Valichi e valli nel territorio di Siracusa
Cava dei Servi
La cava dei Servi è situata nella parte sud-orientale della Sicilia, là dove si ergono i Monti Iblei, tra i comuni di Rosolini e Modica. Si tratta di una cava dalla conformazione geologica piuttosto varia, costituita da un'alternanza di biocalcareniti cementate a macroforaminiferi di colore bianco grigiastro, in banchi ad andamento irregolare dello spessore compreso tra 50 cm. e 2-3 metri, e di calcareniti marnose bianco crema, scarsamente consolidate, che costituiscono il membro Irminio della formazione Ragusa, cioè il membro superiore in cui tale formazione è divisa (la parte inferiore, membro Leonardo, non affiora in zona. L'azione erosiva dell'acqua ha determinato gole ripidissime e profonde che caratterizzano gran parte del territorio ragusano e siracusano, spiegando in tal modo l'esistenza di cave inaccessibili ed aspre che, nei tempi antichi, hanno dato rifugio all'uomo. La parte iniziale della Cava è da qualche decennio divenuta Riserva Naturale con contenuti preistorici a dir poco eccezionali. Quest'area, poco lontana dal massiccio di Monte Lauro, ha suscitato interesse sin dall'età del rame perché, come tutta la regione iblea, garantiva ottime opportunità commerciali grazie all'estrazione della selce. Nella parte soprastante gli strapiombi, lungo uno dei corsi meno tortuosi della Cava, pochi metri più in alto dell'unica strada che conduce in fondo alla gola, può ammirarsi un dolmen semicircolare costituito da lastre rettangolari infisse nel terreno sulle quali se ne dispongono altre tre, inclinate quanto basta per ridurre la superficie di copertura e modellare una falsa cupola.
Il Dolmen di Cava dei Servi
Al di sotto di una grande piastra rovesciata sul terreno (che era il soffitto del monumento, rovinato al suolo a causa del progressivo scivolamento della struttura) sono stati ritrovati frammenti umani (denti e ossa appartenenti a più individui) nonché qualche coccio di ceramica risalente al periodo Castellucciano (nome con il quale si identifica l'età del bronzo antico siciliano): i resti umani hanno confermato la natura sepolcrale del manufatto, mentre il ritrovamento dei pochi cocci ceramici ha così consentito di datare il dolmen alla prima fase isolana del bronzo (2200-1600 a.C.). La località, quindi, oltre a essere sede di una necropoli a grotticelle artificiali risalenti all'inizio del II millennio a.C., accoglie anche un cimitero dolmenico con architetture funerarie che ricordano strutture già presenti in una vasta area del Mediterraneo
Cava del Rivettazzo
Cava del Rivettazzo è una necropoli sicula che si trova a circa 4 km a Nord di Solarino, lungo la Strada Provinciale n. 28 che conduce a Sortino.
Scoperta all'inizio del XX secolo dall'archeologo Paolo Orsi, è formata da circa un centinaio di sepolcri databili all'età del bronzo ed essendo, a detta dello stesso studioso, l'unico sito a testimoniare tutte e tre le fasi di detta età[1], è da considerarsi una pietra miliare per la protostoria della Sicilia.
Infatti, dalla diversa forma delle celle che compongono le tombe e dal ritrovamento, al loro interno, di coltelli di selce, perle di calcare biondo e di vasi anche di tipo Pantalica, l'archeologo trentino dedusse che la necropoli apparteneva ad uno stadio di transizione che andava dal primo al secondo periodo che lui definì "siculi", come ebbe a constatare anche dai ritrovamenti di elementi ceramici rinvenuti nel 24º sepolcro. Al 3º periodo invece apparteneva il corredo funerario rinvenuto nel 10º sepolcro. In definitiva poté affermare che Rivettazzo anche se abitato da uno sparuto manipolo di gente, fu frequentato per molti secoli già prima del II millennio a.C., cioè proprio dall'Antica Età del Bronzo e che, nei successivi periodi (Media Età del Bronzo ed Età del Bronzo Recente) si ebbe la stabilizzazione della popolazione in villaggi di capanne - non ancora identificati.
Secondo l'Orsi, le capanne erano distribuite in due gruppi, non lontano l'uno dall'altro, e precisamente, uno dietro l'altura di Cozzo Bernardo che sovrasta la stessa cava e l'altro, sull'opposta riva, in località Cozzo Carrubbedda.
Grazie soprattutto alla presenza dell'Anapo che scorreva all'interno della cava e che fungeva non solo da abbondante riserva d'acqua, ma soprattutto da via di comunicazione con gli altri gruppi umani insediatisi lungo la costa orientale sicula (Ortigia) e nella parte più alta dell'alveo dello stesso fiume (Pantalica), questi due siti rimasero a lungo abitati, sicuramente sino al periodo bizantino ai quali sono dovuti in massima parte le successive devastazioni. Solo così si spiega il diverso sviluppo e la diversità di forma dei loculi, appartenenti a diversi periodi; nonché la presenza di materiali di età più recente nel sepolcro più antico, così come era già accaduto durante gli scavi di Cozzo Collura.
Nei pressi della Cava del Rivettazzo si trova la più estesa necropoli di Calancon del vento o Cava del Parroco, coeva a Rivettazzo e devastata dai Bizantini, il cui villaggio di riferimento avrebbe dovuto trovarsi in località Cugno Cardone. Stranamente, però, tale sito non fu mai studiato dall'Orsi.
Cava Lazzaro
La cava Lazzaro è una delle numerose cave che attraversano la Sicilia sud-orientale, parte iniziale della cosiddetta cava Grande di Rosolini, sita a pochi chilometri dal comune omonimo. La cava prende il nome da un'immensa cavità naturale conosciuta anche come grotta Lazzaro. Essa si trova lungo la valle di un torrente localizzato tra i comuni di Modica in provincia di Ragusa e Rosolini in provincia di Siracusa in Sicilia.
La grotta fu abitata in età preistorica e nell'età del bronzo, nella cosiddetta facies castellucciana. Del periodo rimane una necropoli con la cosiddetta tomba Orsi ben conosciuta degli studiosi. Oltre alle bellezze naturalistiche, l'area è importante da un punto di vista storico ed archeologico essendo stata abitata quasi ininterrottamente nel tempo. Oltre ai resti dell'età del bronzo vi si trovano tracce di epoca paleocristiana e due oratori rupestri bizantini riutilizzati nel corso dei secoli dai contadini della zona.
Gli importanti reperti archeologici rinvenuti sono conservati parte nel Museo civico di Modica, parte nel Museo archeologico ibleo di Ragusa ed altri nel Museo paleontologico ed etnografico Pigorini di Roma. Su un versante della terrazza calcarea è ubicata la famosa tomba del Principe, che sfoggia un monumentale prospetto, incavato nella roccia, a otto finti semipilastri, con incisioni a doppia lisca di pesce, a disco puntinato e a triangoli. Dalla grotta Lazzaro, già indagata dal barone Ferdinand Von Andrian verso la fine dell'Ottocento, proviene uno degli enigmatici "ossi a globuli" interpretati come manici di coltelli. Sulla stessa terrazza, si possono ammirare due grossi blocchi in calcare bianco-grigiastro della zona, che hanno costituito la parte centrale di un dolmen "semicircolare" paragonabile al dolmen di Cava dei Servi