Santo Stefano Quisquinà, il borgo siciliano da scoprire
Santo Stefano di Quisquina, il borgo, tesoro d’arte, di storia e di tradizioni gastronomiche
Santo Stefano di Quisquina, il borgo, tesoro d’arte, di storia e di tradizioni gastronomiche, da villaggio fortificato, a centro abitato, il gruppo delle abitazioni del popolo, contrapposto al castrum, dimora del signore, si sono sviluppati e negli ultimi anni, sono località indicate come mete alternative alle grandi città d’arte.
Si potevano anche indicare i sobborghi delle città sviluppatisi fuori delle mura, un abitato nato intorno a un castello o a una chiesa, senza che sia necessaria la presenza di mura o fortificazioni.
Il termine è usato anche come punto di sosta importante per strade percorse da pellegrini, commercianti, l'elemento che li caratterizza come borghi è la loro presenza nel territorio con carattere di continuità nei millenni, è per questo che hanno un loro fascino, camminare tra i vicoli di un borgo significa ripercorrere i passi di uomini e donne, che si sono succeduti nei secoli passati.
Santo Stéfano Quisquina comune del Libero Consorzio Comunale di Agrigento, 730 m s.m., patrono Santa Rosalia prima domenica di giugno e martedì successivo,
La chiesa madre dedicata a San Nicola di Bari (sec. XVI) conserva un crocifisso in legno intagliato, il palazzo dei Ventimiglia (1745) , la fontana in pietra del Settecento in piazza Castello.
Chiesa di San Calogero, a quota 967 m s.l.m. sorge la cinquecentesca chiesa di San Calogero, sul pizzo dell'omonimo monte, raggiungibile attraverso una stradella nel bosco, punto elevato e panoramico la rende particolarmente suggestiva. All'interno: busto di bronzo del Santo
Festa di Santa Rosalia patrona di Santo Stefano di Quisquinia (AG) la prima domenica di giugno ed il martedì successivo. Dal sabato al mercoledi Riti religiosi, mostre e spettacoli musicali. Il martediì lo storico Pellegrinaggio, dal 1624 il busto con le reliquie di S.Rosalia viene portato dalla Chiesa madre all' Eremo della Quisquina, preceduto da una suggestiva cavalcata.
Nei dintorni è il santuario di Santa Rosalia alla Quisquina (1760), decorato da alcuni affreschi ottocenteschi. https://www.quisquina.com/
Andromeda teatro moderno o teatro di pietra
Costituito da blocchi di pietra che riproducono in numero (108) secondo la disposizione delle stelle della costellazione di Andromeda, da cui il nome.
Nell'area vengono organizzati eventi artistici e rappresentazioni teatrali promosse dall'artista proprietario. https://teatroandromeda.it/
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Santo Stefano di Quisquinà il territorio, cosa vedere, consigli informazioni
Da visitare a Santo Stefano di Quisquina sono la Chiesa Madre oggi Santuario di S. Giacinto Giordano Ansalone con annessa Chiesa di San Francesco di Sales chiamata anche Oratorio delle Cinque Piaghe
La Chiesa di S. Antonio Abate e l’adiacente Collegio di Maria, poco distante da piazza S. Giordano ex piazza Municipio, dedicata al martire domenicano proprio nel luogo dove un tempo sorgeva l’antico convento di domenicani ora sede della biblioteca comunale
La Chiesa del Carmine din recente ricostruzione che conserva illustri dipinti di Federico Panepinto e l’originario campanile seicentesco
La Chiesa di San Calogero in cima all’omonimo monte che domina la vallata del fiume Magazzolo.
Altresì da ammirare la settecentesca fontana al centro di piazza Castello cinrcondata dall’antico palazzo baronale e dalla casa Palma, la statua di lorenzo Panepinto in piazza Maddalena opera di G. Baragli del 1987.
Nel giugno del 2015 è stato inaugurato l’Itinerarium Rosaliae, un sentiero lungo 160 chilometri che collega i due principali santuari di Santa Rosalia (quello della Quisquina e quello di Monte Pellegrino, a Palermo.
Teatro Andromeda detto anche Fattoria dell'arte rocca Reina, andateci, lungo un camminamento dove a far da maschere e botteghino ci sono sculture e statue, quella di Icaro, caduto, centotto cubi sparsi davanti al proscenio in forma di cerchio – centotto posti dove accomodarsi – corrispondono alle luci della Galassia, figlia di Cassiopea, quella madre troppo orgogliosa della propria creatura, beata e sazia di bellezza al punto di farne vanto e irritare le Nereidi, ninfe del mare .
... "La corrispondenza dell’orientamento ai moti celesti, la proiezione in terra delle costellazioni in cielo, i varchi disposti ad accogliere il sole che sorge e che tramonta, e questo catturato e quasi trattenuto sulla soglia, astro brunito che risuona della voce arcana di un gong: tutto ciò era, tutto ciò valeva e raccontava quel luogo, per me. E poi la porta. Eccentrica. Nulla che ne imponesse l’essere lì. Una deroga? No. Il penetrare nell’uovo, l’esserne seme fecondo, è sempre il frutto di un assedio, e accade solo dove quello cede. Le ragioni della porta, che è una soglia difficile, minima e costretta, non sono quelle di un risparmio abile nella riproduzione di un modello, e nemmeno servono a una illusione efficace e suggestiva di esso. Certamente avresti pensato, a prima vista, di star ripercorrendo il dromos di Atreo, o di trovarti al cospetto di una Porta dei Leoni. Le forme e la materia sono quelle. Micene, Argo, Tebe, Tirinto. E invece no. Nel salire incontro alla porta, man mano che le sue dimensioni si rivelano per quelle che sono, ben proporzionate, ma minime, ti accorgi che non può trattarsi di un inganno, non di quello, quasi miserevole, che forse ti stava sembrando: sarebbe stato troppo semplice. Nell’atto del passare sei messo in causa. Tu, proprio tu, devi chinare il capo e ruotare il corpo. Non puoi entrare di fronte. È, quello, il tuo proprio e personale passaggio. Ti costa, e devi pagare l’atto, capire che quello è il prezzo del tuo ingresso nell’uovo infinito. Cui tu, messaggero, rechi nuova vita. E allo stesso tempo ricordi, comprendi, di stare tu stesso nascendo, in quel punto, alla vita. Dovresti urlare, ma è la tua anima che già lo sta facendo. Qui si toccano e si specchiano i due primi tuoi inizi, gli eventi cruciali di ogni generazione. E comprendi, qui sulla porta, che il dentro e il fuori del recinto si contengono l’un l’altro. Nello specchio c’è l’universo, come nell’universo c’è il suo specchio, e sono entrambi l’uno e l’altro, assieme, solidalmente. Fin qui, ciò che avevi capito. Ciò che, quanto meno, avrei dovuto comprendere subito. Metamorficamente, però, la mente dell’artista scava. Affina, sposta, spinge oltre, aggiunge. Ed ecco che la sagoma vuota di triangolo, già in capo alla porta, scompare, trasla altrove. E al suo posto, simmetrici, compaiono due conci massicci, opposti l’uno all’altro, e distanti, sagomati, sguinciati e levigati entrambi in modo da simulare un profilo ricurvo di corna. Ma, guardando tra di loro il cielo, ti appare all’improvviso l’invisibile, qualcosa di più della interdipendenza ying/yang. Appare una coppa che contiene il cielo infinito. Lorenzo Reina mi sussurra, mi suggerisce, mi svela: ecco, sulla porta è fatto presente l’assente, il dono della rinascita, la coppa che contiene il sangue donato per la nuova vita, il sacro, il santo Graal. Tutto mi torna. Tutto si incastra. La porta della vita. La porta del seme. La porta del parto. La porta del rinascere. Tre inizi insieme..."2019_marcello panzarella
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