove sorse la città fu davvero felice se, non appena mezzo secolo dopo, l'abate Saint-Non nel suo " Voyage pittoresque " ebbe a scrivere " ...Questa graziosa cittadina è molto popolata ed ha una posizione incantevole: i dintorni sono pieni di giardini deliziosi e tutto questo paese è in genere d'una abbondanza enorme di vigneti, di coltivazioni e di ogni sorta di alberi da frutta..."

Nel 1640, Carlo, primo duca di Palma, sentendosi portato per la vita monastica, rinunciò al ducato in favore del fratello Giulio che sposò Rosalia Traina, nipote del vescovo di Girgenti, da cui nacquero, tra gli altri, Isabella Domenica, oggi venerabile, e Giuseppe Maria canonizzato il 12 ottobre 1986.
La città fu costruita seguendo una ideale pianta a maglia ortogonale.
Dopo la morte di Andrea Chiaramonte e la confisca di tutti i suoi beni, il castello passò alla famiglia Moncada che ne cambiò il nome in Montechiaro con il chiaro intento di cancellare la memoria dei precedenti signori.
Dopo vari passaggi il castello perviene nel XVII secolo, per linea femminile, alla famiglia Tomasi un componente della quale, Carlo Tomasi Caro, ricevette dal re Filippo IV il titolo di duca di Palma.
Questi, abbracciata la vita monastica, cedette tutti i suoi beni al fratello Giulio che fu II duca di Palma e I principe di Lampedusa.
E' da ricordare che all'interno della cappella è custodita una statua della Madonna che il Caputo attribuisce ad Antonello Gagini.
Fa parte del patrimonio tardo-barocco, edificato nel 1698 da Giulio II duca di Palma e principe di Lampedusa, fu portato a termine l'8 dicembre 1712, giorno dell'Immacolata e il cardinale Giuseppe Maria Tomasi lo affidò ai Padri Scolopi di San Giuseppe Calasanzio che vi insediarono l'istituto delle Scuole Pie che nell'800 divenne una vera e propria Università frequentata da diversi rampolli dell'aristocrazia isolana. Addossata al Palazzo è la Chiesa della Sacra Famiglia con la quale costituisce un unico complesso architettonico.
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La chiesa Madre che, posta in cima ad una ampia scalinata, rappresenta una delle opere più significative del barocco siciliano.
Essa sorge ove prima era situata la chiesa di San Giuseppe che, fondata nel 1644 dal ragusano D. Vincenzo Ottaviano, venuto a Palma con i Tomasi, fu demolita. A ricordo fu costruita nella nuova chiesa una cappella consacrata a San Giuseppe.
L'atto di fondazione della chiesa Madre è datato 2 ottobre 1666. Il disegno fu di Angelo Italia che contribuì anche alla costruzione della cappella del Crocifisso nel Duomo di Monreale.
La facciata, realizzata con conci di pietra delle cave del Casserino, è costituita da un portale centrale fiancheggiato da due colonne sormontate da un frontone spezzato e da due portali minori ai cui lati si ergono due alte torri campanarie.
L'interno del Duomo, vasto, a tre ampie navate con cupola sul transetto, rivela un movimentato scenario decorativo in stucco di sapore neoclassico. In fondo alla navate è l'ampio presbiterio, cinto da splendide inferriate e due ricche cappelle intitolate al SS. Sacramento e alla Madonna del Rosario.

La Chiesa di San'Angelo, detta della Batiella, fu costruita nel 1643 per volere di Vito Rizzo da Licata che la dedicò al protettore della sua città

La chiesa del Purgatorio, o Madonna degli Angeli

La Chiesa del Collegio di Maria fu eretta da Suor Maria Antonina Lauricella da Girgenti. Nella Chiesa è custodita una copia della Sacra Sindone. Conservato in un'urna di vetro il corpo di Santa Placida

Monastero delle Benedettine
La storia del Monastero è di per sé già insolita: parliamo infatti di un edificio originariamente destinato a diventare un palazzo ducale piuttosto che uno religioso. Siamo nella seconda metà del ‘600 e la famiglia è quella del Duca Giulio Tomasi. Suona familiare? In effetti si tratta di un antenato di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che davvero non ha bisogno di presentazioni.
Prima di saltare al famoso autore del Gattopardo però, rimaniamo per un attimo ancora sulla storia del Monastero. Il (fu) palazzo ducale cambia funzione dietro precisa richiesta delle figlie del Duca di cui sopra: quattro di esse infatti prenderanno i voti diventando “inquiline” proprio del monastero.
Tra queste, Suor Maria Crocifissa (nata Isabella Tomasi), la cui vita fu costellata di privazioni, visioni estatiche (la cui natura sacra è effettivamente riconosciuta anche dalla Chiesa, e le è valsa il titolo di “venerabile”) e punizioni corporali. La fama di questo peculiare personaggio risiede però principalmente nella famosa Lettera del Diavolo.

Secondo la storia/leggenda pervenuta fino a noi, la Lettera del Diavolo fu scritta proprio da Suor Maria Crocifissa sotto dettatura forzata da parte del demonio in persona. La lettera (tutt’oggi conservata) fu scritta in una lingua incomprensibile, un misto di parole in greco e latino più altre del tutto sconosciute, e avrebbe dovuto essere indirizzata a Dio con la firma della stessa monaca: la donna riuscì però a resistere a quest’ultima imposizione, scrivendo un semplice “Ohimé” alla fine.
Un team di ricercatori ha a quanto pare tradotto la Lettera, ma il contenuto, benché non più in lingua sconosciuta, non è per questo risultato più comprensibile.
Sia Suor Maria Crocifissa che l’episodio della Lettera del Diavolo sono citati da Giuseppe Tomasi di Lampedusa all’interno del Gattopardo. Sembra infatti che lo scrittore abbia visitato il Monastero negli anni ‘50 e sia rimasto tanto colpito dalla storia della sua antenata da inserirla nel romanzo, seppur celando la sua vera identità: la Beata Corbera altri non è infatti che Suor Maria Crocifissa.
Qui troviamo anche una vecchia tradizione portata avanti dalle monache del Monastero, quella dei dolcetti a base di mandorle, preparati secondo le antiche ricette.
Il monastero ha un aspetto semplice con finestre prive di decorazioni. Sul cortile interno, invece, si affacciano delle finestre decorate in stile barocco. All'interno il parlatorio ha volte a botte da cui si accede ad un giardino ricco di alberi in cui è sistemata una scultura della Madonna con San Benedetto.
Le suore custodiscono, inoltre, la Madonna della Colomba Rosata. Ancora oggi è uno dei pochi monasteri di clausura in Sicilia, il cui accesso è impedito quasi a chiunque.
www.beatacorbera.it

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