Eremi dei monti Erei valle del Dittaino - Santuari ed Eremi in Sicilia

Santuari ed Eremi in Sicilia

Benvenuti nella pagina dedicata ai Santuari ed Eremi in Sicilia. Qui scoprirete tesori tra edifici sacri e Chiese, viaggerete tra sacralità e storia.  
La Sicilia è ricca di luoghi di culto che raccontano secoli di devozione e spiritualità. Dalle maestose cattedrali alle piccole cappelle isolate tra le montagne, ogni santuario ed eremo ha la propria storia
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I Monti Erei sorgono a sud dei monti Nebrodi e le Madonie, nella parte centrale dell'isola

I Monti Erei sorgono a sud dei monti Nebrodi e le Madonie, nella parte centrale dell'isola, situati da est dalle prime propaggini della Piana di Catania a ovest nell'Imera Meridionale e i liberi consorzi comunali di Enna e Caltanissetta.
Gli Erei sono di origine calcarea, non raggiungono altezze elevate. L'area era un tempo importanti per quanto riguarda l'estrazione dello zolfo, oggi testimoniata dagli interessanti parchi minerari sparsi sul territorio, tra cui il Parco minerario di Floristella-Grottacalda ne è una presenza.
Il gruppo montuoso è cosparso di laghi, tra cui il Lago Pergusa, sede della Riserva Naturale, ed il Lago Pozzillo, il più esteso bacino artificiale dell'isola e di riserve naturali.

Nel territorio sono presenti siti e strutture che meritano di essere conosciuti ed apprezzati, quei luoghi dalla frequentazione eremitica, siano questi romitori ipogei, cenobi o chiese rupestri, che sono presenti un po’ dovunque. Sono luoghi spesso non facilmente accessibili, tuttavia sempre suggestivi e gratificanti. Parliamo d'un giacitoio o di un altarino in pietra, una basilica catacombale paleocristiana o di una chiesa bizantina interamente scavate nel tufo e sovente impreziosite da un’iconografia.
luoghi remoti e isolati per dedicarsi alla contemplazione, alla meditazione ed alla preghiera. In principio ambienti naturali, come le grotte o gli anfratti della montagna, sia pure protetti e migliorati con semplici opere murarie, per arrivare poi in epoca medievale a strutture più articolate e complesse, come ad esempio, le chiese rupestri.
Cappella Bizantina di Santa Maria la Mendola (Oratorio rupestre – X-XI secolo) Assoro
La cappella bizantina di Santa Maria La Mendola o della Madonna Medica è allocata all’interno di una cavità rupestre appena fuori l’abitato di Assoro. L’ipogeo mariano, probabilmente sede di un culto pagano più antico, conserva tracce pittoriche di un’iconografia di san Leone, vescovo di Catania, e di santa Petronilla.

Cenobio Bizantino di Canalotto (Cenobio rupestre – VI secolo) Calascibetta
In un vallone della contrada Canalotto, nei pressi del santuario della Madonna del Buonriposo, a pochi chilometri dal centro abitato, si ritrova un interessante insediamento rupestre d’epoca tardoromana-bizantina che, utilizzando scientemente una rientranza di roccia arenaria profonda qualche decina di metri nella parte iniziale del vallone, sviluppa una trentina di ambienti ipogei anche a più piani. La due chiese rupestri, con impianto basilicale a navata unica, occupano due ambienti soprastanti nelle cui pareti sono state ricavate nicchie e bacheche, e sanciscono la presenza di un originario cenobio bizantino attorno al quale si è via via aggregato il nucleo abitativo.

Eremo di monte Scalpello (Chiesa e romitorio – XVI secolo) Catenanuova
L’eremo di Monte Scalpello deve la sua nascita ad un frate, Filippo Dulcetto di Agira, che intorno al 1517 decise di andare a vivere in solitudine sulla cima di quel monte. Per alcuni anni il frate eremita visse in una piccola casa, costruita alla meno peggio per ripararsi dalle intemperie, alternando la preghiera con digiuni e penitenze e cibandosi di erbe e radici. Finché un gruppo di frati, provenienti dalla vicina abbazia di Agira, non decise di fermarsi in quel luogo e di seguire il suo modello di vita. Da allora, frate Dulcetto, non abitò più da solo e, anzi, a quel gruppo se ne aggiunsero altri, arrivando a contarne circa duecento, tanto che, per ospitare un numero così elevato di eremiti, furono realizzati nuovi romitori e, soprattutto, una chiesa. Pur tuttavia, di anno in anno, molti di loro scelsero di dividersi e di abbandonare il luogo per recarsi altrove, segnando così l’inesorabile destino dell’eremo.

Grotta dei Santi (Chiesa rupestre – XI-XIII secolo) Enna
La grotta dei Santi, scavata in un ammasso roccioso isolato e seminascosta dai ruderi di una masseria, si trova in contrada San Calogero, ai piedi dell’acrocoro ennese, ed è stata scoperta quasi per caso all’inizio degli anni Settanta. Costituta da un ambiente grossolanamente quadrangolare, con la zona di fondo (presbiterio) ripartita in due grandi nicchie absidate, la chiesa, soprattutto nella parete e nella nicchia di sinistra, conserva ancora una buona parte degli interessanti affreschi che un tempo la decoravano. La provvisoria intitolazione ai Santi si deve appunto alle figure bizantineggianti di san Nicola, santa Margherita, santo Diacono e san Calogero, immancabilmente accompagnate dalla Madonna con Bambino e dal Cristo pantocratore, presenti nei pannelli dell’iconografia rupestre. Per quanto sia piuttosto scontato l’utilizzo della grotta come laura da parte di monaci basiliani, la datazione degli affreschi, invece, risulta ancora incerta a causa di sovrapposizioni, rimaneggiamenti e grave deterioramento della pellicola; ma, in ogni caso, può ascriversi tra l’XI ed il XIII secolo.

Santuario di Papardura (Chiesa semirupestre – XVII secolo) Enna
Il santuario del Santissimo Crocefisso di Papardura, dal nome dell’omonima contrada nella bassa periferia di Enna, affonda le radici nel lontano 1659 in concomitanza con il ritrovamento di un’immagine litica del Crocefisso all’interno di una delle grotte della zona: proprio lì venne edificata una chiesa, in parte su un vecchio ponte in muratura ed in parte inglobando la grotta. La vista del piccolo edificio dalle linee semplici e pulite non lascia lontanamente immaginare lo stupefacente splendore e la sfarzosa magnificenza che si celano al suo interno, sì da farla considerare tra le più riuscite espressioni del barocco della Sicilia orientale. Stucchi policromi, legni intarsiati e smalti dorati fanno infatti da cornice alle dodici statue degli Apostoli di buona fattura ed alle tante, pregevoli opere pittoriche presenti un po’ dovunque: degno di nota, il seicentesco Trionfo della Croce che troneggia sull’altare all’interno della grotta “absidata”.

Oratorio anonimo (Cappella rupestre – XV-XVI secolo) Leonforte
Quest’oratorio rupestre non intitolato si trova nell’antica contrada Chianetti, proprio di fronte al camposanto di Leonforte, ed è composto da tre cavità contigue e due ingressi. Uno degli ambienti, adibito a chiesa, è dotato di abside con un altare ricavato dalla roccia, al di sopra del quale è dipinta una deliziosa Madonna con Bambino, del genere galaktotrophousa tipico dell’iconografia bizantina, purtroppo alquanto deteriorata.

Oratorio di Sant'Elena (Cappella rupestre – XII-XIII secolo) Leonforte
L’oratorio di Sant’Elena, nella omonima contrada poco distante dall’entrata nord di Leonforte, è un antico ipogeo sottostante al livello del terreno (vi si accede tramite alcuni scalini scavati nella roccia), peraltro simile ad altre grotte sotterranee presenti nell’area, utilizzato nel corso dei secoli sia come luogo di culto pagano che come abitazione o sepolcreto; e poi, con l’avvento cristiano, trasformato definitivamente in oratorio. L’interno, dalla forma vagamente rettangolare, presenta alle pareti tracce di affreschi del XII-XIII secolo che, però, a causa della forte umidità, risultano di difficile leggibilità: in un pannello, i resti di un’aureola, una corona, una croce e una figura di santa, probabilmente Sant’Elena; in un altro frammento, forse il più significativo, quelli classici del Cristo pantocratore.

Convento di Santa Maria di Lartisina (Ruderi di romitorio semirupestre – XI-XII secolo) Nicosia
La vicenda del convento di Santa Maria di Lartisina prende il via quando l’Altesina, da tempo abitato da eremiti, entrò nella sfera d’influenza di Nicosia probabilmente in contrapposizione alla dirimpettaia Castrum Johannis. Il complesso, arroccato alle pendici del monte (952 m.), era costituito da una piccola chiesa adagiata su un enorme masso erratico di cui oggi possiamo osservare i resti delle mura perimetrali, e di una struttura adiacente atta ad ospitare i monaci. Va ricordato che, fino al secolo scorso, attorno al convento abitava ancora un nutrito numero di nicosiani per lo più dediti alla pastorizia ed alla silvicoltura.

Conventazzo di Russomanno (Ruderi di chiesa-romitorio – XIII-XIV secolo) Valguarnera
Con la denominazione “conventazzo” vengono identificate le rovine del romitorio benedettino dedicato a San Giovanni Evangelista edificato sui resti dell’antico borgo medievale di monte Russomanno. Da meta di pellegrinaggio per gli abitanti della valle fino alla metà del Novecento, quando nel corso di una rapina viene ucciso l’ultimo eremita, si trasformerà ben presto in un luogo di abbandono e degrado.
Grotta di SAN FILIPPO D’AGIRA (Romitorio rupestre – V secolo) - Agira

Grotta di San Filippo d'Agira (Romitorio rupestre – V secolo) - Agira

Grotta di San Filippo d'Agira (Romitorio rupestre – V secolo) - Agira
La grotta di San Filippo d’Agira è l’angusto ambiente ricavato da un preesistente  ipogeo paleocristiano che, come la tradizione vuole, sarebbe stato la dimora abituale del Santo dal momento in cui giunge ad Agira fino alla morte. All’interno, nella parte iniziale più stretta, sono ancora individuabili i giacitoi in cui erano soliti riposare Filippo ed il suo fedele compagno Eusebio; sul fondo, invece, la grotta si allarga per far posto ad un altare ligneo accompagnato, sulla parete di destra, dalle tracce di un affresco annerito dalla fuliggine delle candele votive che, sempre secondo la tradizione, rappresenterebbe lo stesso Santo.

Eremo di Sant'Antonio fuori le mura (Complesso cenobitico semirupestre – VIII-X secolo) - Regalbuto

Eremo di Sant’Antonio fuori le mura (Complesso cenobitico semirupestre – VIII-X secolo) -  contrada cannavata Regalbuto
L’eremo di Sant’Antonio fuori le Mura occupa larga parte dell’area di un antico e preesistente agglomerato rupestre posto su uno sperone di roccia arenaria, poco distante dall’abitato. L’edificio conventuale, di cui restano ancora in piedi il prospetto principale, parte del chiostro, la cisterna e le mura perimetrali è collegato alle grotte circostanti mediante camminamenti e gradinate incisi nella roccia, sì da ipotizzare il loro riutilizzo come asceteri da parte della comunità eremitica. La tipologia costruttiva, con intagli artificiali, nicchie scavate nelle pareti e canalette per convogliare l’acqua piovana in una grande cisterna, fa sicuramente datare il complesso all’epoca bizantina. Senza trascurare tuttavia che, proprio in virtù della posizione strategicamente ottimale per il controllo dell’intera valle del Salso, l’insediamento eremitico (fors’anche fortificato) poteva inserirsi nel sistema dei castra ennesi. Per il resto, il complesso ha vissuto il susseguirsi di varie congregazioni o comunità monastiche che di tanto in tanto lo hanno pure ingrandito ed abbellito. La chiesa, rifatta nel 1755 e successivamente restaurata nel 1831, è tutt’ora la parte più integra dell’intero corpo: a navata unica con catino absidale, altari decorati ed ampie e luminose finestre. Il convento, invece, ceduto dallo Stato ai privati, ha finito con l’andare del tutto in rovina e sempre più alla mercé di vandali saccheggiatori.

Moschea del Balzo della Rossa (Moschea rupestre – X-XI secolo) - Sperlinga

Moschea del Balzo della Rossa (Moschea rupestre – X-XI secolo) - Sperlinga
L’ipogeo cultuale del Balzo della Rossa, il dosso roccioso affiorante a nord di Sperlinga, in una zona montana largamente antropizzata in epoca medievale, richiama subito alla mente la moschea venuta alla luce dai recenti scavi compiuti a Segesta, soprattutto per le forti analogie riscontrabili nell’architettura interna. La grande sala (45 mq), peraltro contigua ad una sorta di residenza fortificata o castello rupestre (un altro camerone di 70 mq. provvisto di finestroni e collegato ad una torre in muratura), ha la forma oblunga e le navate/campate pilastrate similmente ad un tipico luogo di preghiera islamico. Al centro della parete di fondo, che ha funzione di qibla ed è orientata canonicamente verso sud (La Mecca), è ricavata la nicchia del mirhab, oggi sfondata e tampognata in muratura. Per il resto, il crollo della parete esterna e l’uso improprio (agricolo) della struttura con la sovrapposizione di muretti posticci rendono arduo stabilire la posizione esatta della soglia d’accesso.

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