Santuari Siracusa, se hai un interesse religioso o artistico - Santuari ed Eremi in Sicilia

Santuari ed Eremi in Sicilia

Benvenuti nella pagina dedicata ai Santuari ed Eremi in Sicilia. Qui scoprirete tesori tra edifici sacri e Chiese, viaggerete tra sacralità e storia.  
La Sicilia è ricca di luoghi di culto che raccontano secoli di devozione e spiritualità. Dalle maestose cattedrali alle piccole cappelle isolate tra le montagne, ogni santuario ed eremo ha la propria storia
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I Santuari a Siracusa

I Santuari a Siracusa, che tu abbia un interesse religioso o artistico, il Santuario è un luogo sacro, ha valore religioso e culturale, sono legati ad un individuo che è considerato importante o santo da parte delle persone.
Dopo il suo passaggio, il luogo diviene conosciuto come luogo dove quell'uomo o donna hanno soggiornato o vi sono dei resti che ricordano il suo essere santo.
La parola ha raggiunto importanza e significato dal punto di vista storico.
Perciò il santuario si presenta come uno spazio sacro al pari di tutti gli altri luoghi di culto, ma indissolubilmente legato alla propria posizione, sede di una determinata manifestazione del sacro.
Con questo, a differenza da altri luoghi di culto, il santuario è connesso al fenomeno religioso del pellegrinaggio.
Troverai i contatti e le indicazioni per visitare il santuario, le strutture nelle vicinanze dove poter mangiare o dormire in modo da organizzare al meglio il tuo soggiorno.

Il Santuario del Sacro Cuore di Gesù a Rosolini

Luogo di culto della Sicilia sud orientale, è ubicato nella parte alta della città, tra le viuzze strette. La fondazione del Santuario del Sacro Cuore è legata alle vicende umane e spirituali di Madre Carmela. La storia ha inizio quando la donna acquista da un venditore ambulante un modesto quadro del Sacro Cuore di Gesù e la stampa ottocentesca si rivela dotata di poteri taumaturgici.
Il quadro del Sacro Cuore si venera sull’altare dell’antica abitazione. Il Santuario si divide in due parti: Chiesa e Convento del Sacro Cuore. La festa religiosa viene celebrata l’ultima domenica di settembre con grandissima partecipazione sin dalle primissime ore del mattino con pellegrinaggi e doni votivi tra cui la devozione di vestirsi con l’abito religioso creato da Madre Carmela quale ringraziamento per una grazia ricevuta.

Santuario di San Corrado, Noto

La chiesa di San Corrado Fuori le Mura si trova a 5 chilometri dal centro cittadino di Noto nella Valle dei Miracoli ed è un santuario settecentesco sorto nel luogo in cui S. Corrado Confalonieri, patrono della città, visse, all'interno di una grotta ancora oggi visitabile, in eremitaggio dal 1322 al 1351.

La chiesa è raggiungibile mediante una scala che scende dall'abitato di Noto, così come mediante la cava in cui essa è stata costruita. Posta alla fine di un lungo viale alberato, è in stile barocco e al suo interno custodisce una statua marmorea del Santo cui è dedicata, oltre ad una tela della Madonna col Bambino datata 1759 e ad una pala di Sebastiano Conca raffigurante San Corrado datata 1759.
All'interno della struttura religiosa è allestito un piccolo museo ex-voto. Qui gli oggetti votivi sono conservati ed esposti in base ad argomento: abiti, ex voto anatomici, ori e argenti, dipinti, arredi sacri e relique di San Corrado e dell'eremita Venerabile Pietro Gazzetti.

Santuario di San Sebastiano, Melilli

La devozione di San Sebastiano a Melilli
La storia ci tramanda che alla fine dell’Aprile del 1414 una nave, proveniente dall’Adriatico, naufragò sull’isola Magnisi. Non ci furono vittime e i naufraghi attribuirono questo eccezionale accadimento alla statua di San Sebastiano, contenuta in una cassa trasportata nella nave, che si preoccuparono subito di raccogliere, non riuscendo però a sollevarla. La notizia dell’evento giunse presto al vescovo di Siracusa che, con il popolo in processione, si recò subito sul posto al fine di portare la statua presso la sede arcivescovile.
La leggenda tramanda che nel momento in cui si decideva presso quale dei paesi del siracusano la statua dovesse esser collocata, improvvisamente e miracolosamente il simulacro divenne pesante per tutti coloro che cercavano di sollevarlo tranne che per gli abitanti di Melilli i quali trasportarono il miracoloso Simulacro di San Sebastiano in processione fino al paese tra canti di gioia e inni religiosi.
La statua venne collocata presso una grotta chiamata Carcarella, dove già si venerava l’immagine del glorioso martire.
A Melilli si conserva invece un piccolo ossicino che fa parte del braccio del Santo. Il bimartire è venerato quindi da oltre 600 anni da tutti i fedeli.

Dopo il terremoto del 1693 che distrusse la prima Chiesa, nel 1695 cominciano i lavori per la costruzione dell’attuale, il prospetto in pietra intagliata su progetto dell’architetto Nicolo Sapia di Siracusa, portale in bronzo opera dell’artista Domenico Girbino da Catania (1980).
La narrazione si apre in alto a destra con la scena della predicazione della parola presso i Gentili; segue sulla sinistra il Santo legato ad un albero mentre subisce il martirio. Al centro sempre a sinistra, è raffigurata con poche notazioni allusive la visita in carcere di Irene, mentre a destra è la gloria di S. Sebastiano che ascende i cicli; nella parte inferiore destra si vedono il sepolcro (in scorcio), sopra il quale si innalza il Santo, e le Figure-simboli della Speranza, della Fede e della Carità, recanti l’ancona, la fiaccola e la fiamma. A sinistra, concludono il racconto i cosiddetti “Nudi”, e sullo sfondo // loggiato della piazza.
Nella n avata Centrale nel Soffitto: Pitture in tela applicata al legno di Olivio Sozzi del 1754. Al centro D: La Gloria di San Sebastiano rivestito dell’armatura su una nube trasportata dagli angeli dei quali uno tiene la palma della vittoria, un altro l’elmo. Più in alto è possibile ammirare la Vergine Mediatrice di tutte le Grazie che siede sovrana tra Dio e San Sebastiano. Accanto è un angelo che dalla Trinità ha ricevuto la corona per posarla sul capo di San Sebastiano; altri due angeli presentano a Dio e agli uomini gli strumenti della vittoria di San Sebastiano: la freccia e l’arco. Ancora più in alto è rappresentata la Trinità.
Per altri due squarci compaiono due pezzi di ciclo in cui si affacciano: in quello verso l’altare due angioletti sorreggenti l’uno una corona di alloro, l’altro una palma; in quello verso il pronao altri due angioletti di cui uno porta la mazza con la punta terrea, I “altro si avvolge quasi impicciato nelle strisce bianche svolazzanti.
Di particolare pregio il Paliotto dell’altare maggiore raffigurante “la pia vedova Irene che medica San Sebastiano ferito”, opera dello scultore palermitano Ignazio Marabitti; dello stesso autore le due statue raffiguranti la Fede e la Fortezza adagiate sul timpano.
Quadro centrale raffigurante il martirio di San Sebastiano – copia dell’originale di O. Sozzi distrutto ell’attentato del 1946-di Giovanni Valenti da Niscemi (1992).
Stalli del Coro in noce riccamente intagliati da Giovanni Roggio e Giovanni Marino di Augusta nel 1781. Sulle pareti del coro due grandi tele del Moro, della casa Alinari di Firenze (1937). Una raffigura San Sebastiano che predica nelle catacombe (su tema); l’altra San Sebastiano dinanzi all’imperatore romano (riproduzione).
la sagrestia arredata nel 1746 con ricchi mobili in noce ad intarsi e intagli.
La Taumaturgo Statua del Santo si conserva in cassaforte. Rimane esposta per la venerazione dei fedeli dal 20 al 27 gennaio e dal 4 all’11 maggio.

Santuario Madonna Adonai, Brucoli

Il santuario della Madonna dell'Adonai si trova nei pressi di Brucoli. In base ad antiche testimonianze, riprese anche da scrittori del XVI e XVII secolo, il santuario sarebbe un oratorio paleocristiano, fa parte di un complesso religioso antichissimo e la sua caratteristica più interessante è l’altare ricavato nella roccia con un’incisione di una Madonna nera.
La Madonna è splendidamente collocata all’interno di una cappella di questa Chiesa che come per il santuario sorge come detto su di un’area interessata da un precedente insediamento cristiano forse del III Secolo d.C.

L'immagine sacra della Vergine dell'Adonai, contrariamente a quanto si crede, non è una Madonna Nera forse risalente al III sec. d.C.
La Madonna è raffigurata seduta su un serto di nuvole con in braccio il bambino che con la mano destra impugna una croce, mentre con la sinistra poggia il suo scettro sul mondo.

Santuario Madonna del Bosco, Buscemi

Il Santuario della Madonna del Bosco si trova nel colle S. Nicolò, a Buscemi. Nella parete sinistra del santuario si conserva un antico affresco della vergine col bambino, composto da innumerevoli strati di intonaco e pigmenti che per colori e forme si riconducono originariamente al XVI secolo.
La Madonna del bosco qui venerata è la patrona di Buscemi e viene festeggiata l’ultima domenica d’Agosto, le celebrazioni estive sono particolarmente sentite dai cittadini che organizzano ogni anno solenni festeggiamenti.
L’antica chiesetta e l’eremo annesso vennero totalmente distrutti dal terremoto del 1693 mentre l’affresco della madonna rimase miracolosamente illeso e subito inglobato in una nuova struttura.

La Festa il sabato (vigilia dei festeggiamenti), alcuni si recano a rendere omaggio alla propria patrona, partendo dalla chiesa Madre con degli stendardi e un gonfalone della Madonna. La mattina dell’ultima domenica d’agosto, alcuni colpi di cannone e il suono festoso delle campane, svegliano il paese e danno inizio ai festeggiamenti. Inizia la processione mattutina, l’artistica “vara” (fercolo) ottocentesca con la statua della Madonna, esce dal Santuario tra lo sparo di bombe ed il suono festoso delle campane e della banda musicale. Il fercolo preceduto dagli stendardi e da molti devoti a piedi scalzi, che portano in mano una torcia, è portato in processione dai buscemesi che fanno il voto della “spada nura” in altre parole portando a spalla nuda per tutto il lungo percorso il fercolo con il simulacro della Madonna, e rivolgendosi ad Essa con voce corale “e chi siemu tutti muti evviva a Maronna”. Alle ore 10, il simulacro è accolto all’ingresso del paese da ventuno colpi a cannone, da molti fedeli e dalle Autorità cittadine, i quali le donano dei fiori e si aggiungono alla processione. Alcune centinaia di metri più avanti, si arriva ad una piccola salita molto stretta e ripida, la qual è fatta di corsa dai portatori, e mentre è percorsa, invocano per la fatica la Madonna con il grido “e chiamamula ca na aiuta evviva a Maronna”. Numerosi sono i genitori che svestono i propri bambini al passaggio del simulacro donando gli abiti come segno di ringraziamento e devozione. Intorno alle ore 13.30, la processione si conclude nella chiesa Madre, tra scampanii festosi, lo sparo di bombe e il lancio di ‘nzareddi (fettuccine di carta colorata) e palloncini. La sera si svolge una S. Messa solenne con la presenza delle Autorità cittadine e dopo, si svolge la processione serale sull’artistico carro, percorrendo le vie principali del paese seguita da molti fedeli.

Al rientro della processione, in piazza si svolge uno spettacolo musicale, infine la serata si conclude con uno spettacolo pirotecnico. La sera della domenica successiva, il fercolo con il simulacro sono riportati al Santuario sempre seguita da numerosi fedeli che pregano devotamente la loro patrona. All’uscita del paese la Madonna è salutata da un piccolo spettacolo pirotecnico. I festeggiamenti si concludono con la deposizione della Madonna nella propria cappella del Santuario.

Santuario Madonna delle Grazie, Buccheri

Oggi l’aspetto della chiesa si presenta nel tipico stile del Settecento, frutto di quella ricostruzione post sismica che interessò tutta la Sicilia orientale.
Un viale circondato da alberi di pino conduce all’unico ingresso del Santuario, arricchito di un portale scolpito in pietra ed una cornice dentellata aggettante. La facciata è costituita da due ordini, quello dove si apre l’ingresso e quello superiore con finestrone centrale, sormontato a sua volta da un fregio con corona e croce dove è scolpita la M, simbolo del nome di Maria.

L’interno del piccolo Santuario è ad unica navata e al centro della zona del presbiterio, all’interno di una elegante nicchia circondata da colonne arricchite di stucchi fitomorfi e terminante in un fregio con angeli svolazzanti, trova posto la venerata immagine della Madonna delle Grazie. La statua della Vergine con il Bambino è intronizzata come una regina, sotto un elegante baldacchino in legno dorato.

Santuario Madonna delle Grazie, Avola

L’Eremo di Avola Antica, Convento Santuario Madonna delle Grazie (ex cappuccini)
L’eremo di Avola Antica, è sito in alto, sulla sponda destra della Bugliola ed il suo convento, che un tempo era custodito da un gruppo di monaci questuanti, s’affaccia, specialmente dalla parte del refettorio, nel precipizio abbastanza profondo della Bugliola, offrendo allo spettatore un’incantevole veduta panoramica che gli consente di poter ammirare la riviera del mare Ionio con il Lido di Avola, il lido di Noto, i paesaggi di Calabernardo, Eloro, San Lorenzo, Marzamemi ed altri posti fino al promontorio di Capo Passero, nonché, all’orizzonte, il panorama di Pachino.

Le rovine dell’antica Avola, come attesta il viaggiatore francese Jean Hoüel, che le visitò nel 1777, erano tristi e immerse nella solitudine. Il sacerdote Sebastiano Li Gioi, (1677 ca. – 1747) per rivitalizzare e ridare sacralità a quei luoghi, volle erigere, a sue spese e sopra i resti del convento dei Cappuccini, un Eremo.
Il dormitorio prese in seguito il nome di Eremo della Madonna delle Grazie per il leggendario ritrovamento, negli anni sessanta del ‘700, sotto un grande masso, di una campanella e di un bassorilievo calcareo raffigurante la Madonna delle Grazie, ora custodito presso la chiesa dell’Eremo. Nel 1896 in ricordo di tale avvenimento, si edificò un’edicola votiva. Il convento dei Cappuccini era presente fin dal periodo bizantino. L’Eremo, luogo di villeggiatura con clima incantevole e di aria purissima, nella ricorrenza della MADONNA DELLE GRAZIE il 2 Luglio e della Madonna Assunta il 15 Agosto è frequentato dai fedeli della città di Avola per i festeggiamenti e celebrazioni Eucaristiche. La festa della Madonna delle Grazie fu istituita nel 1994. La festa è preceduta da una processione che prende l’avvio la sera del 1° luglio, alle ore 18:00, dalla Chiesa Madre. A piedi e lungo i tornanti, con luminarie e canti, dopo alcune ore si raggiunge la chiesa dell’Eremo per venerare la sacra immagine.
Nella chiesa è conservata pure l’effigie di un bassorilievo in pietra dipinta il cui ritrovamento avvenne casualmente alla fine del ‘700 nel luogo dell’antica Abola in cui doveva situarsi la precedente chiesa del convento dei Cappuccini. L’immagine, di fattura artigianale, raffigura, in un’impostazione di tipo tradizionale, la Madonna che allatta il Bambino. Vi si conserva pure la piccola campana bronzea, finemente decorata, rinvenuta assieme al bassorilievo.

La Chiesa ad una navata, è formata sul davanti da unico corpo avente, nella parte inferiore, il portale d’accesso e, sulla sommità la cella campanaria con tre fornici dei quali il centrale, più alto, è sormontato da un timpano. All’interno dei fornici vi sono le campane mentre due volute a spirale concludono i loro profili esterni raccordandosi con la sottostante trabeazione. Il portale, semplice ma raffinato, presenta tre gradini di accesso e, ai lati, due lesene sporgenti con capitelli tuscanici, sorreggenti piedritti decorati con foglie d’acanto. Questi, a loro volta, danno sostegno ad eleganti vasi colmi di frutta e foglie. L’arco a tutto sesto del portale ha la chiave segnata da una testina mentre un arco spezzato, posto superiormente ad esso, funge da chiusura all’insieme e contemporaneamente si pone come elemento di raccordo con le parti delle pareti del prospetto definite in pietra calcarea. Risolta con l’intonaco è la rimanente superficie della facciata, mentre un rosone presente al centro ha il compito di illuminare la cantoria.
All’interno la chiesa ha subito il rifacimento degli altari laterali negli anni 1911 e 1914. Elegante è la ringhiera liberty che separa la navata dal presbiterio. Questo è ricoperto da piastrelle del primo Novecento a venti motivi romboidali con foglie stilizzate nei colori rosso mattone, beige e nero, mentre la navata conserva basole quadrate di pietra pece. Anche l’altare maggiore, nel 1925, subì pesanti rifacimenti, ma nel 1984 un caso fortuito (alcuni ladri lo avevano divelto alla ricerca d’immaginari tesori) ha consentito di far emergere parte dell’altare originale del Settecento. Barocco nella concezione, questo si presenta concavo nella parte centrale e con decori rococò. Lateralmente ha due sporgenti volute decorate alla base da grandi foglie d’acanto recanti, nella parte superiore, splendide teste di putti serpottiani. Il tutto era sormontato, sulla parete absidale, da un’interessante tela attribuita al pittore Costantino Carasi trafugata nel 1973 e raffigurante l’Immacolata con i santi Corrado, Venera.
Tela-pala dell’altare maggiore della Chiesa dell’Eremo della Madonna delle Grazie
La tela di sicura mano del grande pittore Olivio Sozzi o del suo migliore allievo, è databile intorno ai primi anni del 700, nel tempo in cui gli avolesi ritrovarono la prodigiosa scultura della Madonna delle Grazie.

La tela di Avola antica in realtà è un pezzo di storia della città e vi si può leggere la devozione antica del Popolo avolese legato ab antiquo alla Madonna delle Grazie, infatti nel sito della nuova Avola, nel quartiere vignale, fu costruita in epoca ottocentesca la piccola chiesa di Santa Maria delle Grazie.

A destra della chiesa è l’ingresso del convento. Questo poggia le sue fondazioni sulla rupe calcarea che fa da parete alla sottostante cava ed è costruito con blocchi di pietra irregolari legati da malta cementizia. L’altezza del piano terra e del piano superiore dei corpi è invece segnata da linee orizzontali risolte con pietra quadrata. Le corsie del convento seguono l’andamento del suolo, per cui la linea spezzata del tetto sembra adeguarsi all’ambiente e con esso fondersi. Le finestre evidenziano l’estrema semplicità delle pareti esterne del romitorio. I vuoti che esse determinano accentuano le notevoli dimensioni dell’intera struttura e alcune s’impongono per l’elegante sobrietà. Culminanti con un arco ribassato presentano, nelle chiavi, ieratiche figure femminili quasi avvolte nel fogliame d’acanto, mentre mensole, delicatamente intagliate, sorreggono le soprastanti architravi decorate, nella parte sottostante, con sporgenti dentelli. Ampio, con grandi ambulacri, è l’interno dove si aprono le numerose celle ed altri vani.

Santuario Madonna delle Lacrime, Siracusa

Il santuario della Madonna delle Lacrime è stato eretto a ricordo della miracolosa lacrimazione di un’effigie in gesso raffigurante il Cuore Immacolato di Maria, posta al capezzale dei coniugi Iannuso presso la loro umile abitazione in via degli Orti a Siracusa, nel 1953.

Il santuario è costituito dalla cripta e dal tempio superiore, con un corpo conico formato da costoloni in cemento armato che raggiungono un’altezza complessiva di 74 m, sormontati da un coronamento in acciaio di 20 metri di altezza che porta una statua della Madonna in bronzo dorato, opera diFrancesco Caldarella, circondata da un’aureola ad elementi circolari e raggiera. Nel tempio superiore vi è l’altare centrale che custodisce il prodigioso quadretto. Lateralmente vi sono le cappelle: (da destra) Cappella della Sacra sindone (Riproduzione), San Giuseppe e Santa Lucia. A sinistra: Santissimo Sacramento, Altare della Carità e infine la cappella di San Pio da Pietrelcina che successivamente è stata spostata nella Cripta del Santuario.

Sul piano della cripta, sono conservati dei resti di età romana e tardo-antica costituiti da un ipogeo pagano e da un annesso vasto ambiente con pareti originariamente decorate a mosaico. In Cripta vi sono delle cappelle, quella di san Corrado Confalonieri, di sant’Agata, san Francesco d’Assisi, san Pio da Pietrelcina e altre.

Nella cappella di santa Lucia vi è la tomba di Mons. Calogero Lauricella, vescovo di Siracusa dal 1973 fino alla morte nel 1989.

La basilica Santuario di S. Lucia al sepolcro, Siracusa

La basilica Santuario di S. Lucia al sepolcro, sorge a Siracusa nella zona Extra moenia, cioè fuori le mura della città, e custodisce il luogo del martirio e della sepoltura di S. Lucia. S. Lucia giovane siracusana nasce alla fine del III secolo, cresciuta in una nobile famiglia della città, e le vengono consegnati i valori del Vangelo e la testimonianza dei primi cristiani, tanto da farle prendere la decisione di consacrarsi al  Signore Gesù.

La giovane Lucia era stata promessa sposa ad un giovane, Valerio, pagano che, vistosi rifiutato da Lucia la denuncia al console della città, Pascasio, conducendola davanti a lui per essere torturata con l’obiettivo di far abbandonare la fede cristiana alla giovane Lucia.

La tradizione ci dice che tra le torture subite le furono cavati gli occhi, ecco perché S. Lucia è venerata dalla chiesa universale come la protettrice degli occhi e della vista. Successivamente la famiglia di Lucia e la comunità cristiana depone il corpo della martire in un sepolcro scavato nella roccia all’interno dell’area delle catacombe sottostanti, diventando così meta di pellegrinaggio di molti fedeli.                 Lucia muore il 13 Dicembre del 304.    Da allora un flusso costante di pellegrini e devoti viene qui a rendere omaggio alla Santa e chiedere grazie per sua intercessione al Signore.

Lucia rimane sepolta qui fino all’anno 1039. Il generale bizantino Giorgio Maniace trafuga il corpo portandolo nella lontana Costantinopoli, come regalo di nozze all’imperatrice Teodora rimanendo li fino al 1204, quando i veneziani prelevarono il suo corpo e lo portarono a Venezia dove adesso è custodito nella chiesa dei santi Geremia e Lucia di Siracusa.
All’inizio del 1600 per commissione del senato della città, fu costruito il tempietto per opera di Giovanni Vermexio che custodisce il sepolcro di S. Lucia e nel 1634 fu scolpita la statua di S. Lucia morente  dallo scultore Gregorio Tedeschi.  Nel 1735 la città di Siracusa assediata dagli austriaci,  vive un grande momento di sofferenza e i cittadini si rivolgono a S. Lucia per la custodia e la protezione. La santa risponde a questa richiesta con un segno visibile a tutti, la statua marmorea nei giorni 6-7-8- Maggio di quell’anno, emette sudore dalla fronte, la faccia e le mani, dando conferma a tutti della sua protezione e della sua intercessione.

A custodire questi luoghi santi dal 1618 sono i frati minori occupandosi del decoro,  della struttura ma soprattutto dell’accoglienza dei pellegrini che ogni giorno arrivano da diverse parti del mondo, assicurando la preghiera e l’assistenza spirituale,  mettendosi a disposizione in ogni cosa dei bisognosi della comunità e del territorio.

Santuario Maria Santissima Annunziata, Francofonte

Uno degli edifici religiosi più antichi della città di Francofonte è la Chiesa dell’Annunziata “Extra Terra”.

La chiesa dell’Annunziata già nel sec. XVI dette il suo nome alla circostante contrada, lungo la sponda sx. del torrente. Non sappiamo quali danni abbia arrecato al sacro edificio il terremoto dell’11 Gennaio 1693.
Vicino alla chiesa dell’Annunziata “Extra Terra”, dall’altra parte del torrente, in contrada Silva, si trovava il convento di S. Francesco d’Assisi con relativa chiesa che nel 1593 era abitato da tredici frati, tra i quali Frate Serafino da Francofonte, molto ricordato nelle genealogie dell’ordine tanto da essere nominato Beato. Nato a Francofonte nel 1542 da famiglia contadina, morì a Messina nel convento di S. M. di Portosalvo nel 1616. I frati Francescani abbandonarono il convento, sempre a causa della malaria, nel 1640 e andarono a stabilirsi nel nuovo convento in paese, intitolato a S. Maria di Gesù. Il terremoto del 1693 distrusse il convento “alla Silva” il quale non verrà più ricostruito.
Nel corso del sec. XVIII la chiesa dell’Annunziata era accudita periodicamente da frati eremiti, che abitavano nel romitorio. Fu forse nella seconda metà del sec. XIX che la chiesa venne abbandonata fino al punto da ridursi in rovina, nei primi decenni del sec. XX. Nel 1947-48, grazie al generoso contributo di molti fedeli la chiesa venne restaurata e si ricostruì anche la scalinata d’accesso,

La chiesa dell’Annunziata “Extra Terra” nelle forme attuali risale quindi al 1695 ed ingloba parti cinquecentesche, ma ha anche subito notevoli rimaneggiamenti nel sec. XX, la facciata si presenta alta con spiovenze a capanna ed è chiusa agli angoli da una coppia di imponenti paraste tuscaniche, a dargli maggior slancio contribuisce la scalinata composta da quattordici gradini con ampia pedata.
L’interno è ad unica navata e presenta tre altari per lato, più quello maggiore, tutti di recente fattura così come gli stucchi, il pavimento in travertino e la volta a botte. AI 1695 o poco dopo dovrebbero invece risalire i capitelli delle arcate entro cui si trovano gli altari laterali.

Santuario Maria Scala del Paradiso, Noto

Il santuario diocesano, Maria Scala del Paradiso, è un luogo di alta spiritualità per la parte sud-est della Sicilia.

Nel corso di tanti anni, seminaristi e sacerdoti vi si sono avvicendati per approfondire il proprio rapporto personale con il Cristo attraverso Maria. Non dimenticando, al tempo stesso, il piacere di stare sulla cima di una collina, che permette di sfuggire al caldo dell’estate della “nuova” Noto, iscritta nella lista del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

La chiesa di Santa Maria Scala del Paradiso è Santuario diocesano. Qui si venera la miracolosa Immagine di Maria Santissima Scala del Paradiso, co-patrona della Diocesi di Noto. Adiacente alla Chiesa sorge l’antico convento. Si tramanda la storia della prodigiosa Immagine dipinta su calcarea rupe fra massi sporgenti al cosiddetto “passo del bove”, in contrada Scala, lungo la regia trazzera Noto-Avola.

Il 3 Agosto nell’Eremo ricorre la festa della “Madonna della Scala”, Patrona della Diocesi di Noto. In questa occasione si commemora tradizionalmente il miracoloso ritrovamento dell’effigie raffigurante la “Madonna che reca in mano la Scala del Paradiso”. All’interno, dietro l’altare in alto, non si può non rimanere affascinati dall’affresco della Madonna della Scala del Paradiso. Il dipinto su roccia della Madonna della Scala, probabilmente di anonimo autore bizantino, raffigura la Vergine dal volto sorridente è rivestita da una veste alla greca, in piedi, circondata da cinque testine di angeli. Con il braccio sinistro sorregge Gesù Bambino, mentre al suo fianco si vede la simbolica scala che tocca il cielo in uno sfondo di colline verdi.

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