Santuari Enna, se hai un interesse religioso o artistico - Santuari ed Eremi in Sicilia

Santuari ed Eremi in Sicilia

Benvenuti nella pagina dedicata ai Santuari ed Eremi in Sicilia. Qui scoprirete tesori tra edifici sacri e Chiese, viaggerete tra sacralità e storia.  
La Sicilia è ricca di luoghi di culto che raccontano secoli di devozione e spiritualità. Dalle maestose cattedrali alle piccole cappelle isolate tra le montagne, ogni santuario ed eremo ha la propria storia
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I Santuari ad Enna

I Santuari ad Enna, che tu abbia un interesse religioso o artistico, il Santuario è un luogo sacro, ha valore religioso e culturale, sono legati ad un individuo che è considerato importante o santo da parte delle persone.
Dopo il suo passaggio, il luogo diviene conosciuto come luogo dove quell'uomo o donna hanno soggiornato o vi sono dei resti che ricordano il suo essere santo.
La parola ha raggiunto importanza e significato dal punto di vista storico.
Perciò il santuario si presenta come uno spazio sacro al pari di tutti gli altri luoghi di culto, ma indissolubilmente legato alla propria posizione, sede di una determinata manifestazione del sacro.
Con questo, a differenza da altri luoghi di culto, il santuario è connesso al fenomeno religioso del pellegrinaggio.
Troverai i contatti e le indicazioni per visitare il santuario, le strutture nelle vicinanze dove poter mangiare o dormire in modo da organizzare al meglio il tuo soggiorno.

Abbazia di San Filippo, Agira

Sorto sul tempio di Gerione, il monastero fu fondato, secondo la tradizione, dal patrono San Filippo. Fino al X secolo rivestì un ruolo importante in Sicilia, perché era un luogo di formazione religiosa, in seno al monachesimo basiliano, dei monaci cosiddetti santi e, per questo, meta Chiesa abbazia di San Filippo di numerosi ecclesiastici. Ruggero I, nel XII secolo, lo fece ricostruire e lo affidò ai monaci benedettini.
Durante il XV secolo, in seguito all'inaridimento delle campagne del Saladino, gli abati commendatari dell'abbazia di Gerusalemme si trasferirono in gran parte ad Agira, che diventò loro sede permanente sino al 1635, anno in cui si ritirarono nel monastero di San Nicolò a Catania.
Tra la fine del secolo VIII e gli inizi del XIX secolo, mons. G. Gravina curò il rifacimento della chiesa nelle sue forme attuali. Dell'architettura pre-settecentesca rimangono pochi elementi.
Il prospetto della chiesa Abbazia disegnato dall'architetto Cadorna crollò nel 1911 in seguito ad una bufera. L'attuale facciata è opera dell'architetto G. Greco, che la realizzò tra il 1916 e il 1928. La grande nicchia centrale con il gruppo di S. Filippo che sconfigge il demonio sovrasta sei nicchie con le statue dei protettori delle altre sei parrocchie di Agira. Nel medaglione sopra la porta principale è raffigurata S. Maria Latina; sopra le altre due porte sono raffigurati S. Filippo diacono e S. Eusebio.
All'interno, le tre navate sono divise da colonne rivestite in marmo rosso. La navata centrale è sovrastata da una volta a botte. Nella navata sinistra si possono osservare i tre pannelli di un polittico del XV secolo che raffigurano la Madonna con bambino, S. Benedetto e S. Calogero. Modi di derivazione tardo bizantina si associano ad elementi gotici legati alla cultura catalana e a motivi orientali derivati in Sicilia dall'influenza degli artigiani arabi.
Dalla stessa navata una scala conduce alla "cateva", dove è il sepolcro di S. Filippo. Questa grotta fu in origine il luogo dove Filippo si recava con i suoi discepoli per celebrare la messa tra i ruderi del tempio di Gerione. Qui Filippo morì e fu sepolto. In periodo arabo, per timore di perdere le reliquie del santo, la cateva fu murata e ritrovata nel XVI secolo. Sopra la scultura in marmo del XVI secolo, che rappresenta S. Filippo giacente, è una nicchia con rilievo raffigurante il santo. Attraversata la navata, presso il presbiterio, sugli stalli del coro, che è in legno di noce, intagliato nel XIX secolo, sono raffigurati episodi della vita di San Filippo. L'altare fu realizzato negli anni '60 dall'architetto G. Leone. Nella chiesa sono conservate l'arca d'argento che contiene le reliquie di San Filippo e la statua, pure in argento, del santo. Entrambe sono opere del XVII secolo, realizzate quindi subito dopo la scoperta della tomba del santo.

Agira comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 650 m s.m.,
patrono, san Filippo 11 maggio,
chiesa di San Filippo, di origine normanna (sec. XII), ma quasi completamente rifatta nel sec. XVIII, custodisce un pregevole trittico quattrocentesco, tele di Olivio Sozzi e Giuseppe Velasquez e un Crocifisso ligneo di fra' Umile da Petralia,
chiesa romanica di Santa Maria Maggiore (sec. XII) sono un'interessante croce quattrocentesca dipinta sui due lati e una Madonna secentesca in marmi policromi,
chiesa di Sant'Antonio Abate (sec. XVI e moderna facciata) custodisce una Croce dipinta, ,
chiesa di San Salvatore, dalla facciata tardorinascimentale, conserva un portale aragonese con decorazione a motivi floreali proveniente dall'oratorio di Santa Croce (ex sinagoga) oltre a una Madonna del Rosario, tela della scuola di Pietro Novelli, una mitria e un pastorale riccamente decorati del sec. XIII.

Santuario di Papardura, Enna

Il Santuario del SS. Crocifisso di Papardura si trova sulle pendici a Sud-Est della città, arroccata su un’area rocciosa, ricca di grotte, edificato a seguito della venerazione popolare scaturita a seguito del rinvenimento di una sacra immagine nel 1659.
Presso il Santuario viene celebrata ogni anno il 14 settembre la solennizzazione della Esaltazione della Croce ovvero la sua esposizione da parte del sacerdote ai fedeli. La festa organizzata dai “Procuratori” presenta ancora oggi elementi antichi e suscita una grande devozione popolare. La chiesa presenta decorazioni e stucchi eseguiti su disegni del Serpotta, ed inoltre è ornata da pregevoli quadri e paliotti d'altare.

Santuario di San Giuseppe, Enna

La  piccola Chiesa di San Giuseppe, fu eretta, presumibilmente, nel Quattrocento, ma non se ne conosce l’autore: oggi si possono ammirare solo alcuni resti della facciata e del Campanile. Di certo si sa solo che, dal 1539 al 1820, la Chiesa fu gestita dalla Confraternita di San Giuseppe, soppressa appunto nel 1820. Secondo alcuni cenni storici, la costruzione della Chiesa e del Monastero avvenne intorno al 1390, ma l’aspetto attuale è da ricondurre a una ristrutturazione effettuata nel Seicento.
La facciata è in stile barocco. L’interno, a navata unica, custodisce dipinti di notevole fattura ma di autore ignoto: una Santa Scolastica, una Deposizione di Cristo, una tela con San Benedetto ed il grande quadro della Madonna del Rosario. E’ presente anche la statua della Sacra Famiglia, che è portata in processione il 19 marzo, scolpita dal falegname ennese Greca, vissuto nel Seicento. Importanti sono inoltre: il settecentesco paliotto argenteo dell’altare maggiore, la statua della Madonna del Carmelo e il Crocifisso del XV secolo.

Santuario Madonna del Buon Riposo, Calascibetta

Il Santuario della Madonna di Buon Riposo di Calascibetta fu realizzato nel 1911 fuori dal centro abitato sui ruderi di una chiesa precedente. Le sue origini sono legate al ritrovamento di una roccia simile alla statua della Madonna. La scoperta risale alla fine del XIX secolo da parte di alcuni minatori delle vicine miniere di zolfo.
A Calascibetta ha luogo una suggestiva e profonda festa in grado di unire insieme riti religiosi e pagani, antichi e nuovi.
Si ripete ogni anno, dall’800, quando gli arabi si stabilirono nella fortezza di Kalath-Shibet, costruita per espugnare la città di Enna.
Nei secoli era una festa pagana. Solo alla fine del secolo scorso si combinò alla sacralità dei riti religiosi, festeggiando la festa della Madonna di Buon Riposo.
La tradizione vuole che alcuni minatori delle vicine miniere di zolfo, ritrovando una roccia simile a una statua della Madonna, volendola portare in un luogo più degno e adeguato pensarono di trasferirla nella vicina città di Calascibetta.
Arrivati nei pressi di dove oggi sorge il Santuario, si narra, che il peso della statua divenne tale da costringere i portatori a deporre la statua per riprendere le forze.
All’alba successiva, come per miracolo non si riuscì più a spostare la statua per l’eccessivo peso, si decise così di costruire presso il luogo un Santuario dedicato alla Madonna del Buon Riposo, dove ogni prima domenica e lunedì di settembre si onora questa ricorrenza.
I festeggiamenti dedicati all’evento miracoloso iniziano la domenica con la caratteristica Corsa dei Berberi per terminare lunedì con la processione del simulacro della Madonna.
Nel corso degli anni, la festa divenne motivo di comunione ed incontro per i contadini delle campagne vicine.
La statua della Madonna del Buon Riposo è rivestita di un manto in seta laminata, ricamata in oro.

Palio dei Berberi”
Fra le tradizioni arabe, di cultura popolare, acquisite durante la dominazione in Sicilia, il “Palio dei Berberi” è un’avvincente corsa di cavalli, veri protagonisti della manifestazione, cavalcati rigorosamente a pelo tra gli inebrianti profumi del timo e d’altre erbe selvatiche.
Questa consuetudine fu portata a Calascibetta dai berberi, gente araba con usi e costumi diversi dalla popolazione autoctona, insediatisi a Calascibetta nel 851 d. C.. Il popolo dei Berberi discende da quelle stirpi libiche ben note agli antichi col nome di Getuli, Libi, Numìdi, ecc., che occupò l’area che va dal Mediterraneo al Sudan, dall’Atlantico all’Egitto.
Il percorso originario del palio, più lungo dell’attuale, partiva dalle pendici della necropoli di Realmese. La manifestazione, di grande attrazione popolare, si svolge la prima domenica di settembre in un’area designata agli incontri folcloristici rustici, in uno scenario ameno.
Calascibétta comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 691 m s.m.,
patrono San Pietro in Vincoli prima domenica di agosto e lunedì seguente,
nella parte più alta dell'abitato è la chiesa madre, dedicata a San Pietro e Santa Maria Maggiore, risalente al 1340, ma quasi totalmente rifatta, conserva opere d'arte, tra cui un fonte battesimale in marmo del 1571, un coro ligneo intagliato, un bassorilievo di scuola gaginesca del sec. XVII ,
nella chiesa del Carmine (1771) è custodita una statua in marmo dell'Annunciazione (sec. XV-XVI), attribuita ad Antonello Gagini,
nella chiesa del convento dei Cappuccini (sec. XVI) è una un'Adorazione dei Magi secentesca di Filippo Paladino.

Santuario Madonna del Carmelo, Nicosia

Secondo tradizioni, il convento avrebbe origini molto remote. Un’indicazione sulla data della sua costruzione proviene da un’incisione rinvenuta nella cappella della Maddalena, all’interno della chiesa, recante la data 1125.
Questo Santuario, rappresenta per Nicosia un punto di riferimento religioso importante non soltanto per la posizione centrale, ma anche per una particolare devozione del popolo nicosiano alla Madonna del Carmine della quale si celebra festa solenne il 16 Luglio. Una festa molto sentita religiosamente e che viene introdotta da un lungo momento di preghiera (15 giorni) dal primo al 15 luglio. La Chiesa del Carmine è anche la chiesa a Nicosia dei Bambini in quanto durante questo alto momento di preghiera e di raccoglimento viene dedicata ai bambini una messa.
La Chiesa del Carmine è anche la Chiesa della devozione all’Abitino che, come dice una celebre preghiera “lo stimo mio tesoro più di argento, gemme ed oro”.

La Chiesa che possiamo apprezzare oggi non è l’ “originale” dato che una buona parte, ovvero il prospetto frontale, fu demolito per la costruzione della tutt’oggi scuola Media Dante Alighieri .
Ora il santuario possiede un campanile, di imponente presenza, in stile romanico, al suo interno risalta l'altare barocco in marmo policromo, il gruppo dell’Annunciazione di Antonello Gagini e Bartolomeo Berrettaro e i quadri della via Crucis della pittrice contemporanea Maria Pia Rallo.
L’edificio sacro fu ampliato alla fine del XVII secolo ed ornato da una grandiosa ed elegante facciata, che però venne abbattuta nel 1929.
Nicosìa comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 724 m s.m.,
patrono San Nicola di Bari 6 dicembre,
La basilica di Santa Maria Maggiore fu costruita dopo la frana del 1757 e conserva tra l'altro un grandioso polittico marmoreo di Antonello Gagini (1512) e il cosiddetto “trono di Carlo V” ,
la cattedrale di San Nicola, principale monumento cittadino, eretta nel sec. XIV e rimaneggiata nei sec. XVI e XIX, conserva della primitiva costruzione il sontuoso portale e la torre campanaria, con eleganti bifore e trifore, al suo interno custodisce, oltre a un soffitto quattrocentesco in legno dipinto, numerose opere d'arte, tra cui alcune sculture, un Crocifisso attribuito a fra' Umile da Petralia e i pregevoli stalli lignei intagliati del coro (sec. XVII),
la chiesa di San Benedetto conserva dell'originaria struttura trecentesca un rosone e il portale; nella chiesa di San Michele Arcangelo, edificata prima del Trecento e successivamente rifatta, sono un San Michele, statua attribuita ad A. Gagini, e un fonte battesimale cinquecentesco,
la chiesa di San Biagio ha l'interno ornato da stucchi (sec. XVIII) e custodisce un trittico in marmo di A. Gagini (1510),
in agosto ha luogo il Palio Nicosiano, durante il quale si sfidano i rappresentanti delle confraternite in costume d'epoca.

Santuario Madonna della Cava, Pietraperzia

La tradizione racconta che l’immagine fu ritrovata prima del 1223 da un trapanese muto il quale, recatosi nelle vicinanze di Pietraperzia nella contrada “Runzi”, scavò e trovò l’effige di Maria nell’atto di allattare il Bambino Gesù, dipinta su una lastra di pietra arenaria. Subito dopo il trapanese ottenne la parola. Data l’eccezionalità dell’evento, sul luogo fu costruita una cappella, dove l’immagine venne collocata e incorporata nel muro frontale, con annesso un cortile e delle celle per gli “eremiti detti della cava”.
L’attuale chiesa venne costruita alla fine del 1600. Si tramanda che, proprio in questo periodo, fu deciso di prelevare l’Immagine e trasferirla in paese presso la chiesa del Carmine, vicino al castello. Quando la lettiga su cui era sistemata l’Effige giunse nelle vicinanze del fonte canale, le mule che la trainavano, s’imbizzarrirono e la lettiga cadde a terra mandando in frantumi la sacra Immagine. Tutti i pezzi furono raccolti e ricomposti. Si decise allora di riportare, a spalla, la sacra Icona al suo Santuario. Tale avvenimento incrementò la devozione del popolo verso la Madonna.
Nell’anno 1721 furono portati a termine i lavori di ampliamento del Santuario: di quel periodo è la nomina della Madonna della Cava a Patrona principale della città.
La chiesa con l’immagine miracolosa è divenuta meta di continui pellegrinaggi; in modo particolare nel mese di maggio ogni giorno la gente a piedi fa i viaggi alla Madonna, per la dovizia di grazie ottenute.
I pietrini festeggiano la loro patrona il 14 e il 15 agosto, in concomitanza con “l’Assunzione in cielo” della Vergine Maria. La tradizione prevede l’allestimento, già dal 13, della “fiera” in alcune strade del paese, la quale si prolungherà fino al 16, giorno dei festeggiamenti in onore di San Rocco.
Dal pomeriggio del 14 il santuario è meta di continui pellegrinaggi di devoti non solo pietrini ma proveniente dai paesi limitrofi. Alle ore 24.00 è celebrata la “Messa all’aperto”. Nel passato tra gli ex voto vi erano “li scocchi”, ossia delle coccarde di nastri addobbate con fiori di stoffa o di carta; vi erano anche dei quadretti in argento raffiguranti un cuore. Si facevano offerte in denaro e in oggetti preziosi. La mattina del 15 la banda attraversa e vie principali del paese, mentre a mezzogiorno la “masciata” annuncia l’arrivo del “Palio della Madonna”  alla chiesa di S. Maria di Gesù, dopo essere stato rilevato dalla famiglia che lo custodisce.
La sera il “Palio ” viene portato in processione per alcune vie del paese. Il “Palio della Madonna della Cava” è uno stendardo con l’effige della Madonna, realizzato nel 1914, appartenente agli eredi delle famiglie Spagnolo e Guarnaccia. Questo viene utilizzato in tutte le manifestazioni riguardanti la Madonna della Cava.
Sull’altare troneggia l’immagine della Madonna, consistente in un muro di pietre in cui è dipinta Maria Santissima della Cava, nell’atto di allattare il Bambino Gesù, che mostra di essere sazio e di rimirare qualcuno per ascoltare le suppliche: la madre ed il figlio sono nell’atto di benedire.
La Madonna è collocata su un trono artisticamente intagliato, in legno cipresso e dorato con oro zecchino, opera di antichi artisti. Di rilievo artistico si ha un piedistallo in alabastro con sculture del Gagini, mentre gli stucchi appartengono al Fantauzzo. Fin dall’epoca dei ritrovamento, grande è stata la devozione del popolo pietrino che la scelse come Patrona.
La festa principale è celebrata la sera del 14 agosto; a mezzanotte il vescovo della diocesi celebra una messa solenne e subito dopo impartisce la benedizione alle macchine.
Di notevole importanza e fascino sono i “Sabati” del mese di maggio, che sono dei pellegrinaggi che vengono organizzati in maniera sfarzosa da camionisti, trattoristi e da carrettieri, che vengono da varie parti della Sicilia e che ostentano i loro carri, veri capolavori di arte siciliana…”

Pietraperzìa comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 476 m s.m.,
patrono San Rocco 16 agosto,
chiesa madre di Santa Maria Maggiore, eretta nei primi anni del sec. XVI e rifatta nel sec. XVIII dopo un terremoto, sono conservate le tombe di alcuni membri della famiglia Barresi, sculture di scuola gaginesca e una Madonna in trono e santi di Filippo Paladino ,
molti palazzi dei sec. XVII-XVIII, con sontuosi portali e ampie balconate, spicca il Palazzo del Governatore; le mensole che sorreggono la balconata sono ornate da sculture antropomorfe.

Santuario Madonna della Lavina, Cerami

Nella Chiesa vi è custodita una sacra immagine della Madonna col Bambino, dipinta ad olio su lavagna, di autore ignoto del Sei­cento, verso la quale il popolo ceramese da tempo immemorabile nutre una immensa devozione.

La devozione alla Madonna della Lavina è lega­ta all’evento prodigioso del ritrovamento, nel XVII secolo, di una sacra icona tra le acque di un piccolo torrente.
Sulle origini del quadro della Madonna della Lavina e sulla storia del suo ritrovamento pochi sono attualmente i documenti rinvenuti che ne permettano una fedele ricostruzione.

Una ipotesi accreditata da riferimenti stori­ci, è quella che la preziosa icona fu donata alle suore Benedettine da Giorgio Maniace, generale normanno che durante il XIV secolo fece edificare a Cerami due monasteri: quello di località Rahali e quello in località Carcia, oggi Lavina in cui si insediarono le suore Benedettine.
Con l’interto di preservare l’icona dalla lotte iconoclastiche, che anche in Sicilia conobbero momenti di ferocia e di tremende devastazioni, le suore Benedettine del monastero di Lavina inchiodarono il quadro della Madonna ad una trave del soffitto, rendendone quindi difficile ed impossibile il ritrovamento. In seguito le suore abbandonarono il monastero di Lavina per la sua vetustà e si trasferirono nel centro abitato, nel monastero annesso all’abba­zia di San Benedetto.
Il vecchio monastero di Lavina, abbandonato, andò in rovina seppellendo, tra i suoi ruderi, l’icona della Madonna.

Una pia tradizione, vuole che la Madonna sia apparsa più volte in sogno ad una delle suore Benedettine, che si erano nel frattempo trasferite nel monastero annesso all’Abbazia, e l’abbia invitata a riferire all’arci­prete del luogo di curarsi della dissotterrazione dalle rovine del vecchio monastero di una sacra imma­gine che la rappresentava. L’invito fu accolto con scetticismo dal sacerdote, e dopo la terza apparizione cadde una pioggia torrenziale e dalle macerie del monastero rinvenne galleg­giando la trave su cui era inchiodato il quadro della Madonna. L’indomani un contadino, che attraversava il luogo del vecchio monastero, notò che la sua mula, si inginocchiò sul posto dove giaceva, sotto il fango e la melma, la sacra immagine.
Il contadino, stupito ed impressionato dall’atteggiamento dell’animale, chiamò a raccolta quanti lavoravano nelle vicinanze. Si cominciò a scavare e, con stupo­re dei presenti, si rinveniva il quadro della Madonna. Ancora oggi molti anziani del paese riferiscono il fatto che sulla sacra icona ritrovata vi e impressa l’impronta dello zoc­colo della mula.
Non appena l’arciprete ebbe notizia dell’episodio, scosso e pentito, fece suo­nare le campane a distesa e assieme ad una gran folla di fedeli si recò a Lavina e con grande devozione fu raccolta la sacra icona. (A ricordo di questo evento si celebra nel mese di maggio in Cerami la festa dell’Incontro in cui viene portata in processio­ne l’icona bizantina custodita nell’Abbazia di S. Benedetto, insieme ai simulacri dell’Arcangelo Michele e San Giuseppe).
L’immagine fu quindi chiamata “Santa Maria di Lavina”, dal luogo del suo ritrovamento, in dia­letto “u lavinaru” che significa torrente, per le acque che vi scorrevano e vi scorrono tutt’ora.
La tradizione ci dice ancora che il ritrovamento del quadro è stato coronato da alcuni eventi miracolosi: uno dei più noti narra di un certo Giuseppe, cieco da tredici anni, che, appena sparsasi la notizia di quel che era avvenuto a Lavina, fu condotto dai parenti laggiù e bacia­ta la Sacra Immagine, riacquistò la vista.

Dopo il ritrovamento della sacra icona, che le suore benedettine vollero trasferire nella nuova chiesa annessa al nuovo monastero, nel luogo fu costruita una chiesetta rurale ove venne collocata un’al­tra immagine della Madonna che allatta Gesù Bambino, artistico dipinto su pietra di pregevole fattura, di autore ignoto del Seicento. A questa immagine miracolosa è legata la singola­re devozione.
La costruzione della Chiesa risale al sec. XVII. Trattasi di edificio a navata unica di modeste dimensioni. Della struttura ori­ginaria rimangono oggi purtrop­po solo le mura perimetrali.
La Chiesa, infatti, nel corso dei secoli, ha subito consistenti danni ed stata oggetto di vari rimaneggiamenti.
Chi ricorda il sacro edificio prima degli ultimi eventi bellici, riferisce che l’interno della Chiesa era uno scrigno d’arte, con un tetto ligneo a capriate, intarsiato e dipinto, e le pareti affrescate con immagini raffigu­ranti gli episodi legati al ritrova­mento della sacra icona.

Tra il 1948 ed il 1952 furono eseguiti i lavori di ristrutturazione ed in quella occasione venne ricostruito il tetto e realizzata la volta della navata centrale, ma senza apportare alla stessa alcun elemento artistico o decorativo.

La Madonna ha un volto dolce e delicato: messa in posizione seduta, accoglie fra le sue braccia il suo divin Figlio che con la bocca poggiata al seno materno guarda l’osservatore piuttosto che la Madre.
L’icona è stata arricchita di una splendida cornice ovale a sua volta contornata da una corona di fiori dipinti su di un tavolato che finisce con un’altra cornice che da all’intera composizione la forma rettangolare. Due meravigliose corone dorate opere di argentieri palermitani, poggiano sulla testa della Madonna e del Bambino. Queste corone, donate dall’Associazione Culturale “Il Gabbiano” di Cerami nel 2007 in occasione dell’Innalzamento a Santuario Diocesano, sono state benedette dall’attuale Pontefice Benedetto XVI e hanno sostituito le precedenti corone argentee dell’Ottocento.

I solenni festeggiamenti in onore della Madonna della Lavina si svolgono annualmen­te a Cerami nei giorni 7 e 8 settembre. Durante la novena ogni mattina, all’alba, mentre dal campanile della Chiesa Madre echeggia il suono delle campane, il rullo dei tamburi per le vie del paese chiama i fedeli alla Messa. All’imbrunire, poi, i fedeli molti a piedi scalzi. ritornano laggiù, al Santuario, a fare i “viaggi a Lavina”.
Le sere che precedono il 7 settembre sono carat­terizzate da Veglie di preghiera e da incontri di formazione spirituale, tra i quali il suggestivo pellegrinaggio che si snoda dalla Chiesa Madre, con una “fiaccolata”, fino al Santuario. La mat­tina del 7 settembre l’artistico quadro della Madonna, sorretto da un congegno detto “baja­lardo”, sostenuto a spalla dai fedeli, viene por­tato in solenne processione per le principali vie del paese. Lo precedono bandiere di alloro ed un corteo di ragazze che indossano una tradiziona­le tunica rossa che richiama le origini greche del paese. La processione sosta presso la Chiesa Madre, per la solenne Celebrazione Eucaristica. e quindi presso l’Abbazia di San Benedetto. Da qui, nel far della sera, si snoda la devota e toc­cante processione per riaccompagnare la sacra Icona nel Santuario.

Cerami comune del Consorzio Comunale di Enna, 970 m s.m.,
patrono San Sebastiano 20 gennaio e ultima domenica di agosto,
è compreso nel Parco Regionale dei Nebrodi,
in stile barocco sono le chiese del paese: la chiesa madre di Sant'Ambrogio (costruita nel sec. XVI ma rimaneggiata nel sec. XVIII), che custodisce una statua della Madonna del Rosario di Antonello Gagini, la chiesa del Carmine, che conserva un Crocifisso di fra' Umile da Petralia, e la chiesa di San Benedetto o dell'Abbazia,
ad agosto si svolge la Festa di San Sebastiano, con esibizione dei caratteristici banneri, grandi bandiere di alloro costruite per l'occasione

Santuario Madonna delle Grazie, Centuripe

Il Santuario, dedicato alla Madonna delle Grazie, ha costituito da sempre per Centuripe, un luogo di grande devozione per la presenza di un dipinto raffigurante la Madonna in esso custodito.

La chiesa mantiene, la sua antica struttura risalente al 1554, quando i religiosi di Centorbi, costruirono nel 1585, un altare all’interno di una grotta ( dove esisteva già un’antica chiesa cristiana ) per potervi celebrare la Santa Messa. Probabilmente la prima chiesa riedificata dopo la ricostruzione del paese, fu ribattezzata proprio per tale peculiarità, la chiesa della “Madonna della Grotta”.

La Chiesa, a navata unica, presenta un abside decorata nel 1935, entrando a destra troviamo una tela raffigurante Sant’ Emidio, protettore contro i terremoti, a sinistra è visibile una tela raffigurante un angelo custode. Sull’altare centrale è custodita la tela con la Madonna delle Grazie ( già Madonna della Grotta ) nell’atto di allattare il bambin Gesù che regge il globo, con ai lati Santa Monica e Sant’Agostino. Il dipinto è stato per secoli venerato da tutto il circondario e ogni 8 settembre, giorno in cui ricorre la festa della Madonna delle Grazie, viene portata con devozione in processione per le vie del paese.

Il culto verso la Madonna è legato alla figura di un pio frate di Castrogiovanni, oggi Enna, Andrea del Guasto, nato nel 1534, che viveva da eremita in quella grotta, a cui la Madonna, secondo la tradizione, avrebbe consegnato, di propria mano, un libretto di orazioni, in sostituzione di quello smarrito che egli utilizzava quotidianamente. Con i solenni festeggiamenti in onore della Madonna delle Grazie, che comprende la processione del fercolo per le vie della città seguito da una immensa folla di fedeli in preghiera,a Centuripe inizia il lungo periodo di festività religiose, fino al 19 settembre in onore ai patroni Santa Rosalia e San Prospero.
Centùripe comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 730 m s.m.,
patrono San Prospero 19 settembre,

Santuario Madonna di Fatima al Calvario, Nicosia


Santuario Maria SS. di Valverde, Enna



Santuario San Filippo Apostolo, in Santa Maria la Cava, Aidone

Una chiesa molto antica, ad Aidone, è quella dedicata a Santa Maria la Cava in quanto fu fondata nel 1134 d. c. per conto della Principessa Adelasia, nipote del Gran Conte Ruggero I.
Rimasta vedova nel 1132 d. c. fece costruire una Chiesa con un’annessa torre com’era d’uso in quell’epoca e dedicata a Santa Maria. I Normanni erano legati spiritualmente per le proprie vittorie che celebravano la festa nel mese di Agosto, durante le pause delle guerre.
In seguito la chiesa fu donata ai Benedettini che fecero costruire un Convento, e dotarono la chiesa di quattro vaste tenute nelle contrade Ginestrella, Commenda, Pranietto e Portella.
Al suo interno la chiesa presenta diverse Cappelle dedicate ai santi in quanto i nobili erano molto devoti, lo stile della chiesa è molto eclettico ma classico opera dell’architetto-scultore Filippo Dell’Ospedalis invece l’attuale Abside della nostra Chiesa e la base della torre con una volta a crociera in stile arabo-normanno, riprende in qualche modo il motivo dell’arte romanica.
All’esterno la struttura presenta un prospetto inferiore che segue lo stile classico del tempio greco in quanto i sei falsi pilastri sono suddivisi in quattro centrali e due laterali, realizzati in pietra arenaria locale sono sormontati da una architrave a due fasce; invece la parte superiore è stata divisa da cornici a diversi livelli con dei gocciolatoi tutti in pietra arenaria.
Infine l’artista collocò delle finestre sopra le due false porte per renderle esteticamente affini allo stile barocco siciliano.
La chiesa di Santa Maria la Cava è stata eretta a Santuario dedicato a San Filippo apostolo.

Circa cinquant’anni prima, nel 1579, la chiesa di Santa Maria Lo Plano, in origine costruita nella periferia occidentale, di molto staccata dal centro urbano che sorgeva sulla cresta del monte e si dipanava sul costone orientale, era stata dichiarata chiesa parrocchiale coadiutrice della Chiesa Madre di San Lorenzo. Infatti, con l’infoltirsi delle abitazioni nel “piano”, la chiesa si era trovata al centro di un quartiere popoloso, da qui l’esigenza di renderla parrocchiale. È probabile che l’importanza della chiesa deriva anche dal diffondersi del culto di San Filippo a cui, in una chiesa ad aula unica, verrà dedicata una cappella esclusiva.
La cappella settecentesca era decorata con i magnifici stucchi, conservati nella parte superiore delle pareti e sulla volta, che sono stati riportati agli antichi splendori con il restauro.
La statua di San Filippo è stata sottoposta ad un restauro, è risultato che la sua manifattura può essere collocata tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento. È stata pure sfatata la leggenda che voleva che il nero della faccia del Santo fosse dovuto al legno nel quale era stato scolpito, l’ebano. É emerso infatti che il santo è stato volutamente dipinto di nero, forse in analogia con la rappresentazione di santi molto venerati in Sicilia come il san Calogero dell’agrigentino e il vicino San Filippo di Agira con la cui storia ci sono spesso punti di contatto.

A proposito di San Filippo Argirione, è nata la leggenda che vuole che gli aidonesi avessero rubato o sostituito la statua dei vicini piazzesi, ma entrambe le comunità di fedeli temono che il santo voglia tornare nella propria casa! Da qui la tradizione che viene raccontata in Aidone, che per la processione del primo maggio il Santo venisse fatto uscire e rientrare di spalle, perché non vedesse la strada per Piazza Armerina, che fronteggia appunto la chiesa di Santa Maria. Dall’altra parte a Piazza Armerina nel corso della processione di San Filippo di Agira, lu Casaluttari, venerato nella chiesa omonima del “giovane” quartiere  del Casalotto, nella festa che si celebrava la seconda domenica di maggio,  si temeva che san Filippo se ne volesse tornare in Aidone
Verrebbe da chiedere se gli aidonesi avessero apposta accorciato le gambe del nostro san Filippo per impedirgli di fuggire? Da sempre infatti ci si chiede il perché della sproporzione tra il busto e gli arti inferiori della statua, per tutto il resto ben proporzionata e di pregevole fattura.  E se avessero colorato di nero il bel faccione di patriarca per renderlo irriconoscibile ai vicini piazzesi? Quello che è certo è che a Piazza Armerina il culto per san Filippo di Aidone è rimasto immutato nei secoli, i piazzesi costituiscono il gruppo più numeroso di pellegrini che a piedi raggiungono il santuario ed avevano un posto privilegiato tra i portatori nella processione del primo maggio.
Un’altra caratteristica che accomuna i due santi è la preghiera perché il santo assicuri un buon raccolto, a Piazza “la vera processione era preceduta dai contadini che promettevano il frumento messo in groppa alle loro bestie da soma per ottenere la grazia di un buon raccolto, della buona salute loro e dei loro collaboratori quadrupedi” (Gaetano Masuzzo. Cronarmerina). In Aidone il “viaggio” del Santo, il cui Fercolo è addobbato anche con tralci di fave fresche e spighe, inizia verso le tredici per permettere di partecipare ai tantissimi pellegrini che nella notte hanno raggiunto il santuario.
Ma anticamente l’ultima domenica di maggio il santo veniva portato in processione, quella dedicata agli aidonesi, per la classica via dei santi (che attraversa tutto il centro storico), la processione giungeva  fino al piano del Castellaccio perché benedicesse le messi.
Già in occasione della benedizione del Reliquiario d’argento si parla dell’accoglienza con grandi feste, e San Filippo, il primo maggio, rappresenta una delle feste principali di Aidone, insieme alla Pasqua e san Lorenzo

La tradizione della festa di San Filippo risale alla fine del 1500, la notizia più certa risale al 1632 quando a Regalbuto fu benedetto il reliquiario dei Santi Filippo e Giacomo.
La festa non riguarda solamente il comune di Aidone ma anche i comuni limitrofi. A questo Santuario accorrono nei giorni 30 aprile e 1 maggio in devoto e pio pellegrinaggio i fedeli da ogni parte della Sicilia. Caratteristica di questa festa sono le cosidette “zagaredde”, strisce di stoffa colorata che la gente compra nei giorni della festa per strofinarli sulla statua di San Filippo Apostolo; esse sono un legame che il fedele instaura con il Santo chiedendo di poter ritornare l’anno successivo. Molte volte, infatti, l’anno successivo i fedeli ritornano con le “zagaredde” legate ad una torcia come segno di ringraziamento.

Durante tutto il mese di maggio la statua rimane esposta all’altare, terminato il mese a lui dedicato farà ritorno nella sua cappella.
Due feste si celebrano in suo onore nel Santuario di Aidone: quella dell’1 maggio, detta festa dei forestieri, e quella del 14 novembre, data della nascita al cielo dell’Apostolo, detta festa della devozione. Il 14 novembre viene celebrata l’Eucarestia all’interno della cappella dell’Apostolo, alla fine della quale è possibile venerare la reliquia.

Agira comune del Libero Consorzio Comunale di Enna, 650 m s.m.,
patrono San Filippo 11 maggio,
la chiesa di San Filippo, di origine normanna (sec. XII), ma quasi completamente rifatta nel sec. XVIII, custodisce un pregevole trittico quattrocentesco, tele di Olivio Sozzi e Giuseppe Velasquez e un Crocifisso ligneo di fra' Umile da Petralia,
la chiesa romanica di Santa Maria Maggiore (sec. XII) un'interessante croce quattrocentesca dipinta sui due lati e una Madonna secentesca in marmi policromi,
la chiesa di Sant'Antonio Abate (sec. XVI e moderna facciata) custodisce una Croce dipinta,
la chiesa di San Salvatore, dalla facciata tardorinascimentale, mantiene nell'interno tracce dell'originario impianto normanno (sec. XII) e conserva un portale aragonese con decorazione a motivi floreali proveniente dall'oratorio di Santa Croce (ex sinagoga) oltre a una Madonna del Rosario, tela della scuola di Pietro Novelli, una mitria e un pastorale riccamente decorati del sec. XIII,

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