Bibite artigianali siciliane, stuzzicano il palato, con gli aromi del territorio
Le deliziose bibite artigianali siciliane, vieni a scoprire le nostre deliziose bibite artigianali siciliane: limonate fresche, bevande tradizionali e tante altre specialità che rappresentano l'autentico gusto dell'isola.
Assapora le bevande preparate con ingredienti di alta qualità e con la passione per la tradizione culinaria locale.
Che tu sia un'appassionato di bibite artigianali o semplicemente in cerca di qualcosa di fresco e gustoso da bere, qui troverai sicuramente la tua nuova bevanda preferita! Buon bere in Sicilia!
Sorseggia una fresca limonata o immergiti nei sapori tradizionali con le nostre bevande autentiche.
Da gustare durante una calda giornata estiva o come accompagnamento perfetto a un pasto ricco di sapori siciliani. Scopri le bibite artigianali che rappresentano l'autentico gusto dell'isola e lasciati trasportare in un viaggio di sapori unico e indimenticabile.
Non è una mini guida degli aperitivi analcolici vintage, è dedicata ai nostalgici per far pensare al tempo che fu.
Ecco a voi una delle tre bevande molto famose negli aperitivi di un tempo:
troviamo la Spuma o champagnino dei poveri, ed il selz, limone e sale, il dopo pasto ideale per digerire tutto l’acqua e anice o zammù, rinfrescante per l’estate
Il Seltz di limone e sale, potremmo definirlo il drink più bevuto nei chioschi di Sicilia
Non ci deve stupire che le bibite artigianali, sono state create partendo da antiche ricette e custodiscono profumi e sapori del territorio.
L’importanza che riveste l’offrire una bibita rinfrescante è una usanza antica, era più un rito che si tramandava da generazioni, che accompagnava la calura dei mesi estivi e del cui refrigerio si conserva il ricordo anche durante i mesi invernali.
Diverse sono le principali, ne indichiamo alcune:
Il Seltz, limone e sale. Più che una bevanda, un rituale, passeggiando per il centro cittadino un tempo non molto lontano, non si potevano non notare i chioschi, oggi a dire il vero pochi, fino a qualche anno fa erano considerati un oasi per rinfrescarsi nelle calde giornate estive, ma anche punto di ritrovo per uno scambio di opinioni.
L’indiscusso protagonista del chiosco è il Seltz, bibita che disseta e che, va bene per tutte le stagioni.
L'acqua di Seltz viene invece preparata al momento, aggiungendo all'acqua privata del cloro, con dell'anidride carbonica per mezzo di un sifone portatile o da banco, aromatizzata con essenze e oli naturali quale il limone della varietà verdello.
Si differenzia dalla soda che altro non è che acqua gassata addizionata molto effervescente, dal gusto sapido perché prodotta anche con l’aggiunta di potassio, bicarbonato di sodio, oltre ad essere bevuta “liscia” o miscelata a liquori e distillati, come il whisky, perché non ne copre il gusto.
O dall’acqua tonica, frizzante che la rende indispensabile per accentuare i gusti ed esaltare le note di alcuni distillati come il gin, lo scotch o la vodka. Composta da acqua addizionata a CO2, zucchero e aromi naturali, tra cui una piccola percentuale di chinino, si riconosce dal suo tipico gusto amarognolo che va a diluirsi nei drink.
Il nome di questa bevanda deriva da Selters, un piccolo comune tedesco. Proprio a Selters si trova una sorgente di acqua ricca di anidride carbonica, che è la base per la preparazione di un ottimo Seltz. E per rendere il racconto ancora più completo, bisogna necessariamente parlare anche di Joseph Priestley, un chimico inglese che scoprì il processo grazie al quale si ottiene l’acqua gassata alla base del Seltz.
Le sporadiche strutture che vediamo oggi, discendono direttamente dagli antichi “acquafrescai” borbonici.
Oggi Il selz è diventato “Setz” , ci si ferma per rinfrescarsi, scambiare due chiacchiere con il titolare, mentre prepara la bevanda ricca di bollicine, con il succo del limone e sale.
Spuma la bibita dei poveri
Il termine spuma è equivalente all’anglosassone “soda”, anch’esso adatto a indicare qualunque bibita analcolica “con bollicine” che prescindere dal fabbricante.
Bibita, diffusissima a partire dagli anni ’40 in tutta Italia, in realtà la spuma non ha mai abbandonato i bar di paese, resistendo all’assalto delle ben più famose cole.
Soft drink, onnipresente bevanda al baretto, all’oratorio o a casa delle nonne, poteva essere mescolata con il vino rosso, oppure per diluire la birra.
La sua caratteristica bottiglia, chiusa da una pallina di vetro, le meritò l’appellativo di champagne della pallina, rotta la bottiglia si giocava a biglie, oltre al fatto che il suo nome, di origine popolare, spuma indica la schiuma, da qui spumante diviene comune, e venne adoperato da tutti i gazzosai.
La spuma è una bibita analcolica a base di acqua gassata, zucchero, quantità variabili di caramello e aromi vari tra cui, succo di limone, infuso di scorze di arancia, rabarbaro, vaniglia, spezie
La spuma era anche un termine, generico, che risale ai tempi in cui esistevano molti produttori locali di bibite gassate, per cui il nome delle singole marche era meno importante di adesso.
I tipi di Spuma più comuni erano la classica “bionda” e la “scura”, che le maggiori ditte produttrici avevano creato con un gusto proprio, particolare e molto dissetante, ma esistevano anche SPUME al mandarino, alla menta, al cedro, al bitter, i piccoli produttori erano chiamati “gazzosai”.
Alcune ditte storiche produttrici di questa bevanda esistono ancora oggi, non ne hanno mai smesso la produzione, anzi l’hanno integrata con altri tipi di bevande, ma le multinazionali hanno avuto il sopravvento sui piccoli “gazzosai” e la Spuma è ormai ricordata soltanto dai quarantenni ed oltre.
Oggi la ricetta è stata rivisitata e la Spuma è rinfrescante, ideale per essere consumata con aperitivi e rustici, ottima per essere gustata nelle calde giornate estive.
Acqua ed anice o acqua e zammù
Acqua ed anice o acqua e zammù, più comunemente conosciuto come Anice Unico Tutone, perchè la sua preparazione è basata su una ricetta messa a punto dai fratelli Tutone nel 1813 e, da allora, tenuta gelosamente segreta, tramandata solo di padre in figlio a colui che prende a in mano le redini dell’Azienda.
Tutto ebbe inizio con gli Arabi, la Sambuca è ottenuta da un distillato di anice stellato o anice verde, che avevano l’abitudine di disinfettare i pozzi d’acqua con un distillato di fiori e semi di sambuco. Si dice che l’invenzione dell’antenato dell’acqua e anice sia dovuta ad un arabo.
Poiché ne derivò un gusto apprezzabile per l’acqua, le famiglie siciliane continuarono a mantenere questa abitudine nel tempo. Forse a questo deve il suo nome la città siciliana di Sambuca di Sicilia. Il passo è breve e la tradizione popolare trasferì il nome di acqua e zammu’ (zammu’- zambut- sambuco) all’acqua e anice.
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Gli Acquavitari e gli acquaioli
Arrivati fini qui non si può non fare menzione degli acquavitari, è molto verosimile che nelle famiglie povere prese a frutto il lavoro della donna di casa e, armandosi di un orcio in terracotta per avere sempre acqua fresca, di una bottiglia con una storta per versare le gocce dell'essenza e qualche bicchiere, cominciò a girare per le strade in cerca di clienti, dando vita così al mestiere dell’Acquavitaro.
Alcuni di questi Acquavitari, più intraprendi di altri, con clienti già fidelizzati, diventarono stanziali, aprendo dei chioschi.
Gli Acquavitari producevano in proprio alcuni liquori a partire dall’alcol e univano a erbe, agrumi e spezie. Oltre ai liquori più pregiati vi era poi un miscuglio di tutti i residui di liquore rimasti invenduti, mescolati in una botte di legno, che dava luogo ad una miscela che veniva venduto ad un minor prezzo.
Gli Acquavitari si erano anche assegnati una protettrice nella Madonna della Mercede, la cui festa è il 24 settembre, a fine estate, a Palermo vi era “la vanella degli acquavitari collaterale la Chiesa degli Acquavitari.
Gli Acquaioli, producevano e rivendevano anch’essi dei distillati alcolici, ma erano più propriamente dei fornitori di acqua e dissetanti, quale il distillato di anice. Esercitavano il loro mestiere un po’ in tutte le campagne e le città, lungo le passeggiate, per le strade, vicino agli uffici o ai teatri, nelle fiere, e si annunciavano al tipico ‘abbanniu’ o grido.
Nascono i chioschi
Cosi a quel tempo compaiono i primi chioschi, strutture fisse, luogo di ristoro per quanti cercano refrigerio dall’arsura nei mesi più caldi dell’anno. Uomini e donne di ogni età si rinfrescano sorseggiando bibite fresche, dalle miscele più tradizionali alle bevande più moderne, quali sciroppi artigianali: il Mandarino al limone, l’Amarena, il Tamarindo e molte altre deliziose varianti. Non mancavano i frappe‘, i sorbetti e il caffè siciliano.
Era attrezzato con un piccolo tavolo in legno sul quale poneva bicchieri di vetro, un colino per il succo di limone, e piccoli lampioncini per la luce della sera. Il tavolino era decorato con colori vivaci, con pendagli e nastri come quelli tipici dei carretti siciliani. La brocca o quartara era in coccio perchè aveva il vantaggio di mantenere fresca l’acqua al suo interno.
Uno dei discendenti Tutone a capo dell’impresa di famiglia, Francesco Tutone, diede incarico ad Ernesto Basile di disegnare un chiosco per la propria attività, in stile Liberty prodotte in ferro battuto presso la Fonderia Oretea, per proteggere dal sole gli avventori che acquistavano bevande o prodotti di tabacco.
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