Tecniche di pesca del pescespada dalla Feluca nello stretto di Messina
Il pesce spada è un pesce comune in tutti i mari e nel Mediterraneo si trova ed anche nello Stretto di Messina. La caratteristica più evidente del pesce spada è senz'altro il lungo e robusto rostro appiattito, prolungamento del mascellare superiore, talmente robusto da trapassare il fasciame di una imbarcazione. Il corpo si presenta blu scuro sul dorso tendente al violaceo, mentre i fianchi e il ventre sono argentei. Può raggiungere i 4 m. di lunghezza e il peso di 300 Kg. Il corpo affusolato e la sua potente muscolatura, consente al pesce spada di compiere balzi fuori dall'acqua e di raggiungere elevate velocità di crociera.
Si tratta di un pesce generalmente solitario ma è possibile incontrarlo in coppia. Interessante l'atteggiamento del pesce spada in coppia, interamente finalizzato, fino all'estremo sacrificio del maschio, alla difesa della femmina tanto che qualora in una coppia di pesci spada viene catturato il maschio, la femmina fugge immediatamente mettendosi in salvo, se è la femmina a divenire preda allora il maschio rimane in zona nella speranza di liberarla, divenendo spesso egli stesso facile preda. Il periodo della riproduzione va da settembre a gennaio quando è anche possibile incontrare diverse migliaia di giovani esemplari , del peso di 3 o 4 kg, a pochi metri dalla superficie, nelle acque della costa settentrionale della Calabria e di quella orientale della Sicilia.
Nel canale di Messina si fa la pesca del pesce spada, questa pesca si fa soltanto lungo la costa del faro, vicino al porto di Messina, fino ai dintorni di Scilla.
La grande e potente spada ha creato intorno a questo pesce un mito fatto di storie spesso inventate ma sicuramente alimentate dai reali pericoli che i pescatori, un tempo, erano costretti a correre nell'affrontare questa terribile arma di cui è dotato il pesce.
Il sistema tradizionale di pesca del pesce spada è quello che utilizza un particolare tipo di imbarcazione la feluca, dotata di una antenna alta circa 20 metri sui quali trova posto una vedetta con lo scopo di individuare il pesce. In Calabria la vedetta si apposta in cima agli strapiombi sul mare, pronta a segnalare la presenza del pesce ad un'imbarcazione molto veloce a bordo della quale sta una vedetta che recepisce le segnalazioni da riva o dalla feluca. A prua della feluca vi è una lunga passerella metallica per potersi trovare perpendicolare al pesce, li trova posto il lanciatore che è anche il capo ciurma, armato di una fiocina dotata di un arpione e trattenuta da una fune assicurata alla barca. Quella con l'arpione è la tecnica di pesca del pesce spada più antica che si conosce.
Questa tecnica viene trasmessa da padre in figlio da innumerevoli generazioni. La pesca si pratica da aprile a giugno, successivamente si sposta, prima verso le Eolie, poi verso le coste nord-orientali della Sicilia. La pesca del pesce spada viene anche praticata con le palamitare, i conzi e le palangrese. Le feluche, per una maggiore stabilità nel mare, sono munite ai lati della carena di due pinne stabilizzatrici al fine di ridurre il rollio, mentre sulla poppa vengono alloggiate alcune taniche riempite d'acqua che fungono da zavorra, il tutto per compensare il peso della passerella metallica e riducendo al minimo i movimenti di beccheggio. Le feluche giornalmente ispezionano un tratto di mare denominato posta assegnato dalla locale Capitaneria di porto, per sorteggio, all'inizio della campagna di pesca e ruotano, per legge, da sud a nord nelle riviere della Stretto. Ogni posta non rimane però al sorteggiato per tutto il periodo di pesca ma ogni equipaggio deve spostarsi giornalmente da sud verso nord fino ad avere occupato una posta diversa per ogni giornata e cosi a seguire riprendendo il giro una volta completato.
La tecnica è rimasta immutata nel tempo per oltre quattro secoli, cioè sino ad un paio di decenni addietro, come fanno fede le innumerevoli descrizioni, dal quale risulta evidente che la pesca del pesce spada con luntro e la feluca si è sempre svolta in maniera tradizionale, senza variazione alcuna.
Questa denominazione della feluca, tuttavia, non indica affatto l'origine araba del tipo di pesca o dell' imbarcazione. Lo scafo dell'omonimo natante, fra il Cinquecento ed il Settecento era molto diffuso in Sicilia per il piccolo cabotaggio ed il traffico passeggeri a breve raggio.
Fu proprio questo natante ad essere utilizzato dai pescatori siciliani dello Stretto per creare i caratteristici osservatori galleggianti, indispensabili per l'avvistamento del pesce spada e per la sua cattura. A tale scopo la feluca presentava all'epoca le caratteristiche più adatte: dimensioni alquanto contenute e nello stesso tempo sufficienti a fornire spazio idoneo all'equipaggio ed alle attrezzature di pesca, ampia capienza per la conservazione del pesce fino al momento del loro trasporto a terra, oltre al fatto di trattarsi di uno scafo diffuso e costruito con legname povero. Godeva di ottima stabilità, anche in presenza dell'altissimo e pesante albero di avvistamento lungo dai 18 ai 22 metri, e per agevolare la stabilità veniva impiegata della zavorra costituita da pietre e sacchi di sabbia dal costo contenuto e di facile reperibilità.
Senza dimenticare il fattore costo beneficio dell'imbarcazione-osservatorio, che era determinante per rendere economicamente proficua la pesca del pesce spada: la barca, infatti, una volta trasformata per tale compito, non era ovviamente più adatta per altre attività, perchè il suo periodo di utilizzabilità veniva limitato a due soli mesi l'anno durante la campagna di pesca del pesce spada. La trasformazione di una feluca da traffico in natante da posta era alquanto semplice perchè si trattava di privarla delle sue strutture originarie, dell'armamento di navigazione, munendola quindi di una pontatura integrale da prora a poppa.
Sulla coperta, a partire da mezza nave e andando verso poppa, veniva praticata un'apertura triangolare, attraverso la quale si poteva accedere ad una stiva di altezza modesta ; per questa apertura passava poi il lungo albero, che finiva in una scassa fissato al paramezzale. L'albero era munito di una rudimentale scala costituita da una serie di pioli di legno, ciascuno trattenuto alle estremità da due cime annodate, le quali dal posto di osservazione scendevano fino in coperta. Il mezzo di certo scomodo ma ottimo per l'avvistatore detto antenniere, che doveva salire fino sulla cima dell'albero ed ivi restare per ore per avvistare il pesce. L'albero o antenna era infine assicurato con grosse cime collegate a prora, a poppa e lateralmente ad apposite caviglie di legno, le quali , correvano lungo tutta l'imbarcazione. La feluca da posta non aveva alcun mezzo di propulsione autonomo, anche perché essa era destinata a stazionare ben ormeggiata nelle specifiche zone di mare dette poste, assegnate per sorteggio. Per raggiungere le coste, le feluche venivano rimorchiate dagli stessi luntri di servizio, di norma due per ogni feluca, qualora soffia un vento favorevole per direzione e intensità, per gli spostamenti si utilizzava una piccola vela issata sul grosso albero centrale.
Per lo più le feluche operavano in coppia, cosi ché in ogni posta vi era la feluca di fuori ormeggiata verso l'esterno e la feluca di terra, ancorata in prossimità della riva. Dalla prora fuoriusciva un tozzo sperone lungo circa 80 cm. detto argano, il quale, munito di carrucola all'estremità, era utilizzato per farvi passare la cima d'ormeggio.
Il compito del luntro era di catturare materialmente la preda. Il suo nome pare derivi da linter, barca a fondo piatto. Il luntro dedito alla pesca del pesce spada completa la sua evoluzione morfologica lungo poco più di sei metri e largo m. 1,65. Dipinto tradizionalmente di nero, aveva forme snelle e slanciate, murate svasate e fondo tondeggiante, tale da consentire pochissimo pescaggio. Era realizzato con legno leggero, dal fasciame di esiguo spessore, in modo da far raggiungere allo scafo la massima velocità consentita dai suoi quattro lunghi remi. Ciascuno remo di dimensioni diverse era destinato a specifica funzione. Al centro della barca sorgeva un albero alto circa tre metri e mezzo detto farete, tramite apposite tacche di sostegno, sul quale prendeva posto un avvistatore, con la possibilità di tenere sotto controllo visivo il pesce e di seguirne i movimenti nella fase finale della pesca. Una stranezza del luntro era costituita dal sistema propulsivo, basato su i due remi centrali erano infatti azionati contemporaneamente da tre uomini che vogavano seduti sulla stessa panca, volgendo le spalle al senso di moto il rematore centrale aiutava ora il compagno di destra, ora quello di sinistra, secondo le esigenze .
Sull'estremità anteriore che stranamente si chiamava poppa, in contrasto con l'usuale terminologia marinara si trovava in posizione eretta il lanciatore, lanzaturi, il quale disponeva di due lance aventi asta di legno e particolare punta di ferro. Le aste, in fase di riposo, si tenevano appoggiate di traverso a due supporti detti maschitti fissati a ventaglio ai piedi del lanciatore.
Il Buzzettu è una barca dalle remote origini, tipica dello Stretto, il suo ciclo operativo si è concluso con l'avvento della motorizzazione, lunga tra 8 e 10 metri circa e adibita alla pesca di un certo impegno. Imbarcazione robusta veniva spinta da quattro, sei ed anche otto remi, a seconda delle necessità e delle possibilità; per le navigazioni più lunghe poteva anche issare una vela inserita sulla classica antenna, sempre se il vento era favorevole.
Esistevano diversi tipi di buzzettu, ognuno adibito a determinate funzioni tra le quali quella della cattura dei pesci spada con la rete palamidara. I pesanti buzzetti, sospinti dai loro otto remi, compivano anche lunghissimi percorsi. come quello per recarsi ogni sera sulle coste calabresi per pescare alalonghe o pesci spada con le reti e rientrare al mattino a Torre Faro o a Ganzirri
La barca paciota un'altra imbarcazione presente nello stretto, comparsa verosimilmente nella prima metà dell'Ottocento, si ritiene che l'origine del nome, viene attribuito ai pacioti sulla base delle loro esperienze ed esigenze di pesca.
L'imbarcazione è caratterizzata dal particolare profilo delle ruote di prora e di poppa che si prospettano ad andamento diritto e squadrato, poco profonda ed affilata alle estremità, fattori che ne fanno un mezzo estremamente veloce e manovriero.
Lunga di solito fra i 5-6 metri, poteva anche raggiungere i 8 metri circa. Di regola era spinta da quattro remi, ma i vogatori potevano essere anche sei o addirittura otto. La paciota era la tipica barca delle regate ed era adoperata da tutti gli equipaggi che usavano confrontarsi tra loro nei frequenti pali organizzati nelle varie località della Riviera, oltre la sua utilizzazione nella pesca costiera di medio impegno.