Quando l’amore in Sicilia veniva celebrato, gli innamorati si davano alla pasticceria, alcuni dei dolci tipici, tra cuore e gusto
A Ragusa, vi era una tradizione, la domenica, i giovani ragusani passeggiavano nei pressi della chiesa di San Giacomo per cercare di conquistare una fanciulla. Se riuscivano nel loro intento, gli incontri successivi si spostavano in luogo diverso. Le fanciulle, nell’attesa del corteggiatore, erano solite condividere i cutumedi, dei dolci locali a forma di ciambella aromatizzati al miele. La ricetta si realizza impastando in una terrina ricotta, farina ed un uovo intero, quindi si creano delle palline morbide da friggere poi in un padellino con strutto o con olio e quindi cospargerle con miele di timo, "cutumedi" dal greco "cutmìs, idos" che significa leccornia.
Altri dolci da gustare erano le parmette, chiamati così per la loro forma che richiamava quella della palmetta, definiti “biscotti di mandorla dei poveri” in quanto, originariamente, la farina di frumento venne inserita come ingrediente insieme alle pregiate mandorle, per compensare la scarsità di queste ultime nelle famiglie dell’epoca meno abbienti.
Le chiavi di San Pietro sono dei biscotti palermitani preparati in occasione della festa del santo, che ricorre nel mese di giugno. Sono dolci realizzati con farina di mandorle e miele, tagliati a forma di chiave e decorati con confettini di zucchero. Durante la festa di San Pietro, l’usanza vuole che i fidanzati e i neo sposini si regalino queste chiavi dolci. Quando il dolce viene spezzato per mangiarlo, la parte più grande è donata al marito da parte della moglie. Le chiavi di San Pietro simboleggiano, inoltre, la speranza che i due innamorati possano incontrarsi nuovamente in paradiso.
Ma vi era anche un rione dove abitavano i pescatori soprannominati Sanpietrani perché devoti di San Pietro. Il rione, che era situato all’interno del mandamento di Castellammare, prendeva appunto il nome del Santo, ma non vi era una chiesa a lui dedicata. I festeggiamenti avevano inizio la sera della vigilia, fra vino, “babbaluci” (lumache), angurie e quant’altro. La tradizione di questa festa però voleva che, gli organizzatori regalavano ai ragazzi del quartiere dei caratteristici biscotti a forma di chiave: questo simbolo riconosceva a San Pietro l’autorità di custode delle chiavi del Paradiso.
I biscotti d’a zita sono tipici della provincia di Trapani. In passato si preparavano solo in occasione dei ricevimenti nuziali. Il modo più gustoso per mangiarli è inzuppandoli nel vino.
Per concludere, non possiamo non nominare uno dei dolci più amati: le minnule agghiazzati. Si tratta di mandorle ricoperte di zucchero, servite rigorosamente con un cucchiaio d’argento agli invitati ai matrimoni.
A seconda delle aree dell’isola, la si chiama in modi diversi, ma tutti con identico significato. La bontà della mandorla non è da mettere in discussione men che meno quella del dolce, l’origine minnule è dialettale, partendo dal presupposto che l’etimologia è quella greco-latina di “amigdala“, in dialetto siciliano diviene: mennula, minnula, mandorla.
Se ne volete sapere di più potete cercare il libro “Taula Matri: la cucina nelle terre del Verga”, curato dal Prof. Luigi Lombardo, noto studioso delle vicende storico antropologiche siciliane.
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