Riserva Naturale Orientata Saline di Trapani e Paceco
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Il Sale e le Saline
L'origine delle saline, risale ai Fenici, perchè la buona disposizione della costa, pianeggiante, le favorevoli condizioni climatiche, hanno ritenuto ed quindi, impiantato dei bacini per l'estrazione del sale, che poi esportavano nei paesi mediterranei.
Una fonte documentale sulle saline risale al periodo della prima guerra punica, 241 a.C. , individuata negli scritti di Plinio il Vecchio, quando la Sicilia divenne la primaria provincia Romana, bisogna arrivare all'anno 1000 per avere notizie certe sulle Saline della Sicilia Sud Occidentale , il Geografo Arabo Edrisi, cita Trapani, come città dotata di un porto dove si cattura una quantità strabocchevole di pesce; vi si pratica la pesca al tonno, si trae similmente dal mare di Trapani il corallo ed in prossimità della città si trovano delle salina.
Il Porto di Trapani, che fino a prima era stato scalo e crocevia di commerci mediterranei, principalmente per la pesca e per l'attività del corallo, divenne Centro di esportazione del sale, verso tutti l'Europa prima e poi del Mondo.
L'industria del sale trapanese raggiunse i Paesi del Mediterraneo, grazie all'importanza del porto, divenuto tappa d'obbligo per le navi che provenivano dall'Africa e dal Mediterraneo orientale.
Nel 1412 Ferdinando I, con l'unificazione della Sicilia alla corona spagnola, ridusse l'isola al rango di Viceregno.
Il commercio risentì della nuova situazione politica, che vide i mercanti spagnoli occupare posti di prestigio sia in campo amministrativo che commerciale.
La caduta di Costantinopoli (1453) e la scoperta dell'America privarono il porto di Trapani della sua posizione privilegiata sulle principali vie commerciali del Mediterraneo.
Per quanto riguarda il commercio del sale la situazione migliorò quando i Veneziani persero l'isola di Cipro (1572) e, non potendo più sfruttare quelle saline, furono costretti a rifornirsi presso le saline trapanesi.
L'economia Siciliana, con l'avvento degli Svevi, diede impulso ai commerci ed agli scambi con gli altri Paesi del Mediterraneo nel 1231 il sovrano Svevo, con le Costituzioni di Melfi, rendeva le saline trapanesi monopolio della Corona, penalizzandole, con l'aumento del prezzo del sale che determinò notevoli difficoltà per la vendita.
Alla città di Trapani, sotto la dominazione Aragonese, furono concessi dei privilegi, il porto di Trapani era fra i più fiorenti dell'isola, anche a causa del notevole sviluppo del commercio del sale.
una conferma è dettata dal grande movimento migratorio che si riversò su Trapani dalle città limitrofe e persino da Messina.
Oltre alle famiglie locali, che negli anni successivi ebbero un ruolo preminente nelle attività politiche ed economiche della città di Trapani, quali i De Naso ed i Fardella, vennero mercanti dalla Spagna, ai quali il Re D'Aragona, a saldo dei debiti personali, aveva concesso una posizione privilegiata nell'isola.
Una o più saline, appartenenti al demanio regio, furono concesse ai feudatari come ricompensa per l'opera svolta durante la pestilenza del 1346.
Gravissimi danni si ebbero nel 1624 a causa della peste bubbonica, il porto venne chiuso ed a chiunque venne vietato di entrare o uscire dalla città; per tale divieto il sale prodotto negli anni 1625-1630 rimase invenduto.
Nei primi anni del settecento il commercio del sale peggiorò a causa della guerra di successione spagnola: le saline lavoravano senza alcun profitto, anche se il sale veniva esportato fuori dal Mediterraneo, nei paesi dell'Europa nord-occidentale.
Nel 1719 non si produsse sale a causa degli eventi bellici.
Sotto la dominazione Austriaca, l'esportazione del sale conobbe alti e bassi.
Nel 1730 ebbe inizio il periodo della grande esportazione.
Inoltre, fra le isolette affioranti a sud del porto di Trapani, già circondato da una larga ragnatela di saline, ne vennero costruite delle nuove. A queste quattro saline, favorite dalla vicinanza delle banchine di imbarco.
Quando il regno di Napoli divenne indipendente, la Sicilia ebbe un notevole sviluppo economico-commerciale.
Nel secolo XIX il sale trapanese conquistò i mercati del Lombardo-Veneto e dell'Austria, ma l'apertura delle saline sarde, da parte di una società francese, mise in crisi l'industria trapanese, a cui venne meno uno dei mercati più redditizi.
La decisione del governo di Napoli di rendere le Saline Trapanesi monopolio dello Stato colse di sorpresa i proprietari che inviarono al Re una supplica nella quale si dichiaravano contrari all'esproprio, supplica accettata dal Re, il quale ordinò "che nessuno poteva essere costretto a cedere sue proprietà se non per causa di pubblica utilità e mediante una giusta e preventiva indennità".
Ecco perché, per stabilire il prezzo dell' indennità, il Secreto di Trapani, all'epoca il Marchese Antonio Fardella, diede incarico ai funzionari della Secrezia di stimare tutte le Saline esistenti.
Nel 1840, con l'abolizione del dazio, decretata dal governo Borbonico, l'economia siciliana registrò una ripresa non solo nel campo delle attività produttive e commerciali tradizionali, ma anche nel commercio del sale ed in nuove attività agricole.
Dopo l'unificazione del Regno d'Italia, lo sviluppo del centro urbano trapanese, avvenuto dopo l'abbattimento delle mura nel 1870, orientò l'espansione della città verso zone dove originariamente si trovavano saline e aree paludose.
L'espansione della città, impedita verso Sud dalla costruzione della ferrovia Trapani - Palermo, si indirizzò verso Est fino a giungere alle falde del monte Erice, trasformando in aree fabbricabili la zona occupata dalle saline .
Con lo scoppio della prima guerra mondiale creò un parziale incremento dell'attività del sale. Dopo gli eventi bellici iniziò un lento e progressivo declino, per i costi notevoli di produzione ed anche per la concorrenza di altri paesi produttori, tanto chè alcuni proprietari, per contenere i costi, trasformarono in parte le saline in peschiere, altri preferirono ridurre l'area salifera, altri ancora, per non abbandonarle, preferirono coltivarle senza trarne alcun guadagno.
Nel 1922, per favorire la commercializzazione del prodotto, si costituiva a Trapani la S.I.E.S. (Società Italiana Esportazione Sale), col programma di trasformazione degli impianti, oltre al progetto di unificare tutte le saline in un consorzio di produttori.
Nel secondo dopoguerra si ebbe una lieve ripresa, poiché si riaprirono i mercati dei paesi nordici e del Giappone.
Con la normalizzazione dei rapporti tra i vari Stati e con la riapertura delle saline dell'Asia, venne meno il flusso del sale verso il Giappone e per il sale trapanese si ripresentò il problema della conquista dei mercati europei.
Il notevole costo della manodopera, l'elevata incidenza delle spese di trasporto dalle saline all' imbarco, la perdita dei mercati esteri e la conseguente riduzione delle esportazioni, furono i gravi problemi che investirono la S.I.E.S., la quale non riuscì a trovare rimedi efficaci per superarli.
Nel 1956, il Dott. Antonio D'Alì, discendente da un antica famiglia di affittuari, per salvare le saline trapanesi costituì una nuova S.I.E.S. s.p.a. (Società industriale estrazione sale), con l'intento di realizzare un programma di ammodernamento dei mezzi di produzione, per rendere competitivo il prezzo del sale e riconquistare i mercati perduti.
La società era formata dall'80% delle saline esistenti, venne rivalutata la zona di produzione che andava dal porto fino a Nubia, oltre alle saline dell'isola Longa e dello Stagnone.
La società riuscì a produrre a pieno ritmo a partire dalla raccolta del 1963, ma l'alluvione del Settembre 1965, oltre a distruggere il prodotto, rese improduttive le saline per i due anni successivi.
L'alluvione del 1968 diede il definitivo colpo di grazia alle saline trapanasi, così la S.I.E.S. venne messa in liquidazione.
Nel 1974 si formò una nuova società, Le Saline di Trapani S.p.A., che prese in affitto le saline dell'ex S.I.E.S. e le gestì fino al 1980, anno in cui, revocata la liquidazione, la S.I.E.S. riprese la gestione delle sue saline, iniziando una politica produttiva che ha portato il sale trapanese in quasi tutti i mercati europei.
La storia del sale è stata dunque quella dei rapporti tra culture, paesi in grado di produrre abbastanza sale da poterlo in quei paesi esportare a quelli che ne erano carenti.
Dall'era preistorica giungendo alla Rivoluzione industriale i salinai hanno prodotto il sale seguendo due procedimenti fondamentali che si sono andati via via perfezionando.
Alcuni hanno estratto dal suolo il salgemma e le acque salate che poi facevano bollire.
Altri hanno ottenuto la stessa sostanza con una controllata evaporazione solare delle acque salate.
Operazioni queste che potevano svolgersi in località ben precise dove si riscontravano condizioni naturali e sociali per lo sfruttamento da parte degli uomini.
Con l'avvento dell'Impero romano la produzione ed il commercio del sale divennero importantissimi in Europa, soprattutto perché si aprirono nuove vie commerciali e perché Roma monopolizzò tale commercio.
La figura del salinaio è stata sempre quella di un uomo semplice, umile, dalle condizioni economiche precarie, un uomo che cerca con tutte le proprie forze di "tirare avanti" per sfamare il proprio nucleo familiare.
Il suo lavoro era un lavoro semestrale, alternato a quello dei campi o del mare.
Egli si levava nel pieno della notte con il buio, per raggiungere il posto di lavoro nella piazza del paese dove doveva essere scelto, quello era il momento più produttivo della giornata lavorativa dopo lontano dal sole cocente e dal riverbero accecante del sale comincia la sua giornata momento ideale durante il quale i salinai intonavano i loro canti, nei quali cercavano momenti di evasione che li sostenessero fino alla fine della giornata , verso mezzogiorno, il salinaio faceva un'altra sosta lavorativa, durante la quale consumava i resti della colazione per affrontare le ultime ore lavorative.
Nella fascia occidentale della Sicilia la crescita e la diminuzione del sale si divide in due periodi: estivo in cui la temperatura cresce rapidamente e invernale dove la stessa temperatura diminuisce altrettanto rapidamente.
Conseguentemente le piogge seguono l'andamento della temperatura, mentre lo scirocco, vento caldo proveniente da sud, la fa da padrone.
ll ciclo di produzione si svolge e si esaurisce nel semestre estivo. E' in questo momento che la salina si anima di vita, il curatolo, responsabile della salina, a cui spetta il compito di rigettare e di far defluire in mare le acque accumulatesi durante l'inverno, con il pulire il canali, le vasche salenti, riparare gli argini e gli eventuali danni provocate dalle piogge.
In supporto al curatolo gli operari stagionali e quelli giornalieri i quali ripuliscono le vasche partendo dalla friffa per arrivare alla caseddri.
Da aprile l'acqua marina raccolta nella fridda comincia ad aumentare di salinità, quindi gli operai procedono a ripulire i vasi facendo defluire l'acqua. Le vasche non vengono svuotate fino in fondo, infatti viene lasciato sempre un residuo che fungerà, in seguito, da lievito.
Il lavoro che chiede più perizia è lo svuotamento delle cauri dato che, dopo averle prosciugate, i salinai attengono, dopo un paio di giorni, che affiorasse fuori uno strato di fanghiglia mescolato con i solfati di magnesio. Alla pulitura segue un'opera di livellamento che serve a compattare il fondo.
La pulitura viene eseguita prima di maggio per permettere la cristallizzazione del cloruro di sodio.
Ultimata la pulitura e lasciate ad asciugare, le vasche venivano riempite di acqua marina fino a raggiungere uno strato di 4-5 cm, quindi dieci giorni dopo si passa ad alimentare le vasche.
Dopo aver sistemato le vasche inizia il compito più duro del curatolo che consiste nel far crescere il sale. Egli deve osservare attentamente i bacini e notare la diversa concentrazione del sale, concentrazione che si denota dal cambiamento di colore dell'acqua.
Dal curatolo dipende la decisione sul quando trasferire l'acqua da un bacino a quello successivo per assicurarsi la perfetta riuscita del suo compito. Questo lavoro, apparentemente semplice, è in realtà assai difficile, infatti, se il curatolo trasferisce l'acqua da un bacino a bassa concentrazione di salinità, come l'acqua della fridda, nella caseddri, rischia di far sciogliere tutto il sale che nel frattempo si è depositato sul fondo della vasca.
Necessaria risulta l'esperienza del curatolo, il quale deve metterla a buon fine avendo cura dei fattori climatici, come l'umidità e/o l'assenza del vento che possono rallentare la formazione del minerale bianco il sale.
Il curatolo e il suo vice provvedono alla distribuzione dell'acqua tramite un semplice passaggio a caduta.
Trascorsi i necessari 50 giorni di coltivazione, tutto diventa pronto per la raccolta del sale.
l lavoro viene svolto da un gruppo di operai il cui compito consiste nel rompere il sale, cioè nel frantumare la crosta del sale nella vasca isolante, quindi nell'ammucchiarlo.
Il numero dei lavoratori varia in base alla grandezza della salina in modo da evitare che il sale rimanga nel fondo della vasca per più di 24 ore.
Nella fase successiva, viene praticata una canalizzazione delle acque che permette di aspirare in modo tale da raccogliere il sale ed ammucchiarlo ai bordi delle vasche.
Questo lavoro viene svolto dagli uomini della Venna.
Essi prendono a cottimo l'incarico di estrarre il sale dalla salina nel più breve tempo possibile al fine di potersi spostare più rapidamente in un altra con la possibilità di avere maggiori entrate, potendo svolgere l'attività in altre saline.
Nulla viene lasciato al caso, un'altra squadra di operai provvede alla raccolta delle piccole quantità di sale rimasto sul fondo delle vasche, per terminare con il Signaturi (segnatore), ossia colui che tiene il conto del numero delle ceste, delle carriole e delle salme di sale che vengono estratte.
Il tutto viene segnato su un atina di legno che porta il nome di Tagghia (taglia).
Una salma di sale corrisponde a 24 ceste o a 12 carriole; cento salme segnano il momento di riposo, in segno di ringraziamento del lavoro svolto.
Al ciclo di lavoro concluso il sale viene allineato in cumuli di forma piramidale, protetto da coppi di tegole, la forma è ideale in quanto consente all'operaio di poterlo ricoprire, evitando che le intemperie o le piogge invernali possono sporcare e/o sciogliere il sale .
A distanza di un mese tutto il lavoro viene ripetuto per la seconda raccolta annua del sale.
Alla fine di settembre, se le condizioni meteorologiche lo permettono, si procede infine alla terza raccolta ed in casi rarissimi si procedeva con una quarta raccolta, nel mese di novembre.
Il passato durante le fasi di raccolta, il sale veniva trasportato a spalla con le cartelle di fibra vegetale che in seguito furono sostituite da quelle in lamierino zincato.
Negli ultimi decenni l'introduzione della carriola rispetto ai vecchi contenitori in fibra hanno alleviato la fatica degli operai.
Gli uomini della venna in passato erano divisi in due squadre: la prima era formata dagli spalatori, ossia coloro che con una pala spalavano il sale e riempivano i contenitori adibiti al trasporto; la seconda squadra ed era composta da coloro che, caricati i contenitori sulla spalla li andavano a rovesciare sui bordi delle saline, questi prendono il nome di portatori di ceste.