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Le vie del medioevo in Sicilia - Itinerari in Sicilia, vuoi visitarla ma non sai da dove iniziare?

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Scopri le Vie del Medioevo in Sicilia


Considerato il periodo più buio , della nostra storia, il Medio Evo, al contrario, fu e l’epoca in cui mise le radici il Rinascimento, epoca in cui iniziarono a germogliare nuove leggi .  
Soprattutto tra il IX e il X secolo, infatti, grazie  all’influenza culturale degli Arabi, qui in Sicilia  viveva in “un crogiolo, se non proprio di religioni (che non si fusero affatto, ma c’era molta tolleranza tra ebrei, arabi e cristiani) di arte, di cultura, di lingue, di civiltà”.
Anni splendidi da un punto di vista culturale, tormentati da un punto di vista politico. E con i castelli, di conseguenza, giunsero le corti e attorno alle semplici case dei contadini, dei pastori e degli artigiani,  ecco sorgere i palazzi dei nobili e dei signori.
Anche qui, la vita di corte rappresentò un gran balzo in avanti per le scienze, le arti e la cultura l’arrivo del feudo distrusse l’architettura economico-contadina importata dagli Arabi che aveva reso la Sicilia fulcro del mondo conosciuto.
Appuntamenti eroici che non hanno certo messo in ombra quelli con la fede e con la parte più intima della storia del luogo, quella che ha narrato nelle strade di Castelbuono l’origine del culto per Sant’Anna con la bella rappresentazione storica offerta dai tanti attori, figuranti e, ancora una volta, dal plotone d’onore dell’Ordine dei Cavalieri della Stella. Un Ordine la cui congregazione fu fondata nel XV secolo in quel di Messina per difendere la città dai pirati ma ben presto si trasformò in un ordine cavalleresco vero e proprio, tanto Giuseppe La Farina riporta che “quando alcuno de’ cavalieri o per morte o per cancellazione venia a mancare, chi appartenea a nobile parentado, ed, avendo venti anni, tenea cavalli ed armi, ed atto si trova va agli esercizi di buona cavalleria, potea a voti essere ammesso a far parte della congrega, pagando in pria la somma di onze trenta, con le quali si acquistava una rendita in nome della corporazione”.
Ben regolamentata era anche la vita di questi nobili cavalieri siciliani (“si eserciteranno i nostri cavalieri sul cavalcare, giostrare, torneare così a piè come a cavallo, e in giocare bene d’ogni sorta d’armi”), tanto per la vita pubblica che per quella privata (“quando alcun cavaliero de’ nostri prendesse moglie e volesse celebrare nozze pubbliche, essendo richiesto il principe dee intervenire e vi andrà in forma di congregazione, con quel numero di cavalieri, che a lui parerà per favorire lo cavaliere sposo. Così anco nella infermità o carcere de’ cavalieri sia pensiero suo di mandarlo a visitare”). Un ordine di splendenti cavalieri in armatura che resterà attivo sino alla fine del XVII secolo quando, per ordine del vicerè spagnolo, sarà costretto a sciogliersi per sempre…
In questa sezione è possibile inserire le fotografie del proprio tour

Caltabellotta, AG le vie del medioevo


Caltabellotta, una scalinata conduce dal belvedere all’eremo di San Pellegrino, da lassù l’occhio si perde in un panorama sconfinato, senza pari.
Forse edificata sui resti della leggendaria Camico del re Cocalo, Caltabellotta, l’antica Triocala romana e la Kalat al-Bellut degli Arabi, ha più di una meraviglia medievale da offrire. Ad esempio l’antico quartiere Terra Vecchia, in perfetto stile arabo, e ciò che resta dell’imponente castello normanno in cui trovarono rifugio la regina Sibilla e il figlio Guglielmo III, edificio in cui si tennero, nel 1271, le feste per il conte di Fiandra, Guy de Dampierre, reduce crociato. Una scalinata conduce dal belvedere all’eremo di San Pellegrino, di fondazione normanna ma ampliato nel Settecento. È ancora possibile visitare la grotta che forse fu dimora del santo. Imperdibile la Chiesa Madre, costruita per volere di Ruggero il normanno nel 1090 come ringraziamento a San Giorgio per avergli fatto vincere una dura battaglia contro i Saraceni. Particolare l’ubicazione del tempio, marginale rispetto al paese, quasi a conferma della leggenda che vuole l’edificio sorto proprio sul campo di battaglia. Ancora, la Chiesa del San Salvatore, di fondazione normanna, ma più volte rimaneggiata, e la Chiesa di Sant’Agostino con il suo bell’impianto trecentesco.

Grotte, AG le vie del medioevo


Potrebbe trattarsi della misteriosa Erbesso, la città sicula colonizzata dai Greci scomprasa totalmente dalla storia all’indomani della partenza dei Romani dopo aver risolto il problema con Agrigento nel III secolo a.C. Il paese torna - per così dire - a vivere in età bizantina quando, tra il VII e l’VIII secolo d.C., in questa zona si adibirono a posti di difesa le buche scavate nella Petra, una grande roccia in territorio di Comitini. E proprio per cercare riparo dalle incursioni nemiche, gli abitanti del luogo cercavano rifugio nelle tante grotte della zona, da cui il nome della nostra cittadina. Del suo periodo pre-normanno non resta molto perché saccheggiata ferocemente dagli Arabi diretti ad Enna nell’840 e, nell’868, da quelli diretti ad Agrigento. Delle tante battaglie che qui si sono combattute resta, oltre ai pochi ruderi della chiesetta di San Nicola, la cosiddetta Torre del Palo, la torre di guardia con tanto di merli in vetta a ricordo di quel fortilizio oggetto della concessione, datata 1471, con cui Giovanna d’Aragona autorizzava il Barone Montapero a costruire “... una turri seu fortiliziu cum soi barbacani, baglu et merguli per tutela et defentioni di li persuni coversanti in dictu fegu”.

Mussomeli, CL le vie del medioevo


Un paese in stile gotico-chiaramontano
Un castello come un “Nido d’aquila” posto a difesa di uno degli esempi più belli di urbanistica medievale
In Sicilia Mussomeli fa rima con “Nido d’aquila”. E se non ci credete, provate a dare uno sguardo al superbo, omonimo, castello che dalla seconda metà del Trecento svetta sopra il paesino. Si tratta di uno dei manieri più belli di tutta l’Isola, in stile gotico-chiaramontano, che conserva praticamente intatte tutte le sue forme così come vennero consolidate nel Quattrocento. Dietro ad una facciata ricca di decorazioni, alle spalle delle finestre gotiche, ecco le sale degli archi e delle volte a crociera, la sala dei Baroni e la cappella e la cosiddetta Cammara di li tri donni, la “camera delle tre donne” che sembra ricordare le presenze femminili del castello. Leggenda vuole che nei sotterranei venissero conservati inenarrabili tesori e vi accadessero misteriorissimi fatti. Dai suoi 780 metri circa d’altezza, il Nido d’aquila sorveglia il paese che, ad un paio di chilometri, al 3 Settembre mantiene il suo disegno urbanistico medievale soprattutto nella sua parte più alta, quella che circonda la trecentesca Chiesa Madre, voluta proprio dallo stesso Manfredi che fondò il paese e fece edificare il castello, dedicata a San Ludovico. In origine il santo ricordato con questo tempio fu San Giorgio, protettore dei Chiaramonte, ma con il declino del potentato, mutarono anche le fortune del santo…

Paternò, CT le vie del medioevo


Detta “città delle Regine” per aver ospitato all’interno delle proprie mura medievali nobili dame come Eleonora d’Aragona e Bianca di Navarra, Paternò ha conosciuto, proprio con l’avvento dei conquistatori nordici, un periodo di floridezza che, per fortuna, non ha conosciuto né dietro front, né pause.
Certamente sfavillante è la sua parte medievale, con la chiesa e il convento di San Francesco, quest’ultimo forse palazzo regio duecentesco dato in dono ai francescani nel 1346 da Eleonora d’Aragona, la stessa regina che donò all’ordine l’attigua chiesetta allora dedicata a San Gregorio (1086); con la Basilica di Santa Maria dell’Alto, che del periodo della sua fondazione conserva parte della facciata
in stile romanico; e con la chiesa di Santa Maria di Josaphat edificata per volere della contessa Adelasia nel 1072 come testimoniato dalla lapide al suo interno che recita in latino “Nell’anno del Signore 1072 Adelizia, moglie del Conte Ruggero, fece edificare questo tempio sotto il titolo di S.Maria de Valle Josaphat, nella quale fu sepolta dagli Apostoli e assunta in Cielo dagli Angeli”.
Ovviamente, il gioiello più prezioso resta il Castello. Edificato nel 1072 da Ruggero d’Altavilla, è ancora interamente visitabile perché in perfette condizioni.

Randazzo, CT le vie del medioevo


I suoi archi gotici sfidano da secoli la furia dell’Etna, vulcano all’ombra del quale è costruita Randazzo.
Una vera perla sulle pendici del possente Etna, le cui lave costituiscono molta parte del materiale edilizio che la compone. Ad iniziare, immancabilmente, dal castello, oggi Museo Archeologico “Vaglianisindi”, al cui interno, oltre ad ammirare la bellezza dei reperti storici, si può quasi toccare con la mano il volto nascosto di un tempo in cui, accanto all’arte e alla cultura, fioriva l’uso delle segrete, delle stanze di tortura e di condannati giustiziati. Ma se il castello ampliato da Federico II di Svevia reca in sé gli orrori delle guerre, la Chiesa di Santa Maria ci soffia il tiepido vento della fede, raccontandoci di come l’affresco bizantino della Madonna del Pilieri sia stato protetto dalle ire degli Arabi lasciandolo all’interno di una grotta insieme con un lumino, ritrovato acceso in tempi normanni, un miracolo ricordato con la costruzione della basilica che dell’impianto antico conserva, tra l’altro, i due bellissimi portali quattrocenteschi. Oltre le varie porte e ciò che resta delle mura, non bisogna perdere la Chiesa di San Nicolò, duecentesca come la Chiesa di San Martino di cui si ammira inalterato il campanile, la facciata del palazzo reale e la suggestiva Via degli Archi.

Sperlinga, EN le vie del medioevo


le origini del castello non sono documentate; la prima attestazione indiretta della sua probabile esistenza è del 1133.
XIII (1282) - allo scoppio dei Vespri vi fu assediata la guarnigione angioina;
ultimo fortilizio a cedere le sue armi, ricorda ancora la sua decennale resistenza agli attacchi degli Angioini con la scritta Quod Siculis placuit, sola Sperlinga negavit (ciò che piacque ai Siciliani, solo Sperlinga lo negò).

Descrizione
Il complesso architettonico ha perso la sua integrità nel 1914 quando fu demolita la maggior parte delle fabbriche.
. La chiesa è stata ricostruita nel 1995. Il castello non presenta planimetria unitaria né regolare. I molti corpi di fabbrica che lo costituiscono sono distribuiti su diverse quote.
Presenta pianta oblunga di circa 200 m di lunghezza per 15 di larghezza;

In cima alla rupe, alta circa 70 m dal calpestio di piazza Castello, le dimensioni del corpo superiore risultano alquanto ridotte.
L’assetto strutturale, formato da opere murarie e ambienti rupestri evidenzia particolari e ricercate soluzioni architettoniche e costruttive capaci di sfruttare le preesistenti strutture rupestri e di farle coesistere con le opere murarie realizzate. Il corpo principale
costruito direttamente sulla roccia come tutte le altre fabbriche, ha pianta rettangolare; in basso si trova un vestibolo con corridoi d’accesso e in prima elevazione le “stanze baronali”. Esternamente il corpo d’ingresso è caratterizzato da un lungo muro, in alcune parti munito di contrafforti e forato da una serie di aperture di epoche diverse poste nel secondo ordine. Sul prospetto principale che guarda la sottostante piazza è collocata la bifora citata di epoca trecentesca, due finestre e il portale di un balcone con stipiti e mensole in pietra riferibili agli interventi di ristrutturazione seicentesca.
La parte ovest del castello ricorda la prua di una nave. Sul piano di calpestio roccioso si trova, nella parte posteriore, la chiesa formata da tre vani in successione secondo l’asse ovest-est. In origine l’asse doveva essere quello nord-sud; è presente infatti un altare con nicchia circolare posto di fronte l’ingresso attuale. Per la grande eterogeneità delle strutture e per la loro irregolare distribuzione spaziale, si descriverà di seguito partitamene ciascun elemento costitutivo.
Corpo ingresso e stanze “baronali”.
Attualmente l’ingresso al castello è caratterizzato da una rampa gradonata realizzata negli anni ‘70 con pietrame locale calcareosiliceo.
Si accede tramite una passerella in calcestruzzo che ha sostituito il ponte levatoio dell’edificio medievale di cui sul prospetto sono visibili le mensole di sostegno e le lunghe feritoie dove scorrevano gli argani.
Oltrepassato il portale ogivale, vi è un primo vano con volta in pietra ricostruita recentemente (2000); segue un secondo vano coperto anch’esso da una volta di mattoni di cotto; la pavimentazione è ricavata direttamente sulla roccia.
Sul corpo dell’ingresso sono presenti due sale prive di copertura e di uno dei muri perimetrali. La sala più ampia è dotata di tre aperture poste sulla facciata sud, risalenti ai lavori di ristrutturazione del sec. XVII. La sala minore è decorata dalla bifora trecentesca posta sulla facciata che guarda il borgo.
Ambienti rupestri dell’ala est.
Alla stessa quota delle stanze ora descritte, scavate nella roccia, si estende per circa 100 m verso est un ambiente ipogeo con copertura piana; costituiva la cavallerizza del castello. Seguono le prigioni e infine due vani di servizio, un tempo abitazioni. Alcuni piloni di roccia che sostenevano la volta dell’ipogeo sono stati demoliti intorno agli anni ‘50 e in seguito sostituiti con pilastrani in blocchi di pietra intonacati. Nella parte mediana dell’ambiente si apre un corridoio che conduce all’esterno tramite la “porta falsa”.
Accanto al luogo ove erano le celle della prigione si nota, ricavata nel masso, una cappa di aspirazione tronco-conica funzionale ad un focolaio.
Cisterne.
Le cisterne scavate nella roccia sono localizzate all’interno di una stanza che si affaccia sul cortile del castello. La raccolta delle acque meteoriche avveniva attraverso una serie di canalette di convogliamento.
Chiesa e ambienti adiacenti.
La chiesa posta sul lato ovest è stata interamente ricostruita sui suoi ruderi. Presenta una successione di 3 vani disposti secondo l’asse est-ovest; si notano tracce della pavimentazione seicentesca in formelle di terracotta smaltata dismessa in occasione della recente ricostruzione (1995). A fianco della cappella, sul lato ovest, sono collocati altri due ambienti, anch’essi ricostruiti: il primo presenta un accenno di scala ricavata all’interno del muro perimetrale, il secondo presenta due forni in pietra e terracotta e una serie di “fornelli”.
Sale ovest e ambienti ipogei.
Nell’ala ovest abbiamo ancora una serie di ambienti ipogeici comunicanti tra di loro, posti al di sotto del piano di calpestio. Nello spazio antistante la chiesa, sul piano di calpestio si notano dei fori, circolari alcuni, ellittici altri, protetti da ringhiere di ferro che corrispondono ciascuno ad un vano rupestre posto in basso.
La parte più occidentale del castello è occupata da una serie di quattro sale con pavimento e parte dei muri perimetrali ricavati nella roccia, il resto edificato. Il primo ambiente, il più grande, presenta due fori che corrispondono ad altrettanti ambienti sottostanti scavati, presumibilmente, in epoche remote. Dalla seconda stanza si accede alla superiore terrazza tramite una scala in ferro.

Gli storici la ricordano come l’ultima tra le città siciliane a resistere ai Vespri Siciliani contro la dominazione degli Angioini; i visitatori non la dimenticano per via di quel suo straordinario, misterioso, affascinante castello, le cui prime notizie si hanno a partire dal 1132. Non c’è dubbio, però, che le sue “stanze” siano state abitate fin dalla preistoria: il castello infatti, si sviluppa quasi interamente all’interno di una rocca arenaria, lasciando svettare contro il blu del cielo di Sperilnga le mura merlate e la torre. E pur essendo il paese un piccolo gioiello di urbanistica, con un borgo rupestre che va scoperto metro dopo metro, ci piace dedicare questo spazio proprio al cestello, il cui accesso è garantito da quello che doveva essere il ponte levatoio che, in tempi medievali, conduceva prima ad una porta cieca (che, una volta aperta, avrebbe spalancato sotto ai piedi dei nemici un burrone profondissimo) e solo un po’ oltre a tutta la serie di ambienti e stanze che si susseguono all’interno della montagna. E dopo aver cercato la spiegazione più affascinante per la sala circolare dalle dodici nicchie, l’avventura non può dirsi conclusa se non salendo fino alla torre, da cui è possibile osservare un panorama indimenticabile.

Castelmola, ME le vie del medioevo


Posto sul monte che domina Taormina e Isola Bella, Castelmola vanta le eleganti vestigia di un antico maniero medievale.
Posta sopra Taormina, è un vero e proprio balcone su panorami indimenticabili sorto laddove Ruggero, nel 1078, sconfisse gli Arabi.

L’ingresso dell’antico borgo, dalla topografia prettamente medievale, è nascosto da una campagna ad uliveti che svela piano piano i resti delle poderose antiche mura normanne.
Le origini della città sono ben documentate dalla lapide che, sulla facciata del Duomo, conferma che “Questo castello fu costruito sotto Costantino, patrizio e stratega di Sicilia”, con chiaro riferimento a Costantino Caramalo, lo stratega che già nel IX secolo aveva predisposto le difese contro gli Arabi.
Dal romano al gotico, invece, gli stili che danno forma alla bella Chiesa Madre, tappa del nostro itinerario medievale che non può prescindere dalla visita alla piccola Chiesa di San Biagio, la prima costruita in paese dopo l’arrivo di San Pancrazio. Ancora, una testimonianza ell’epoca è la Chiesa dell’Annunziata, edificata attorno al 1100 per volere del devoto Ruggero in segno di riconoscenza per le sue vittorie. Qui, tra luglio ed agosto, la Scuola Internazionale di Falconeria offre spettacoli con i suoi incredibili protagonisti: aquile e falchi pellegrini, gufi reali e barbagianni.

Montalbano Elicona, ME le vie del medioevo


La sua bellezza ha conquistato re e regine che ne hanno fatto la loro dimora. Montalbano oggi racconta con le sue architetture le storie di ieri

Montalbano fu tra le più importanti città dell’Isola medievale. Non solo fu sede della corte di Federico II d’Aragona (da qui il castello non fu semplice fortilizio, ma vera e propria regia aedes), ma addirittura proprio in questa città furono promulgate le prime leggi elettorali europee, quelle Leggi per le Civiche Istituzioni di Palermo del 12 settembre del 1311. Sebbene l’intero borgo abbia conservato praticamente intatto il disegno urbanistico medievale, il luogo in cui sembra rivivere questo lontano periodo storico è proprio il castello, germogliato da un primo ampliamento successivo al 1070 (reso necessario dal grande numero di soldati lombardi che qui trovavano ricovero), che già nel 1189 ospita la regina Giovanna. Tra il 1208 e la seconda metà del XIII secolo, durante la dominazione sveva, la costruzione si impreziosisce delle mura che resistono fino ai nostri giorni. Agli Angioini vanno ascritte le scuderie reali e le cisterne, e ai successivi signori dell’Isola, gli Aragonesi, si deve la cinta muraria del paese e le 18 finestre aperte lungo le mura del castello, a questo punto già palazzo reale. Il castello restaurato nel 1980, è interamente visitabile. Da inserire nel tour medievale le chiese di San Sebastiano, di Santa Caterina, dello Spirito Santo e il Santuario.

Castelbuono, PA le vie del medioevo


Agli inizi del Trecento, i signori della contea di Geraci, la nobile famiglia dei Ventimiglia, decisero di costruire un castello sul poggio che dominava il casale di Ypsigro.
“Anno incarnati verbi MCCCXVI Ind. XV Regnante gloriosissimo domino nostro rege Friderico rege Sicilie anno regni sui XXI. Nos Franciscus comes Vintimili Yscle maioris et Giracii dominus utriusque Petralie incepimus hoc Costrum Belvidiri de Ypsigro in Christi nomine edificare” (L’anno del Verbo Incarnato 1316, regnando il gloriosissimo Federico [d’Aragona] re di Sicilia, noi, Francesco conte di Ventimiglia, d’Yscle maggiore e Geraci e signore delle due Petralie, abbiamo incominciato a edificare il Castello Belvedere d’Ypsigro nel nome di Cristo). Questa iscrizione battezza il castello del buon aere  e da qui il nome del paese  che ingloba nella sua nuova struttura un fortilizio bizantino. Altra tappa medievale di Castelbuono è la Matrice vecchia - dedicata a Santa Maria Assunta -, sorta nel Trecento sulle rovine di un tempio pagano forse in onore del dio sole. Da visitare, ancora, il Mausoleo, costruzione ottagonale in stile tardo romanico-gotico; la Chiesa di San Nicolò e quella del Crocifisso, entrambe esistenti già nel casale di Ypsigro.

Cefalù, PA le vie del medioevo


L’origine di questa cittadina affonda le radici laddove la storia diventa leggenda, ma - certamente - il periodo medievale di Cefalù fu uno dei più prestigiosi. Si sa che il conte Ruggero prese la città nel 1063, che Ruggero II vi fece edificare la Chiesa di San Giorgio e la Basilica (nel XII secolo), quest’ultima dedicata dal re al SS. Salvatore. Della sua età medievale oggi sono testimoni preziosi il Palazzo Maria, in piazza Duomo, e l’Osterio Magno, residenza cefaludese trecentesca della famiglia dei Ventimiglia, la stessa che qui edificò la Torre di Porta Ossuna e la Porta Pescara, oltre a una parte della Chiesa di Sant’Antonio di Padova. Fu certamente un Ventimiglia, Arrigo, a provvedere alla costruzione del tetto della Cattedrale, tempio dentro il quale egli riposa all’interno di un prezioso sarcofago. Il mosaico dell’abside della basilica - risalente al 1148 - è uno dei capolavori più belli, non solo della città, ma dell’intera Isola. Da non mancare, dopo aver visitato per intero la basilica e il suo chiostro, il Lavatoio pubblico, perfetta testimonianza degli strumenti della vita quotidiana nel Medioevo. Poco fuori Cefalù, la Chiesa di San Biagio e i suoi affreschi duecenteschi.

Geraci Siculo, PA le vie del medioevo


Anche la struttura urbanistica di Geraci Siculo è tipicamente medievale, probabilmente la traccia più importante di un’epoca che vide il potere della famiglia dei Ventimiglia giungere fino a qui (e molto oltre). Il castello è sicuramente una delle testimonianze più resistenti di questo lontano passato, di cui oggi sono facilmente visitabili, partendo dal bevaio della SS. Trinità, i resti del corpo abitato e parte delle mura di fortificazione. Nella chiesa di San Giacomo c’è da ammirare il bellissimo crocifisso di legno del Trecento e, oltre la chiesa di San Biagio, proprio sul largo Greco, ecco la falconiera, luogo in cui fare la conoscenza dei falchi. La falconeria, qui a Geraci, è un’arte medievale che trova la sua massima espressione durante il periodo estivo, quando si svolgono le manifestazioni ad essa dedicate.
Imperdibile la Chiesa Madre, quattrocentesca, e il suo inestimabile Tesoro d’Arte Sacra, tra cui vi segnaliamo una carta tardo-duecentesca miniata come era uso nell’età tardo-federiciana, e l’ostensorio d’argento dorato, sbalzato, cesellato e inciso, opera dell’orafo toscano Pino di San Martino da Pisa del XIV secolo.

Modica, RG le vie del medioevo


La storia scrive sui muri di Modica a caratteri barocchi sulle pietre medievali. Le facciate settecentesche delle sue chiese conservano infatti i tesori del Duecento

Sito inespugnabile per i Sicani prima e per i Siculi poi, Modica ha attraversato la Storia antica quasi senza intervenire. È certo, comunque, che durante gli anni medievali fu dapprima conquistata da Ruggero, da questi ceduta al capitano Gualtieri e, successivamente, incamerata nel demanio svevo. Nel 1296 la contea passò ai Chiaramonte e ad essi rimase per quasi un secolo; a loro si devono le memorie dei fasti e degli splendori architettonici - uno stile deve il nome proprio alla nobile famiglia - di cui, purtroppo, oggi resta ben poca cosa. Il terremoto del 1693 distrusse quasi totalmente un patrimonio composto di venti conventi, dieci monasteri, cinque collegiate e quasi sessanta chiese, oltre ad un numero imprecisato, per un valore inestimabile, di edifici privati e palazzi nobiliari. Diventa quindi quasi un privilegio poter visitare oggi la trecentesca Chiesa del Gesù, con il suo chiostro, che il terremoto non ha intaccato, il portale della Chiesa del Carmine, quello della duecentesca Chiesa di S. Maria di Betlemme - forse la più antica chiesa di Modica -, ed il portale della cappella privata di Casa De Leva (XIV secolo). Alzando lo sguardo verso Modica alta, ecco i ruderi del castello pronti a raccontarci del tempo che fu…

Noto, SR le vie del medioevo


Capitale del barocco siciliano, Noto nasconde la sua faccia trecentesca a pochi chilometri dal paese ricostruito dopo il 1693
Universalmente conosciuta come capitale del barocco siciliano, Noto ha un’anima ben più intima ed affascinante, un’anima che può essere svelata solo a quanti sono disposti a volgere lo sguardo dalla ricchezza della nuova Noto per incamminarsi a qualche chilometro a Nord-Ovest verso la città che il terremoto del 1693 ha cancellato dalla geografia. Ma non certo dalla storia. Qui infatti, in quella che oggi viene chiamata Noto Antica, le grandi famiglie trecentesche dei Landolina o dei Pipi costruirono le loro residenze nello stile della domus magna.
Ancor più affascinate l’Eremo di San Corrado con la grotta dove, sempre nel XIV secolo, visse il santo; o, nei pressi, il santuario dedicato a Santa Maria della Scala dove, proprio alle spalle del fonte battesimale, si lascia ammirare il bellissimo arco in stile arabo-normanno. Ancora qualche metro ed ecco la Porta Aurea, l’ingresso a questa città fantasma che reca in sé immutate le tracce della storia più antica di una città che, come l’Araba Fenice, è risorta dalle sue stesse ceneri, lasciandoci il privilegio di ammirare ciò che è, ma anche ciò che è stato in un viaggio che ha soprattutto il gusto della scoperta.

Erice, TP le vie del medioevo


Castrum Montis Sancti Juliani;
Il nucleo più interno del castello o “castello di Venere” è preceduto dalla basse cour protetta da un circuito murario a pianta rettangolare molto allungata con tre torri, pesantemente restaurate e in parte ricostruite dal Pepoli.
L’ingresso del “castello di Venere”, ad arco ogivale, è sovrastato dallo stemma degli Asburgo di Spagna; sulla medesima parete si apre una bifora e su di essa sporge una caditoia di lastroni calcarei: questi ultimi elementi potrebbero essere, almeno in parte, frutto di restauri ottocenteschi, così come le merlature ghibelline.
Il “castello di Venere” consta di una vasta cinta muraria di perimetro irregolare, adattata alla topografia del sito. Il complesso edilizio principale sorge sul lato della cinta che guarda verso il centro abitato; altri ambienti di destinazione incerta si aprono sulla corte centrale. Scavi degli anni ‘30 hanno messo in luce i resti di una chiesetta.

Le sue antiche origini elime oggi si rintracciano tutte nel nome, Erice, re che qui ebbe il suo trono, ma anche la sua disfatta. Dopo varie vicissitudini, legate alla bellezza del centro abitato - sede del culto di Venere - e all’invidia da ciò provocata, furono i Normanni che ripopolarono la città, portando sul Monte San Giuliano tutta la loro sapienza architettonica lasciandoci, oggi, ammirare una città esattamente come loro stessi la disegnarono. Quindi è da visitare l’intero borgo, a partire dal castello, costruito sulle macerie del tempio pagano, la chiesa di San Martino o quella di San Domenico (sono oltre sessanta gli edifici religiosi in Erice, e la maggior parte di questi medievali), e il Duomo trecentesco, che conserva tutte le sue forme originarie impreziosite dalla torre campanaria e dal merletto delle bifore.
È in perfetto stile medievale, come abbiamo detto, l’impianto urbano, con le stradine strette che si aprono sui cortili delle case e i loro giardini, veri e propri piccoli capolavori. Indimenticabile il panorama che si apre dal balio, il giardino pubblico con una balconata a picco sul mare, che deve il suo nome al baiulo, funzionario del governo normanno che qui svolgeva i suoi compiti.
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