La Bibbia ed il vino
I greci dedicarono a Dionisio riti e costumi della vendemmia, poiché il dio aveva insegnato agli uomini la coltivazione della vite.
Sin dall’età omerica, nel simposio, il vino seguiva l’ultima pietanza e aveva un ruolo fondamentale per il carattere magico dell’ebbrezza generata modificando lo stato delle coscienze.
Il vino era considerato soprattutto da Platone e dalla sua scuola un mezzo per il superamento del sé verso un contatto più stretto con il divino, in grado di aprire la mente a una superiore conoscenza.
Successivamente il culto greco del dio Dionisio si diffuse a Roma assumendo nell nome di Bacco modalità più festaiole che religiose.
Nell’antico Testamento il vino ha un valore ambivalente come espressione di ospitalità o strumento di collera divina, mentre nei Vangeli suggella il primo e l’ultimo atto dell’incarnazione di Cristo: le nozze di Cana e l’Ultima Cena. Con l’affermarsi del cristianesimo l’uso liturgico della bevanda si estese, sacralizzandosi compiutamente nell’eucarestia.
Secondo l’esegesi medievale il vino rappresentava il sangue di Cristo, il mistero della sua divinità e della retta dottrina. Per l’uomo pio simboleggiava la conoscenza della legge, l’intelligenza spirituale e la vita contemplativa. Il vino puro chiamato “merum” dai latini, rappresentava per la sua schiettezza e limpidezza la sincerità e la verità.
In senso negativo, il nettare di Bacco simboleggiava il piacere del peccato, la lussuria e l’amore dei piaceri terreni.
Nella sua accezione simbolica è legato ai contesti cristici come l’ultima Cena, le nozze di Cana, la cena di Emmaus, o scene dell’antico Testamento come l’ebbrezza di Noè.