Le colonie albanesi nella Città metropolitana di Catania
Fu così che in Sicilia sorsero nove colonie albanesi, alcune delle quali nel consorzoi Comunale di Catania, queste comunità vivono in diverse zone tradizionalmente dette Albania di Sicilia o Sicilia albanese, generalmente rifondarono villaggi preesistenti, in altri casi ne edificarono interamente di nuovi ad es. Piana degli Albanesi.
In Sicilia, come nel continente, gli arbëreshë mantennero un loro sistema politico, religioso oltre che linguistico e culturale, avendo una certa indipendenza dal territorio.
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Biancavilla e le colonie albansei nel catanese
Biancavilla comune della Città Metropolitana di Catania, 515 m s.m., patrono San Placido 5 ottobre.
Cittadina posta alla sinistra del fiume Simeto, è compresa nel parco regionale dell'Etna.
La fondazione di Biancavilla risale al 1482, quando alcune famiglie albanesi, ottennero il permesso di insediarsi.
Secondo la tradizione, queste famiglie albanesi portavano con loro un’icona della Madonna dal volto bruno, un reliquario d’argento, una reliquia di San Zenone, una croce di legno e una campana. Giunti a “Callicari“, appesero a un fico il prezioso quadro della Madonna. L’indomani, al momento di ripartire alla ricerca di un luogo che li ospitasse, trovarono i rami del fico attorcigliati intorno all’icona, tanto da non poterla staccare. Supposero, pertanto, che la Madonna desiderasse si stabilissero in quel luogo.
Sorse così Biancavilla che nel 1488, ottenne la “licentia populandi”. A seguito di quel privilegio, si svilupparono le prime abitazioni attorno all’attuale Chiesa Madre, mentre l’insediamento prese il nome di “Casale dei Greci”.
Dopo circa un secolo dal loro arrivo, gli albanesi abbandonarono il rito bizantino visto che non vi era più un sacerdote per officiare secondo tale rito, e veniva un “papàs” solo una volta l’anno per celebrare la Pasqua.
Biancavilla fu risparmiata dalla lave dell’Etna nell’eruzione del 1669 ed ebbe pochi danni a seguito del terremoto del 1693. Ciò comportò in pochi decenni un grande impulso demografico per l’affluenza delle popolazioni dei paesi vicini. Fu questo il momento durante il quale la componente albanese di Biancavilla fu definitivamente assorbita da quella locale siciliana; si perse così ogni traccia delle origini albanesi della città.
Bronte e le colonie albansei nel catanese
Brónte comune della Città Metropolitana di Catania, 760 m s.m., patrono San Biagio 3 febbraio
La chiesa matrice della Trinità fu formata nel sec. XVI con l'unione di due chiese contigue; conserva elementi romanici, un piccolo portale ogivale e un crocifisso ligneo del 1505,
la chiesa dell'Annunziata (1535) custodisce pregevoli opere d'arte tra cui un gruppo marmoreo policromo dell'Annunciazione, forse di Antonello Gagini,
la chiesa di San Giovanni (1580) ha un pittoresco, massiccio campanile secentesco.
Il collegio Capizzi (1774) possiede una bella facciata rococò.
Bronte è un comune del Parco dell’Etna e del Parco dei Nebrodi. L’origine del nome è da ricondursi al mito del ciclope Bronte, un gigante con un solo occhio, figlio di Urano e Gea che fabbricava i fulmini per Zeus. Il significato di Bronte è “tuono”
Nel 1799 Ferdinando I delle Due Sicilie insignì l’ammiraglio britannico Horatio Nelson del titolo di Duca di Bronte con una donazione significativa di terreni, fra cui il castello e la chiesa di Santa Maria nei pressi di Maniace.
Il Venerdì Santo si svolge una processione durante la quale grandi statue sacre vengono portate presso tutte le chiese della città.
Riguardo alla piccola colonia albanese, a Bronte è rimasto ben poco dei loro usi e costumi: solo qualche cognome.
la Masseria Lombardo che ospita il Museo dell'antica civilta' locale.
Dopo il Ponte della Ca'ntera, che consente di affacciarsi sulle forre laviche del Simeto, meritano una visita l'antico - e abbandonato - ponte di Serravalle ed il vicino omonimo caseggiato, impreziosito da una cappella con un minuscolo campanile.
Un po' oltre, il Castello di Torremuzza, mentre percorrendo la strada che costeggia il Simeto in direzione sud, si potra' ammirare una possente parete lavica, formatasi a seguito di un'antica eruzione dell'Etna, che presenta, con straordinaria abbondanza, il fenomeno dei basalti colonnari.
San Michele di Ganzaria e le colonie albansei nel catanese
San Michèle di Ganzarìa comune della Città Metropolitana di Catania, 490 m s.m., patrono San Michele 29 settembre
Con alterne vicende si arriva ad Antonio Graviva, nel 1534, stipulò con greco-albanesi Cola Bisurca e Antonio Figlia i Capitoli con i quali affidava loro «tuctu lu feudu di Sanctu Micheli e tucta la Sausetta Soprana».
Alla base dell’accordo vi era, per i greco-albanesi, l’impegno a condurre sul luogo trenta famiglie, mentre il Barone Antonio Gravina avrebbe fatto approntare delle capanne provvisorie, dopo di che avrebbe fatto costruire entro tre anni delle abitazioni definitive per i greco-albanesi, che avrebbero coltivato il feudo in cambio delle case.
Sempre con i Capitoli veniva concessa ai coloni la libertà di potersi muovere liberamente, sino ad abbandonare il paese, senza alcuna penalità.
La chiesa madre di San Michele, di fondazione normanna, ha la facciata rifatta in stile gotico-cistercense, su disegno di G.B. Basile, nel sec. XIX e custodisce all'interno una statua marmorea del santo, della scuola dei Gagini.
Il Barone Antonio Gravina morì nel 1558 e fu sepolto nella cappella annessa al castello baronale in seguito conosciuta come chiesa del Carmine.
Nel 1812, dopo l’abolizione della feudalità, San Michele di Ganzaria venne elevato a Comune. Oggi la comunità greco-albanese si è totalmente integrata con la popolazione locale, mantenendo solo parzialmente la cultura originaria mentre è definitivamente scomparso il rito bizantino.
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