L'antropologia del cibo - Bere e mangiare in Sicilia

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L’antropologia del cibo e i dolci, la valorizzazioni del patrimonio culturale

L’antropologia del cibo e i dolci, la valorizzazioni del patrimonio culturale
Il cibo e la cucina sono fonte inesauribile di sapere e conoscenza, l’antropologia dell’alimentazione, descrive i sistemi e i comportamenti alimentari nelle diverse culture. L’interazione tra cibo e cultura per comprendere quanto l’ambiente è stato importante nel plasmare la cucina di tutto il mondo.
Le tradizioni culinarie, infatti, non sono semplicemente ingredienti, riflettono la storia evolutiva di un popolo nel suo far fronte alla disponibilità dei beni commestibili ed all’incontro con altri popoli e la loro cultura .
Quello che accorerebbe evitare è che i cibi locali siano abbandonati, soprattutto per evitare un certo grado di perdita, culturale, identità del territorio. Preserviamo il territorio e quello che c’è di buono nel sapere della comunità che li realizza.
Sappiamo che la preparazione e il consumo di cibo uniscono persone, come la produzione di specifici ingredienti e la loro trasformazione in prodotti finiti.
E’ con il periodo del rinascimento che la pasticceria iniziò a prendere la forma che conosciamo oggi.
Il periodo che va dal 1300 al 1400 fu caratterizzato dalla nascita delle basi dell’arte culinaria, vengono scritti diversi ricettari e il primo dell’epoca sembra essere stato il “Libro della Cocina” di un anonimo fiorentino, che riporta una sessantina di ricette di uso comune.
L’evoluzione importante nell’arte della pasticceria è alla fine del Cinquecento, soprattutto grazie alla maggiore disponibilità di zucchero, del cioccolato l’affermarsi di creme. Con il seicento la bontà dei dolci e le nuove abilità dei cuochi che il dolce diventa arte culinaria.
Ma è nei monasteri come nei conventi che si continuò la preparazione di dolci a base di miele, perché i monaci allevavano le api per ottenere la cera per le candele: la fabbricazione di dolciumi al miele si accompagnò così alla fabbricazione delle candele e, per tutto il periodo del Rinascimento, i fabbricanti di candele e quelli di dolci furono sempre uniti in una sola Corporazione.
Questo è quanto avvenuto in quella che ogi è l’italia, in Sicilia dobbiamo fare un passo indietro, è nell’827, che i musulmani sbarcarono a Marsala e portarono in Europa la canna da zucchero, il gelsomino, l’anice, il sesamo, la cannella e lo zafferano; abilissimi pasticcieri, crearono molti dolci profumati, tra cui il cannolo elaborato poi dalle donne di Caltanissetta ospiti dell’Harem «Kalt El Nissa» («Castello delle Donne»). L’influenza araba portò ad una innovazione nella realizzazione dei dolci, costituita dall’aggiunta di droghe ed essenze, come l’acqua di rose, i pistacchi ed i pinoli, dolci a base di miele. In seguito con le Crociate, nei monasteri giunsero nuove spezie e soprattutto il già ricordato zucchero di canna, che andò a sostituire il miele e gli altri dolcificanti.

Ricordiamo anche che i Siciliani furono abilissimi gelatai, grazie ale neviere, sempre di importazione araba. Oltre ai gelati veri e propri, ci sono i sorbetti (contengono liquori), le granite (pezzettini di ghiaccio aromatizzati con l’aggiunta di sciroppi) e le gramolate (che si preparano facendo gelare il preparato per un gelato alla frutta senza rimescolarlo, così che, gelando, formi delle minutissime scaglie di ghiaccio).

L’inizio della produzione industriale del cioccolato, che inizialmente era usato soltanto dai farmacisti in piccole dosi, permise anche ai pasticcieri di acquistarne grosse quantità ed impiegarlo nella preparazione dei dolciumi al cioccolato, ancor oggi tanto diffusi. A Modica si produce il cioccolato modicano.

Fino all’inizio del secolo XIX, lo zucchero, elemento fondamentale dell’industria dolciaria, era rimasto un prodotto raro e di lusso, poiché veniva estratto esclusivamente dalla canna, cambia tutto nei primi anni del secolo successivo quando sorse in Europa l’industria per l’estrazione dello zucchero dalla bietola.
Chi non conosce i confetti bianchi, che erano già noti fin dal Cinquecento ed erano ottenuti ricoprendo di zucchero e di creme di liquori mandorle e nocciole, dopo con la maggiore disponibilità dello zucchero quelli attuali.

Con la produzione di massa, la pasticceria assume una dimensione più democratica e vira verso il popolare, perdendo parte del suo alone di emozione domestica e simbolica dei solo più abienti.

Abbiamo detto che la pasticceria per diversi motivi era relegata a pochi, e dal XV al XIX secolo, per acquistare un vassoio di dolci da portare in tavola la domenica a pranzo o in qualche occasione importante, non si andava in una pasticceria, bensì in un convento. Le monache dei conventi, con il passare degli anni, divennero sempre più abili nella preparazione di dolci, manicaretti, tanto da diventare famose.
La vita all'interno di un convento di clausura non era facile. Una vita fatta di privazioni, di preghiere, di silenzio, di isolamento, di regole severe, non sempre però i soldi elargiti dalle nobili famiglie erano sufficienti per mantenere la vita all'interno dei conventi. Così le monache iniziarono a preparare dolci che da un lato servivano a guadagnare denaro, dall’altro le tenevano impegnate in attività decisamente più allettanti della preghiera e del silenzio. Alcune di queste monache portavano con loro in convento anche conoscenza culinaria che indubbiamente aiutò molto in quella che fu poi la preparazione dei dolci.
All'interno dei monasteri si svilupparono veri e propri opifici, come si sviluppò la produzione tessile e la vendita di generi alimentari, frutto del raccolto delle terre amministrate o di prodotti di trasformazione dei laboratori monastici. Ricordiamo anche che i dolci avevano un forte legame con il calendario liturgico e scandivano l’organizzazione sociale del tempo e che ogni convento aveva un piatto identificativo.
Possiamo affermare che dal tempo dei sovrani normanni a quella dei Borboni, i monasteri di Palermo hanno attraversato quasi indenni i secoli, fino all’unità d’Italia. Molti dopo il 1866, con la rivolta del sette e mezzo ed il Regio decreto 7 luglio 1866, n. 3036 di soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose, hanno quasi cessato di esistere, messi all’asta e venduti, ed il governo italiano decise di adottare contro il popolo palermitano e non solo, una dura repressione, mobilitando l'esercito comandato da Raffaele Cadorna.
Così termina quasi l’arte pasticcera dei monasteri ma le suore senza più un posto dove stare gettano le basi per quelle che oggi sono le pasticcerie.
I monasteri specializzati nella preparazione di dolci, ognuno diversi, il monastero di Valverde era specializzato nella preparazione della cassata al forno; il monastero delle Vergini era specializzato nella preparazione delle minni di vergini e del trionfo di gola (un dolce oggi poco famoso che è stato citato anche ne Il Gattopardo).
Nelle pagine dei dolci una ricerca sui dolci, che ha lasciato alla Sicilia un patrimonio di santità e spiritualità profonde, un’inestimabile tradizione d’arte pasticcera.


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