La mandorla nella pasticceria siciliana
La mandorla tra storia segreti e bontà, è la protagonista assoluta della pasticceria siciliana.
Sono stati gli Arabi a scoprire il segreto di lavorare i frutti tritati con l’albume d’uovo e il miele e sono stati loro a inaugurare la grande tradizione siciliana dei dolci di mandorle. Una tradizione che poi è stata raccolto dai Normanni, agli Spagnoli, ai Francesi, dai conventi, diversificandosi di città in città, di borgo in borgo.
Quando gli arabi sbarcarono in Sicilia e portarono in Europa la canna da zucchero, il gelsomino, l’anice, il sesamo, la cannella e lo zafferano; abilissimi pasticcieri, crearono molti dolci profumati, tra cui il cannolo elaborato poi dalle donne di Caltanissetta. Il torrone fatto di pasta reale, una delicata pasta di mandorle ricoperta di cioccolato pregiato o di glassa di zucchero fondente.
L’influenza araba portò ad una innovazione nella realizzazione dei dolci, costituita dall’aggiunta di essenze, come l’acqua di rose, l’essenza di muschio, i pistacchi ed i pinoli. In seguito alle Crociate, nei monasteri giunsero nuove spezie e soprattutto il già ricordato zucchero di canna, che andò a sostituire il miele e gli altri dolcificanti, costituiti, fino ad allora, soprattutto dal mosto d’uva, dalla frutta matura, dai fichi secchi e dall’uva zibibbo.
Tra i primi studiosi che si occuparono della catalogazione delle varietà di mandorle presenti nella Sicilia, Giuseppe Bianca nel suo manuale del 1872 ne elenca diverse tra cui la Romana, diffusa principalmente in territorio di Noto. Sono tre le varietà coltivate nelle campagne di Noto: Romana, Pizzuta d’Avola e Fascionello. La prima è quella che dà i frutti migliori dal punto di vista organolettico (il sapore è intenso e aromatico, il colore bianco-rosato) ma meno apprezzati dal mercato (per la forma tozza e irregolare). La terza varietà è una via di mezzo fra le prime due: simile alla Pizzuta per la forma dei frutti e “vigorosa” come la Romana. Queste antiche hanno un guscio spesso e legnoso: un involucro che trattiene i grassi, conservando a lungo il sapore e il profumo delle mandorle ma, per contro, la resa non è alta.
Le principali preparazioni a base di mandorle sono la pasta reale che, a differenza del marzapane, è lavorata a crudo, i dolcetti di martorana sono la riproduzione fedelissima di frutti, miniature di frutta, le conchiglie (a forma di cappesante e ripiene di marmellata di cedro), il latte di mandorle, il torrone, i mustazzuoli (a forma di esse e fatti di pasta di miele farcita di mandorle tritate e miele di arancia), gli amaretti, i faccioni di Noto, i biscotti petitfour decorati con una mandorla o con una ciliegia candita) e, naturalmente, la cassata, il dolce barocco per eccellenza. La forma è quella di una torta: sopra c’è una glassa di zucchero bianca, attorno pasta reale al pistacchio e, dentro, fra strati di soffice pan di Spagna e ricotta di pecora.
I dolci siciliani nascono nell’ambiente monastico
Ii dolci siciliani nascono nell’ambiente monastico, i dolci venivano realizzati dalle monache di clausura siciliane e si tramandavano di generazione in generazione fino ad arrivare ai giorni nostri, erano fonte di sostentamento per le suore di clausura che cuocevano dolci per donarli alle poche persone con cui interagivano, come vescovi in visita, medici o contabili. Una produzione più consistente non era fattibile, perché gli ingredienti necessari per realizzare i dolci non erano facili da reperire.
Molti monasteri femminili iniziarono a trasformarsi in pasticcerie semiprofessionali. Le badesse erano incaricate di cercare gli ingredienti migliori per realizzare i dolci, mentre le converse, donne non sposate che trascorrevano il loro tempo nei monasteri femminili per dare una mano nei compiti quotidiani si offrivano di lavorare per imparare l'arte del preparare i dolci, erano un’importante fonte di lavoro per garantire la produzione costante di dolci.
Per chi è interessato alla gastronomia letteraria, raccomandiamo infine una visita al convento di Palma di Montechiaro, fondato dalla famiglia che figura nella famosissima opera Il Gattopardo, di Giuseppe Tomasi da Lampedusa, dove si preparano i dolci tradizionali menzionati nel libro, come la “cassatella”, ricoperta di glassa bianca e ripiena di pasta di mandorle e zucca, e i “biscotti ricci del Gattopardo”, a base di pasta di mandorle e cannella.
Come nasce la frutta di martorana
Questi tipico dolce siciliano, originario di Palermo, è famoso principalmente per la sua forma caratteristica. È tipica infatti l'imitazione perfetta di frutta. La pasta interna è fatta esclusivamente di farina di mandorle e zucchero.
Deve il suo nome alla Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio o della Martorana, il convento fu realizzato per le nobildonne dell'ordine di San Benedetto e voluta dalla nobildonna Elisa Martorana, qui le suore di clausura già nel XIII secolo preparavano queste piccole delizie. Inizialmente preparati per la festa dei morti, sono oggi diffusi in tutta la Sicilia e non solo.
Alcuni datano la prima pasta di mandorle preparata intorno alla fine del 1100, ubicandola nel convento palermitano della Martorana, annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, e l’appellativo “reale” sarebbe nato proprio per la sua bontà, implicando che si trattasse di una leccornia “degna di un re”, anche per le caratteristiche estetiche che le consentono di ricreare dei dolci non solo buonissimi ma anche belli da vedere.
Altri narrano che all'interno del monastero le suore avessero creato uno dei giardini più belli della città, il Vescovo, incuriosito, decise di andare a visitarlo e approfittando del suo status.
La visita, però, fu in pieno inverno, quando gli alberi erano spogli. Le monache allora decisero di creare dei frutti colorati con la pasta di mandorla per addobbare gli alberi spogli, in questo modo è nata la frutta martorana.
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