A19 Uscita CALTANISSETTA
SAN CATALDO, SERRADIFALCO, DELIA, SOMMATINO, RIESI, MAZZARINO, BARRAFRANCA, PIETRAPERZIA
Caltanissetta, si raggiunge dalla A19 uscendo all’omonimo svincolo, sorge alle pendici del monte San Giuliano; probabilmente in origine la città, l'antica Nissa, sorgeva più a sud, nel sito di Gibil Gabel.
La città attuale cominciò invece a svilupparsi intorno al castello di Pietrarossa; nel 1086 fu conquistata dai normanni, fu poi sotto il dominio degli Svevi, degli Angioini, degli Aragonesi e nel 1406 passò alla famiglia dei Moncada di Paternò. Nel XV e XVI secolo la città si espanse dando forma ai quattro quartieri Santa Flavia, San Rocco, degli Zingari e San Francesco. Dopo un periodo di decadimento, nel 1818 divenne capoluogo e nel 1844 diocesi.
Agli inizi del '900, con lo sfruttamento delle miniere, diventò, come tutta l'area compresa tra le province di Caltanissetta, Enna e Agrigento, capitale dell'estrazione dello zolfo che ne segnò profondamente, l'economia e la storia.
Centro di Caltanissetta è piazza Garibaldi, protagonista dei riti pasquali già dalla mattina della Domenica delle Palme quando si trasforma in un singolare mercato dove vengono esposte e vendute le palme intrecciate nelle forme più svariate che, insieme ai ramoscelli d'ulivo, costituiscono l’elemento scenografico principale della processione che si svolge durante la serata.
Al tramonto, dal cortile della biblioteca comunale, "a Varca", una barca di fiori preparata fin dalla mattina, porta il Cristo per le strade del centro storico e conclude il suo percorso dentro la chiesa di Sant' Agata. Sulla piazza, punto di incrocio delle due strade principali - corso Vittorio Emanuele e corso Umberto - si affacciano la Cattedrale di Santa Maria la Nova, costruita tra il XVI e il XVII secolo e la chiesa di San Sebastiano dell'inizio del XVII secolo ma riedificata nel XVIII. Ancora sulla piazza, ad angolo tra le due strade è il
palazzo Municipale, alle cui spalle si trova l'incompiuto palazzo Moncada, voluto da don Luigi Guglielmo Moncada nel 1650, la cui costruzione fu interrotta dopo pochi anni a causa della partenza del principe verso la Spagna.
Al centro della piazza, la fontana del Tritone, una grande vasca sormontata da un gruppo scultoreo in bronzo raffigurante un cavallo e un tritone insidiati da due mostri marini, opera dello scultore nisseno Tripisciano. La chiesa di Sant' Agata, iniziata nel 1605 si raggiunge risalendo il corso Umberto; custodisce preziose opere d'arte, tra cui una grande pala marmorea di Marabitti.
La mattina del Mercoledì Santo è il momento della processione della Real Maestranza. Il corteo è presieduto dal capitano, al quale il sindaco consegna le "chiavi della città", che all'inizio della processione veste di nero e porta un crocifisso coperto da un velo anch’esso nero. La processionepercorre il corso Umberto, e dopo aver raggiunto la Cattedrale e adorato il Santissimo Sacramento, si libera dei segni di lutto, il capitano veste di bianco e il corteo è accompagnato da allegre marce; le campane e i mortaretti suonano
e sparano a festa. La sera dello stesso giorno entrano in scena le "varicedde" che, riproducendo in piccolo le "Vare" o "Misteri" del
Giovedì Santo, sfilano per il centro storico.
Il Giovedì Santo sfilano infatti le vare "ranni", sedici gruppi scultorei realizzati tra il 1883 e il 1909 da Vincenzo e Francesco Biangardi, che rappresentano i vari momenti della Passione e Morte di Cristo. Già dall'alba le vare sono esposte lungo le vie della città e durante la giornata addobbate con fiori e luci. Al crepuscolo, accompagnate dalle bande musicali, attraversano il centro storico in un percorso che si protrae fino a notte. Percorrono tutto il corso Umberto fino all'inizio di viale Regina Margherita dove si trovano la seicentesca chiesa di San Giuseppe, la Prefettura e il Palazzo Vescovile, sede del Museo di Arte Sacra; risalgono lungo la via Crispi e la via Testasecca che corre parallela alla via detta “strada a Foglia", sede di un antico mercato; continuano in viale Calafato e ridiscendono per il corso Umberto. Giunta alla chiesa di Sant'Agata, la processione percorre la via Re d'Italia detta strada "ri Santi", via dei Santi, fino alla chiesa di Santa Croce: già alla fine del 400 nello stesso luogo vi era una chiesa dedicata al Salvatore, ma nel XVI secolo fu fondato un monastero benedettino e cambiò nome.
Intorno alle tre del mattino, le vare si ritrovano a piazza Garibaldi dove, dopo aver intonato l'ultimo motivo, i gruppi si separano: è il momento della "Spartenza", che chiude la processione.
La sera del Venerdì Santo la processione del "Cristo nero" riempie le strade di Caltanissetta, in un'atmosfera triste e composta. Partendo dal Santuario del Signore della città, situato nella parte più antica del centro, la processione accompagna un piccolo crocifisso posto dentro un baldacchino dorato: è il Cristo Nero, detto appunto “Signore della città” portato a spalla dai "fogliamara" scalzi, raccoglitori di frutta e di verdure selvatiche.
La Real Maestranza, il Vescovo, le congregazioni, aprono la strada al Cristo Nero in un silenzio interrotto soltanto dalle "lamitanze", litanie religioso popolari in dialetto intercalate dal grido corale "Viva la misericordia di Dio". Dopo aver percorso le vie del centro storico, il Crocifisso viene riportato al suo Santuario dove la processione si scioglie.
Il Sabato Santo è un altro importante momento con la rappresentazione della "scinnenza". Sulla Scala Lo Piano, che per il suo andamento evoca le pendici del Golgota, è rappresentata la Passione e la Morte di Cristo con luci ed effetti musicali che rendono la manifestazione particolarmente interessante.
La Domenica di Pasqua, in un clima di festa, la Real Maestranza guidata dal Capitano, si dirige al Palazzo Vescovile e disponendosi sui due lati del viale Regina Margherita attende il Vescovo.
Alla sua uscita ha inizio la Processione della Resurrezione che si conclude davanti alla Cattedrale dove, al suono delle campane, vengono liberate delle colombe.
Dopo la Santa Messa, il Capitano riconsegna al Sindaco le "chiavi della Città" che gli erano state date il mercoledì e hanno così termine le celebrazioni della Settimana Santa.
Uscendo dallo svincolo di Caltanissetta e dirigendosi, lungo la SS640 verso la stazione di San Cataldo, sorge in una zona collinare interna, posta a 625 metri s.l.m., si giunge, dopo avere imboccato la deviazione per il comune e avere percorso 2,5 km, a San Cataldo.
Fondato nel 1607 da Vincenzo Galletti su un borgo preesistente, l'abitato si espanse intorno alla chiesa Madre del 1633, la Chiesa Madre intitolata precedentemente alla Natività di Maria, fu iniziata dal barone Vincenzo Galletti di Fiumesalato e marchese di San Cataldo, si presenta a croce latina a tre navate, divisa da arcate, con volta a botte e cupola centrale. Anticamente dotata di 14 Altari. La tradizione vuole che il progetto della Chiesa fosse attribuito all'architetto Vaccarini, presenta una facciata barocca.
La chiesa del Rosario sulla quale svetta la torre civica medievale, e la chiesa dei Mercedari completano l'itinerario all'interno del comune.
Poco fuori dal centro abitato, lungo la SS122 in direzione di Serradifalco, situato su una collina si trova il sito archeologico di Vassallaggi, centro indigeno ellenizzato risalente al VII secolo cui reperti sono custoditi nei musei archeologici di Agrigento e di Gela.
Si giunge quindi a Serradifalco . Il comune fu fondato nel 1640 e, all'interno dell'impianto urbano a maglia regolare sorto sulla direttrice che da Mussomeli conduceva a Licata e a Canicattì. Si possono ammirare la chiesa Madre della fine del Settecento con la sua maestosa facciata, dedicata a San Leonardo di Noblac o Abate, venne edificata nel 1740. I lavori di costruzione si protrassero per oltre 100 anni. La facciata è a due ordini con spazi spartiti da fasci di paraste con capitelli compositi. Al suo interno è conservata la statua lignea del 1662 raffigurante San Leonardo, opera dello scultore Giancarlo Viviano.
La chiesa di San Francesco di Paola dei primi decenni del XVII secolo, La splendida e barocca chiesa si affaccia sulla piazza. Belle statue si trovano sul prospetto della chiesa (Madonna delle grazie e San Francesco di Paola) e sul gugliotto: a destra Sant'Antonio da Padova, mentre a sinistra c'è San Giovanni evangelista.
Nella zona circostante il paesaggio è caratterizzato da vigneti e uliveti e, a ridosso del centro abitato, si trova il Lago Soprano.
Collocato all'interno di una depressione carsica riempita di acque sorgentizie e piovane,è oggi una Riserva Naturale ricca di numerose specie volatili.
Si procede verso Sommatino percorrendo la SS122 per circa 12 km e deviando per la SS 190. Dopo circa 6 km si giunge a Delia.
Il comune, fondato nel XVII secolo, è caratterizzato dall'impianto urbano organizzato intorno al "vicolo cortile" islamico sovente dotato di un pozzo d'acqua.
Chiesa di Santa Maria di Loreto, sorta nel 1500 sui ruderi della Chiesa di San Nicola di Mira, ha la facciata di tipo neoclassico con portale e campanile barocco. Il rosone centrale è arricchito da una vetrata raffigurante il logo del Giubileo del 2000. Al suo interno custodisce, il Monocolo, dedicato a Santa Rosalia, patrona del paese.
Chiesa Santa Maria dell'Itria, il nome deriva dal bizantino "Odigitria" che significa "guida, condottiera" ed era l'immagine della Madonna venerata sin dal V secolo a Costantinopoli. Ricostruita su una preesistente struttura, la chiesa è stata aperta al culto nel 1769. Il campanile, che le sorge accanto, è stato realizzato nel 1988. All'interno della chiesa è conservata un'importante statua lignea della Madonna dell'Itria.
I resti del castello federiciano, con mura merlate, torrioni e volte costolonate, sono visibili sulla rocca poco distante dal paese.
Imboccando la SP Delia Caltanissetta e deviando verso Sommatino si può raggiungere la miniera Grasta ormai abbandonata, e percorrendola per altri 4 km, la SP conduce al villaggio Santa Rita, antico villaggio di contadini con case basse, stalle e granai che si popola soltanto in estate o per la semina dei cereali.
MINIERE TRABIA TALLARITA
Tra Sommatino e Riesi, si trovano gli impianti delle miniere Trabia-Tallarita, dalle quali annualmente si estraevano circa 10.000 tonnellate di zolfo. Le miniere sfruttavano un giacimento all'interno di una formazione gessoso-solfifera. Dalla torre, o castelletto i vagoncini venivano riempiti di minerale nei cantieri sotterranei. Il minerale estratto, trasportato all'esterno veniva di seguito lavorato negli stabilimenti, dove, all'interno di forni, lo zolfo veniva separato dalla roccia. Le miniere di zolfo furono anche il luogo dove si consumò il dramma dello sfruttamento minorile.
Proseguendo lungo una strada panoramica, ci si addentra nella regione dei giacimenti minerari di zolfo in direzione di Sommatino che si raggiunge dopo avere percorso circa 9 km. Il comune, la cui "licentia populandi" risale al 1507, ha una tradizione mineraria che ha mantenuto viva l'economia della zona per circa due secoli.
L'impianto urbano è caratterizzato da vecchie case, addossate l'una all'altra, con un cortile dal quale si dipartono le scale di accesso alle abitazioni. La chiesa Madre del XVIII secolo e il Palazzo del Municipio del XIX completano l'itinerario.
La SS190 si estende su un vasto giacimento di zolfo diviso in due parti dal fiume Salso. Lo zolfo, la cui estrazione si interruppe nel 1975 con la chiusura della miniera Trabia Tallarita, connota tutt'oggi il paesaggio carattezato dalla presenza di castelletti e forni tra Sommatino e Riesi.
Giunti a Riesi , sorto ufficialmente nel 1647, è possibile visitare la Matrice del XVIII secolo adorna all'interno di stucchi e affreschi all'interno, e la chiesa di San Giuseppe del XIX secolo. Una menzione particolare va fatta per la chiesa dei Valdesi, nucleo originario della comunità valdese stanziatasi qui nell'Ottocento.
VILLAGGIO MONTE DEGLI ULIVI
Il pastore valdese Tullio Vinay, nell'intento di costruire una comunità di lavoro per offrire una alternativa a condizioni di vita caratterizzate da profonda arretratezza e povertà, commissionò nel 1963 all'architetto fiorentino Leonardo Ricci la costruzione del Villaggio Monte degli Ulivi. Il villaggio rappresenta un esempio di architettura contemporanea che negli anni '60 fece di Riesi un luogo fuori dal comune proprio perchè divenne, secondo Bruno Zevi, espressione di "architettura informale".
Circa 15 km separano Riesi da Mazzarino . Sovrastato dall'imponente castello di origini romano-bizantine, il paese, che si espanse notevolmente sotto il governo del principe Nicolò Melchiorre Branciforte, ha un impianto urbanistico del XVIII secolo segnato da un lungo asse sul quale si aprono piazze e rientranze, dove si affacciano le principali architetture barocche e i palazzi ottocenteschi. Interessanti anche alcuni esempi di architettura seicentesca e settecentesca come la chiesa del Gesù, il palazzo Branciforte, la chiesa e il convento dei Carmelitani. La chiesa di Maria SS. del Mazzero è divenuta meta di diversi pellegrini in quanto riporta l'impronta della mano destra di Giovanni Paolo II nel portone bronzeo.
A circa 12 km a NE di Mazzarino è situato l'abitato romano-bizantino Philosophiana, che comprende i resti di un edificio termale e di una basilica bizantina. Nei dintorni di Mazzarino lungo la SP124 dopo circa 10 km una strada conduce al castello di Grassuliato, posizionato su una rupe.
CASTELLO DI MAZZARINO
(Castrum Mazarini)
Le fonti riportano il castello esistente già nel XIII secolo; e della struttura originaria composta da quattro torrioni collegati da cortine murarie merlate all'interno delle quali si sviluppavano gli ambienti residenziali, rimangono soltanto una torre e alcuni resti di mura perimetrali che sono state restaurate negli ultimi anni.
Lasciando Mazzarino e procedendo, per circa 13 km si raggiunge Barrafranca.
Barrafranca (447 m) si è sviluppata sul preesistente centro abitato di Convicino, risalente al 1091, la cui più antica origine sembra risalire alla conquista dei romani. All'interno: la chiesa Madre e la chiesa di Maria SS. dell'ltria, risalente al XIV secolo, conserva all'interno l'Annunziata di Mattia Preti.
Imboccando la SS191 e procedendo per circa 9 km si raggiunge Pietraperzia . Nell'ex convento dei Domenicani, ha sede il municipio, e fra le chiese spiccano: quella del Rosario, a pianta centrale, costruita nel XVI secolo, e la chiesa Madre ricostruita nel XVIII secolo che conserva all'interno scultura gaginesche e una tela di Filippo Paladino. Interessante anche il palazzo Tortorici del XIX secolo.
Uscendo da Pietraperzia, dopo circa 15 km si torna a San Cataldo per proseguire verso la A19