Scopri le Colonie Albanesi a Palermo: Cultura e Tradizioni Uniche
Se stai pensando di visitare Palermo, non puoi perderti le affascinanti colonie albanesi che arricchiscono la città con la loro cultura e tradizioni uniche.
Qui, tra le stradine pittoresche e i colori vivaci, potrai scoprire un mix di storia e modernità, assaporando piatti tipici e partecipando a feste tradizionali che ti faranno sentire come a casa.
Le comunità albanesi, con le loro usanze speciali e la lingua melodiosa, ti accoglieranno a braccia aperte, offrendoti un'esperienza indimenticabile che va ben oltre il semplice turismo.
Le colonie albanesi nella Città metropolitana di Palermo, fu così che in Sicilia sorsero nove colonie albanesi, alcune delle quali nel consorzio Comunale di Palermo, queste comunità vivono in diverse zone tradizionalmente dette Albania di Sicilia o Sicilia albanese, generalmente rifondarono villaggi preesistenti, in altri casi ne edificarono interamente di nuovi ad es. Piana degli Albanesi.
In Sicilia, come nel continente, gli arbëreshë mantennero un loro sistema politico, religioso oltre che linguistico e culturale, avendo una certa indipendenza dal territorio.
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Le colonie albanesi nella Città metropolitana di Palermo
Le colonie albanesi nella Città metropolitana di Palermo, in Sicilia sorsero nove colonie albanesi, cinque delle quali nel consorzoi Comunale di Palermo
Mezzoiuso e le colonie albanesi nel palermitano
Mezzojuso comune della Città Metropolitana di Palermo, 534 m s.m., patrono San Giuseppe 19 marzo e san Nicola di Bari 6 dicembre.
La chiesa madre dell'Annunziata è di origine normanna e di rito latino; quella di San Nicola (sec. XVI), di rito greco, conserva un crocifisso eburneo settecentesco.
Nella chiesa di Santa Maria delle Grazie sono cinque medaglioni (1752) affrescati da Olivio Sozzi e dal figlio Francesco, che rappresentano i dottori della chiesa greci.
Chiesa di San Nicolò di Mira è la principale chiesa di rito greco-bizantino a Mezzojuso.
Disposta a fianco della Matrice Latina si affaccia su Piazza Umberto I insieme al vicino Castello, fu costruita nel 1516 a ridosso di una Torre già esistente, intorno alla fine del ‘500 venne poi abbattuta e ricostruita di dimensioni maggiori secondo le esigenze del rito greco-bizantino.
All’interno si trova l’iconostasi che contiene icone bizantine del XVI secolo, una Theotokos del XIII secolo, un Crocifisso d’avorio su croce d’ebano del XVII secolo, una crocetta athonita di legno e numerose statue lignee.
L'ultima domenica di Carnevale, nella piazza del paese, ha luogo la Festa del Mastro in Campo, una rievocazione storica in forma di pantomima: dopo un grottesco corteo in costume, il Mastro di Campo tenta di conquistare il cuore di una dama con prove di abilità a cavallo e con l'aiuto di alcuni “ingegneri”, che con grandissimi compassi misurano la piazza e suggeriscono la migliore strategia al cavaliere.
Mezzoiuso e le colonie albanesi nel palermitano, l'antico villaggio arabo di Mezzojuso o Manzil Yusuf (villaggio di Giuseppe) nella seconda metà del XV secolo fu ripopolato da profughi albanesi che hanno lasciato segni nei monumenti e nelle opere d'arte, come nelle manifestazioni religiose greco-bizantine e latine e nelle feste popolari. A Mezzojuso, come in altri centri di origine albanese, la testimonianza della fusione tra i due popoli e l'integrazione tra le due culture, sono le due chiese di rito latino e di rito greco che si affiancano sulla piazza principale: la chiesa dell'Annunziata e la chiesa di San Nicolò, al cui interno sono custodite sei tavole tardo bizantine.
Sagra della Castagna a Mezzojuso, ad ottobre. La manifestazione nasce con l’intento di far riscoprire un prodotto profondamente radicato nella comunità di Mezzojuso, le castagne
Piana degli Albanesi, Hora e le colonie albanesi palermitane
Piana degli Albanési comune della Città Metropolitana di Palermo, 720 m s.m., patrono Santa Maria Odigitria 2 settembre
Centro situato sul versante orientale del monte La Pizzuta, in prossimità dell'omonimo lago artificiale. Fu fondato nel 1488, col nome di Hora, da una comunità di albanesi.
È oggi la principale colonia albanese nell'isola.
La chiesa di San Demetrio, di rito greco, è cinquecentesca: ha pianta a croce greca con tre navate absidate divise da archi a pieno centro e presenta l'iconostasi (cioè il divisorio, tipico delle chiese bizantine, che separa i fedeli da chi celebra la funzione); conserva il notevole altare maggiore, la decorazione absidale (opera secentesca di Pietro Novelli) e tre tavole bizantineggianti.
La chiesa dell'Odigitria (sec. XVII), eretta su progetto del Novelli, conserva un Trionfo della Vergine ligneo barocco.
La più antica delle chiese, San Giorgio, ha un monumentale portale con timpano spezzato.
A S dell'abitato è il lago di Piana degli Albanesi.
Piana degli Albanesi, Hora o Piana degli Albanersi, l'originario nome della città, fondata il 30 agosto 1488 fu la prima delle città albanesi in Sicilia, alle falde della Pizzuta, dove sorge la chiesa della Madonna dell'Odigitria, gli albanesi edificarono il primo impianto della città articolato per ospitare circa 1500 abitanti, con un assetto urbano adatto a una popolazione strutturata secondo l'organizzazione sociale greco albanese. Sorsero così i quartieri San Vito, San Giorgio, San Demetrio, e il quartiere detto Piazza Pubblica.
Cattedrale di San Demetrio - Rito Greco a Piana degli Albanesi
Intitolata a San Demetrio Megalomartire, è stata edificata nel 1498, poi rimaneggiata, e affrescata da Pietro Novelli nella prima metà del XVII secolo, come si ammira in particolar modo all’abside mediana. La pianta è a croce greca, con tre navate e con absidi chiuse da iconostasi. Sulla volta, il Padre Eterno benedicente tra arcangeli e cherubini; sotto, gli Apostoli, il Cristo Risorto e i Quattro Padri della Chiesa Greca. Insieme con la bella icona cinquecentesca della Vergine con il Bambino, realizzata con la tecnica della tempera ad uovo tipica della scuola senese, si ammirano il bellissimo gruppo in legno policromo ottocentesco raffigurante S. Demetrio di Tessalonica e S. Nestore, di Girolamo Bagnasco e bottega; la Madonna di Trapani, in marmo alabastrino, realizzata da scuola tosco-lombarda tra il XV e il XVI secolo; a destra, alla fine della navata, la statua di Santo Spiridione, realizzata da Nicolò Bagnasco come quella di San Giuseppe all’altare di destra. Nella facciata, i due mosaici di scuola monrealese (1960).
Chiesa di San Giorgio Megalomartire a Piana degli Albanesi
È la più antica di Piana degli Albanesi (originaria del 1495). La volta è interamente affrescata dal Crestadoro (1759) che dipinge San Giorgio in Gloria, mentre all’inizio della parete di destra troviamo un bel mosaico del Battista realizzato nel 1984. Sempre a destra, sopra la porta laterale, ecco il San Filippo Neri dipinto da Giuseppe Patania. All’abside occidentale c’è dipinto con la tecnica del falso mosaico il Cristo Pantocratore. A sinistra, la nicchia con la statua in legno di San Giorgio che trafigge il drago di Nicolò Bagnasco, opera tra le più riprodotte nella cesellatura dei brezi, le fibbie degli abiti tradizionali femminili. In fondo, l’affresco che raffigura Sant’Antonio Abate, da molti attribuito ai Novelli, padre e figlio.
Chiesa di San Nicola a Piana degli Albanesi
Edificata alla fine del XVI secolo, nell’ambone di sinistra vi si custodiscono icone del Seicento e del Settecento provenienti dalla palermitana Chiesa di San Nicola. Ad una navata, si mette in luce anche per le icone settecentesche realizzate da Ioannichios (ai tre registri dell’iconostasi), monaco dell’abbazia di Mezzojuso, il più famoso artista di icone dell’Italia meridionale secentesca. A lui si deve la cosiddetta “scuola siculo-cretese”, riconoscibile per la lavorazione del fondo in argento a mecca. Iniziando da destra, ecco le icone riproducenti San Giuseppe di Manusakis (opera del 1973), San Partenio, Sant’Atanasio, Sant’Eleuterio e Santa Barbara. A sinistra, Santa Caterina, San Giovanni Crisostomo e Sant’Antonio. La chiesa custodisce anche un bel tabernacolo ligneo del XVIII secolo e una statua in legno dorato raffigurante l’Immacolata (XVII secolo).
Chiesa della Madonna dell'Odigitria a Piana degli Albanesi
Costruita nel XVIII secolo, è l’unica testimonianza dell’opera di Pietro Novelli come architetto: le tre navate sono suddivise da quattro colonne che sorreggono la grande cupola ottagonale che, contrariamente a quanto succede nelle chiese barocche, risulta più vicina all’ingesso che all’altare maggiore. Qui si ammira, incassato in una statua secentesca, il quadro della Vergine Odigitria che la tradizione dice essere stato portato fin qui dai primi coloni albanesi. Alle navate laterali si susseguono quattro altari barocchi a marmi policromi e, tra i dipinti, quello raffigurante l’Arcangelo Michele (1700) e una crocifissione in legno ritagliato e dipinto.
Memoriale di Portella delle Ginestre
Il Memoriale di Portella delle Ginestre è una originale sistemazione naturale-monumentale del luogo, situato ad appena tre chilometri da Piana degli Albanesi in direzione di S. Giuseppe Jato. La sistemazione monumentale di Portella della Ginestra è un'opera di land art , dove vi furono i caduti del primo maggio 1947, si innalzano grandi massi, alti da 2 a 6 metri, cavati sul posto della pietraia, che sembrano magicamente collegati come i preistorici menhir. Uno di essi è il masso di Nicola Barbato, altri figurano sinteticamente corpi, facce e forme di animali caduti. In altri due sono rispettivamente incisi i nomi dei caduti e una poesia del poeta siciliano Ignazio Buttitta.
Il Carnevale di Piana degli Albanesi, il Kalivari ju mjuath, si svolge secondo un'antica tradizione popolare che, sin dai tempi antichi dissacra i valori classici della Sicilia patriarcale, e rende la donna la protagonista di questa festa. La donna, rigorosamente vestita in maschera e con il viso coperto, ha la facoltà di scegliere, deridere ed invita al ballo gli uomini in attesa di essere prescelti.
Santa Cristina Gela e le colonie albanesi nel palermitano
Santa Cristina Gèla comune della Città Metropolitana di Palermo, 674 m s.m., patrono Santa Cristina 29 luglio.
Santa Cristina Gela, fu fondata nel 1691 da 82 contadini abitanti di Piana degli Albanesi che, dovendo percorrere ogni giorno oltre dieci chilometri per raggiungere le terre, ottennero la concessione di stabilirsi nel feudo di Santa Cristina.
L'attuale chiesa Madre intitolata a Santa Cristina, fu eretta nel XVIII secolo in sostituzione di quella campestre esistente, divenuta ormai insufficiente, e venne chiamata la "Maggiore" per distinguerla dalla prima.
Costeggiando il Lago di Piana si giunge dunque a Santa Cristina Gela (674 m), la più piccola e l'ultima in ordine cronologico delle colonie albanesi siciliane, fondata nel 1691 dagli abitanti di Piana degli Albanesi.
Soltanto tre chilometri separano infatti Santa Cristina da Piana degli Albanesi (720 m), la prima delle colonie albanesi dell'isola. Sulla piazza Vittorio Emanuele sorge la chiesa di Santa Maria Odigitria, eretta nel 1644 su progetto di P. Novelli, e la seicentesca fontana dei Tre Cannoli. Nei pressi si trova la chiesa di San Giorgio del 1495, la più antica del paese. Del 1590 è invece la chiesa Madre di rito greco dedicata a San Demetrio. Poco a monte dall'abitato, sul luogo dove si accamparono gli albanesi appena giunti, sorge la chiesa rurale di Santa Maria Odigitria edificata nel 1488.
Da lì, percorrendo una strada sterrata è possibile addentrarsi nella Riserva Naturale Orientata delle Serre della Pizzuta, vasta area di grande interesse paesaggistico e naturalistico, caratterizzata da due grandi cavità, la grotta dello Zubbione e la grotta del Garrone. All'interno della Riserva si trovano le Neviere, strutture in pietra con mura circolari dove fino agli inizi del secolo scorso veniva conservata la neve per "fabbricare" il ghiaccio durante la stagione estiva. Della Riserva fa parte anche Portella delle Ginestre, dove ebbe luogo la strage dell' 1 maggio 1947 perpetrata dal bandito Giuliano.
Ci si può dunque dirigere verso Palermo dalla SS624 Palermo Sciacca o tornare sulla SS121 per continuare con l'itinerario successivo verso le altre colonie albanesi della provincia di Palermo: Palazzo Adriano e Contessa Entellina.
Palazzo Adriano, itinerarium Rosaliae
Palazzo Adriano comune della Città Metropolitana di Palermo, 696 m s.m., patrono San Nicola di Bari 6 dicembre
Palazzo Adriano è il centro è caratterizzato dalla Piazza Umberto I sulla quale, come a Piana degli Albanesi e a Mezzojuso, si fronteggiano la chiesa di rito greco-albanese e la chiesa di rito latino.
La piazza, palcoscenico dei tradizionali riti pasquali, è stata nel 1988 set del film di Giuseppe Tornatore "Nuovo cinema Paradiso", le cui foto sono esposte in una mostra permanente presso il museo civico.
Chiesa di Santa Maria Assunta a Palazzo Adriano
Costruita alla fine del XV secolo e ampliata nel XVIII, custodisce al suo interno un’icona con l’Assunta del 1766 di Carlo Marsigli. Il tempio, noto agli studiosi di storia arbëreshë per la presenza al suo interno delle prime lapidi in lingua originaria, custodisce alcune opere d’arte inserite nel Museo Diffuso di arti figurative nell’Alto Belice Corleonese che sono il Sant’Antonio Abate in legno policromo del Cinquecento, l’Immacolata, anch’essa in legno policromo, e il bel fercolo del Santissimo Crocifisso in legno intagliato e dorato, opera del 1639 di Benedetto Marabitti. L’esterno è caratterizzato da una scalinata laterale costruita al tempo del re Ferdinando IV: serviva a permettergli l’accesso in chiesa scendendo da cavallo il più vicino possibile all’ingresso.
Chiesa di S. Maria del Lume, di rito latino, costruita sull'antica chiesa di San Sebastiano su progetto dell'architetto Ferrigno; gli altari sono adorni di preziose pitture di grande valore artistico della scuola di Pietro Novelli.
La chiesa della Madonna del Carmelo con l'interno ad unica navata e l'esterno adornato da un maestoso portale con colonne dai capitelli corinzi. Il nucleo più antico è sul colle S. Nicola dove si trovano i ruderi dell'antico Castello del secolo XIV . Nei primi decenni del XIX secolo il castello fu adibito a residenza reale durante i rapporti che Ferdinando IV intrattenne coi palazzesi. Gli ultimi ad utilizzare la struttura furono i Borboni. Il castello è sede del Museo Civico Real Casina, con una sezione dedicata alla cultura Arbereshe.
Sagra della CUCCIA-GRURE" devozione e tradizione il 1° di agosto, ricordando le antiche origini albanesi a Palazzo Adriano (Palermo) comunità di origine Arberëshe della Sicilia. Museo Real Casina, Mostra di Parati, Oggetti, sacri e Ricami in Oro della tradizione Arberësh.
Nella notte precedente la 1° domenica di agosto si suole salire sulla Montagna delle Rose (m. 1454 s.l.m.) e all’alba, volti ad oriente si suole cantare il nostalgico canto albanese “O e Bakura Moré” che ricorda l’antica patria d’origine: l’Albania. La sera nella Piazza Umberto I, viene distribuita la “Cuccia” alimento a base di fave, ceci, grano tutto condito con vino cotto, come giorno d’inizio della quaresima orientale della festa della Madonna Assunta e come ricordo dell’arrivo degli Albanesi a Palazzo Adriano. Degustazione di prodotti locali.
Contessa Entellina e le colonie albanesi nel palermitano
Contéssa Entellina comune della Città metropolitana di Palermo, 571 m s.m., patrono Santa Maria della Favara 8 settembre
Contessa Entellina fu fondata nel 1450 quando i primi immigrati greco albanesi si insediarono nel casale Contessa, concesso loro dai Conti di Caltabellotta.
Il centro è ancora oggi caratterizzato da numerose chiese di rito greco, tra queste la chiesa di Maria SS. Immacolata e San Rocco e la chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. Fra quelle di rito latino è di grande interesse la chiesa di Santa Maria delle Grazie delle Favare. Anche a Contessa permane l'uso della lingua albanese.
Abbazia di Santa Maria del Bosco a Contessa Entellina
A causa del terremoto del 1968, della chiesa barocca restano solo il maestoso bel prospetto con l’elegante rosone e il campanile.
L’ex monastero è diviso da due chiostri in stile classico. Nel primo, a pianta quadrata, si contano 36 colonne con capitelli dorici che fronteggiano archi e nicchie. Al centro, una fontana a base ottagonale, del Seicento.
Il secondo chiostro ha pianta rettangolare e semplici colonne che sorreggono archi a tutto sesto. Anche qui, al centro dello spazio aperto, si trova una fontana del 1713. Da questo secondo chiostro si accede al refettorio che è impreziosito dall’affresco del Settecento che raffigura il miracolo della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci.
Bellissime le scalinate che conducono ai piani superiori, dove si trovavano le camere dei frati, la cappella privata dell’abate, la foresteria e l’antica libreria.
ANTIQUARIUM
Corleone e le colonie albanesi nel palermitano
Corleóne comune della Città metropolitana di Palermo, 542 m s.m., patrono San Leoluca 1° marzo
Corleone è immerso in uno scenario naturalistico di grande interesse, ed è infatti circondato dall'altopiano della Montagna Vecchia, dalle Gole del Drago lungo il fiume Frattina, e dalla Cascata delle due Rocche, formata dalle acque del fiume Corleone ai piedi del Castello Soprano caratterizzato dalla torre Saracena.
Chiesa Madre di San Martio Vescovo
Dedicata a San Martino, risale -come prima edificazione- al 1382, ma è stata certamente costruita su una chiesa preesistente, ampliata nel XV secolo, con il completamento della cupola nel 1663 e decorata nel Settecento, anche se gli affreschi della navata centrale e gli stucchi del coro e del transetto sono stati eseguiti tra il 1840 e il 1913. L’interno è a tre navate e qui si ammirano, nella prima cappella a destra, la secentesca statua lignea di San Sebastiano, nella seconda il San Filippo d’Agira, cinquecentesco, in legno dorato, nella terza il bel gruppo scultoreo monumentale in legno intagliato e dorato della Madonna dell’Itria, opera attribuita al Ferraro e al Buttafuoco tra il 1599 e il 1600; nella quarta, la Madonna del Rosario e santi e i 15 Misteri, opera del XVI secolo. Agli altari del transetto si ammira la tela di Fra’ Felice da Sambuca raffigurante S. Leoluca – a sinistra - e S. Bernardo – a destra - del XVIII secolo, oltre alla statua in marmo della Madonna del Soccorso di chiara ispirazione gaginesca. Nella prima cappella a sinistra si ammira la formella in marmo del XVI secolo raffigurante il Battesimo di Gesù e una tavola attribuita a Tommaso de Vigilia (attivo dal 1480 al 1497) con la “Adorazione dei Pastori”. Nella seconda cappella a sinistra, la statua cinquecentesca in legno dorato di San Biagio, mentre sulla parete c’è il quadro di “Santa Rosalia in grotta” attribuito a Pietro Novelli o alla sua scuola. Ancora, le tele “San Giovanni Evangelista scrive l’Apocalisse” di Girolamo Rizzardi (1600), e “San Domenico in Soriano”, firmata da Girolamo Paladino nel 1624. La sacrestia ospita una piccola pinacoteca che consta di nove tele a tema religioso. Sono opere datate tra il Cinquecento e il Settecento, alcune delle quali provenienti da altre chiese, come la “Sacra Famiglia con i santi Elisabetta, Zaccaria e Giovannino” (Girolamo Paladino, XVI secolo) già nella Chiesa della Madonna delle Grazie; la “Adorazione dei Magi” e “La Presentazione di Gesù al Tempio” (ignoti, XVII secolo) dalla Chiesa di San Pietro; o come “L’Orazione nell’orto - Negazione di San Pietro”, opera settecentesca di ignoto proveniente dal SS. Salvatore.
Chiesa di Santa Rosalia a Corleone
Di origine settecentesca, custodisce la bellissima tela del Velasquez, “Visione di San Giovanni Evangelista nell’isola di Patmos” (olio su tela della seconda metà del XVIII secolo, cm 320x230, ubicazione originaria), la “Adorazione dei pastori” di Vito D’Anna (1758) e la “Natività con la Madonna, San Giuseppe e Santi”, olio su tela cm. 320x230 attribuita allo stesso, ubicazione originaria, la tela di ignoto “Madonna col Bambino, Sant’Anna e il beato Bernardo da Corleone intercedono per le anime del Purgatorio”, datata tra il XVII e il XVIII secolo, olio su tela cm. 300 x 100, qui nella sua ubicazione originaria; la “Maria Maddalena” attribuita a Gioacchino Martorana (olio su tela di forma ovale della seconda metà del XVIII secolo, sempre nella sua ubicazione originaria), e le due tele del 1798 di Isidoro Gallo raffiguranti “San Leoluca” e “San Gregorio”, entrambe cm. 190 x 120, entrambe nella sede originaria. Ancora un olio su tela, di ignoto ottocentesco, raffigura la “Madonna della Catena”. Notevole anche la tela “Morte di San Benedetto” di Pietro Novelli. Il tempio custodisce il Crocifisso della Catena, forse risalente al XIII secolo, oggetto di culto molto amato dai corleonesi.
Museo civico comprensoriale Pippo Rizzo a Corleone
Il Museo Civico di Corleone, ubicato nel centro storico del paese. L’edificio, risalente alla meta del XIX secolo, presenta le caratteristiche architettoniche dell’edilizia alto borghese tipica di quell’epoca; gli ambienti interni presentano tutti una copertura a volta a cuscino, i decori sono realizzati con stucchi e dipinti e la pavimentazione è in maiolica.
Il museo è intitolato al pittore futurista corleonese Pippo Rizzo (1897 – 1964) che ottenne il suo primo grande successo nel 1926, alla Biennale di Venezia, con il quadro intitolato “I Lampi”. Diplomatosi all’accademia di Salerno aderì al Futurismo. In seguito si orientò verso un corposo realismo sui soggetti popolareschi siciliani. I suoi lavori sono apparsi alle Biennali Veneziane: nel 1926, Lampi e Futurismo e Fascismo; nel 1927 è presente alla Promotrice di Torino; nel 1928, Foot-ball; nel 1930, Anno VIII; Lavoro dei campi; La battitura del grano; Verso sera; Campagna; Donna con chitarra; Figura alla finestra; Autoritratto. Nel 1927 Fututrismo e Fascismo fu riesposto alla Quadriennale torinese.
Le otto sale del museo ospitano reperti di varia tipologia. Sono esposti anche alcuni cimeli garibaldini.
Via Orfanotrofio, 4 - tel/fax 091 8463918
Museo demo entno antropologico a Corleone
Nei pressi del prezioso Oratorio di Sant’Agostino, la parrocchia di San Leoluca, ha realizzato un museo demo-etno-antropologico, la cui parte centrale è costituita da due stanze arredate come era in uso fino alla prima metà del Novecento. Le stanze sono, ovviamente, le più importanti per una famiglia di contadini, ovvero la cucina e la camera da letto. Sono esposti anche numerosi utensili ed oggetti di lavoro utilizzati dai contadini nella vita quotidiana.
Parrocchia di San Leoluca – piazza Asilo - tel. 091 8461850
Palazzo Reale di Ficuzza
Il palazzo domina il piccolo Borgo di Ficuzza, che si è formato con la sua costruzione.
Fu edificato nel 1803 per volere di Ferdinando IV di Borbone che, innamoratosi del bosco di Ficuzza, eletto sua personale riserva di caccia, chiamò all’opera l’architetto palermitano Venanzio Marvuglia (1724-1814). Questi progettò un palazzo sobrio ed elegante, nello stile classico del barocco di alcune residenze di campagna inglesi dello stesso periodo.
L’edificio, sovrastato dallo stemma dei Borboni, somiglia molto alla reggia di Caserta, ma al posto del bellissimo giardino campano, vanta alle sue spalle la grandiosa scenografia delle pareti calcaree della Rocca Busambra, con ai piedi il bosco di una delle riserve naturali più importanti dell’Isola. Il Palazzo, chiamato “Casina di caccia”, è stato restaurato di recente, restituendo alla sua bellezza il progetto architettonico del Marvuglia. Nell’edificio si trovano camere, saloni di rappresentanza, cappella privata, cantina, oltre a stalle e magazzini “d’ordinanza”. Nel 1820, alcuni detenuti fuggiti dalle carceri borboniche in occasione di una rivolta a Palermo, trovarono rifugio nel palazzo reale. Il bestiame della riserva reale fu ucciso e tutto quello che era trasportabile, mobili, arazzi, quadri, fu trafugato. Così, nel 1831 il palazzo reale è già poco più che una masseria.
La Casina di caccia, proprietà dell’Azienda Regionale Foreste Demaniali, oggi è adibita a centro visitatori della Riserva Naturale di Ficuzza.
Cefalà Diana e le colonie albanesi nel palermitano
Cefalà Diana comune della Città Metropolitana di Palermo, 563 m s.m., patrono San Francesco di Paola 17-18 agosto.
Cefalà Diana il centro di Cefalà Diana edificato nel '700 su un declivio a ridosso del castello trecentesco di cui rimangono i muraglioni e l'alta torre quadrangolare merlata.
Dal Castello si gode un magnifico panorama che spazia su tutta la valle dell’Eleuterio, fin verso Vicari e il suo castello, incluso il baglio cinquecentesco che ospita i Bagni Termali di Cefalà Diana.
Una via secondaria scende dal Castello all'impianto termale arabo noto come Bagni di Cefalà.
Le due strutture insieme al sito di monte Chiarastella oggi sono parte della Riserva Naturale Orientata Bagni di Cefalà Diana e Chiarastella.
I Bagni, raggiungibili in auto percorrendo la SS55-bis nel tratto che collega Cefalà a Bolognetta, a poco più di un chilometro dal paese, si trovano all'interno di un gruppo di edifici rurali a ridosso della strada.
L'edificio, a pianta rettangolare, è costituito da una grande sala, coperta da una volte a botte, nel cui pavimento si trovano tre vasche. Questa parte è separata dal fondo della sala, da una triplice arcata dietro cui si trova una vasca più piccola dove si raccoglievano le acque che sgorgavano dal terreno e venivano poi convogliate in vasche grandi.
unico nel suo genere in Sicilia. Il baglio che lo circonda, recentemente restaurato, è datato 1570. L’edificio delle terme ha pianta rettangolare ed è costituito da un ampio vano, sorretto da tre archi a sesto acuto, che ospita tre vasche. Il soffitto è a botta, ricco di sfiatatoi circolari usati per disperdere il calore. L’acqua sulfurea, ottima per dare sollievo dai dolori reumatici, sgorgava direttamente dal terreno e veniva raccolta in una vasca piccola e solo allora convogliata nelle vasche per le abluzioni.
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